La dichiarazione di Berlusconi, consegnata ad una nota ufficiale per dargli una ulteriore e inossidabile autorità, sugli attacchi interni (al Pdl) contro il coordinatore Denis Verdini, indiziato per corruzione, apre uno squarcio illuminante sulla situazione politica e sul sistema che ruota attorno al presidente del Consiglio. Questa nota costituisce una novità assoluta. È la certificazione autentica della battaglia di potere che si svolge, prevalentemente in modo sordido, dentro il “partito del predellino”. Qui non è la fronda dei “finiani”, se possiamo azzardare. Fini ha parlato e continua a parlar chiaro, ma alla luce del sole. L’ultima esternazione proprio a L’Aquila, nel luogo simbolo, per invocare trasparenza negli appalti e bollare come rischioso il ricorso ad una generale pratica dell’emergenza nel governo dell’ordinario. Fini parla pubblicamente e critica il presidente del Consiglio e leader del Pdl. Ci deve essere dell’altro. C’è dell’altro.
E l’altro è rappresentato dall’inchiesta di Firenze, adesso allargata ad altre procure, che ha messo nei guai non solo il sottosegretario Bertolaso e i suoi stretti collaboratori ma, secondo quanto si intuisce, un sistema di affarismi che tocca il cuore dell’impianto di potere pensato da Berlusconi e dai suoi consiglieri. Il fatto è che Berlusconi sa, e se non lo sa lo ha capito benissimo, che l’inchiesta sugli appalti del G8 non è invenzione delle “toghe rosse” (“i pm si vergognino”, è stata la prima istintiva reazione, poi si è informato e si è incupito su quanto evidentemente ha appreso).
Il presidente del Consiglio ha compreso che la cosa è grossa, e gli sviluppi anche. E teme che si sgretolino, proprio nel pieno della campagna elettorale delle regionali, il suo impianto di potere e le sue idee sul rimodellamento dell’Italia.
Qui, con la nota in cui si denuncia che si vuol colpire l’uomo Verdini che s’impegna notte e giorno per costruire la “struttura del Popolo della Libertà”, in un lavoro definito “storico e difficile”, c’è un grido di allarme diretto ai suoi. E un monito a chi vuol capire e che complotta dall’interno. Berlusconi teme per se stesso quando dice che, così facendo, si rischia di “incidere su un risultato elettorale che si annuncia ampiamente positivo”. Se avrà un insuccesso, saranno dolori per tutti. Verdini sta nella plancia di comando, è il suo braccio destro, se glielo mozzano… E avverte, mette nero su bianco. Non se la prende più direttamente con la stampa, con i comunisti e con i giudici ma attacca chi, dentro il Pdl, usa i giornali per dedicarsi a “giochi di potere personali”. Questo è un passaggio importante: sono parole forti e consegnate al pubblico dibattito. Molto interessante come manifestazione di difficoltà, di travaglio interno e dell’ammissione di esistenza di sacche organizzate che remano contro, magari pensando alla successione. Non a caso proprio nelle ultime ore un esponente di primo piano del Pdl, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha ammonito chi pensa, già oggi, al dopo Berlusconi: rischia di trovarsi “senza eredità”.
Chiara la posta in gioco? E siamo solo all’inizio.
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