Una costituzione stabilisce le regole del gioco. Non stabilisce come si deve giocare, una volta date quelle regole. Anche il modo di giocare è stabilito da regole ma ognuno vede la differenza fra le prime e le seconde. Le prime fissano le condizioni essenziali e pregiudiziali in base alle quali un qualsiasi gioco fra più persone può essere condotto. Le seconde sono quelle che insegnano a condurre il gioco in modo da vincerlo. Le prime sono regole concordate e ad esse i giocatori debbono attenersi scrupolosamente.Le seconde non solo non sono concordate ma ognuna delle parti è libera di seguire quelle che ritiene più idonee allo scopo. Le prime sono norme di comportamento cui le parti debbono attenersi indipendentemente dai vantaggi che ne possono trarre; le seconde sono regole di abilità la cui osservanza è sempre subordinata al fine da raggiungere. Tanto è vero che in base all´osservanza o inosservanza delle prime si distingue il giocatore corretto da quello scorretto, in base all´inosservanza delle seconde il buon giocatore dal cattivo giocatore.So bene che vi sono giochi in cui questa distinzione non esiste, in cui cioè non vi è alcuna distinzione fra regole del gioco e regole sul modo di giocare, perché le regole del gioco sono esse stesse le regole sul modo di giocare. Sono i giochi d´azzardo, cioè i giochi in cui la vittoria o la perdita dipende non dall´abilità ma dall´aver accettato di comune accordo una regola piuttosto che un´altra: per esempio, vince chi alza la carta più alta (regola del resto perfettamente fungibile con quella opposta, vince chi alza la carta più bassa).
Ma le regole di una costituzione democratica non sono di questo tipo: sono esclusivamente regole del gioco.Faccio qualche esempio. Una delle regole principali di una costituzione democratica è quella che attribuisce a ogni cittadino che abbia certi requisiti il diritto di votare. Non c´è nessuna regola che stabilisce come il cittadino debba votare, cioè quale partito o persona. Una regola che stabilisse anche il modo di votare renderebbe perfettamente superfluo il diritto di voto: anche in un gioco d´azzardo i giocatori hanno il diritto di scegliersi la carta che vogliono. Un´altra regola fondamentale della nostra costituzione è che possono (o debbono?) esservi più partiti. Ma non vi è alcuna regola che stabilisca anche quale partito debba esservi. Una costituzione che stabilisca anche quale partito debba esservi, come il progetto della nuova costituzione sovietica di recente elaborazione, che indica nel Partito comunista, ad esclusione di ogni altro partito, «la forza direttiva e orientativa della società sovietica», non è una costituzione democratica. In uno stato parlamentare la principale regola del gioco è che il governo debba godere della fiducia (o per lo meno, secondo l´aggiornamento recente, della non-sfiducia, del parlamento), e che questa fiducia debba misurarsi sulla base della maggioranza (assoluta o relativa) dei voti favorevoli. Ma non c´è nessuna regola che stabilisca come debba essere formata questa maggioranza.Che vi debba essere una maggioranza è una regola del gioco.
Che la maggioranza debba essere composta in un modo piuttosto che in un altro è una regola sul modo di giocare, cioè per vincere al gioco.Queste considerazioni mi sono state suggerite dall´osservazione di Amato, secondo cui i nostri costituenti non avevano certo pensato ad un sistema caratterizzato da una maggioranza assediata da un´opposizione eversiva e neppure ad una democrazia consociativa.Con queste due espressioni Amato caratterizza esemplarmente due modelli di funzionamento del nostro sistema parlamentare, che rappresentano, il primo, ciò che è avvenuto in passato, in cui tutti i partiti erano, com´è naturale, diseguali, ma uno era più diseguale degli altri (perché era, ed è tuttora, escluso dalla partecipazione al governo), il secondo ciò che dovrebbe avvenire in futuro, se si realizzerà la proposta del partito sinora escluso, che va sotto il nome di compromesso storico. Dopo la premessa che ho fatto sulla differenza fra regole del gioco e regole sul modo di giocare, dovrebbe essere chiaro che i nostri costituenti non avevano potuto pensare né alla cosiddetta conventio ad excludendum, che ha dato luogo al sistema cosiddetto del bipartitismo imperfetto, né alla democrazia consociativa che darebbe luogo a un sistema di bipartitismo più che perfetto per la semplice ragione che l´una e l´altra fanno parte non delle regole del gioco, di cui soltanto i costituenti dovevano occuparsi, ma delle regole sul modo di giocare. Sennonché, per la stessa ragione si deve dire che gli stessi costituenti non avevano alcun obbligo di ipotizzare e quindi di raccomandare il sistema dell´alternanza fra un partito di governo e un partito di opposizione (che è il sistema del bipartitismo o multipartitismo perfetto), che Amato prospetta ed auspica.
L´alternanza è una scelta politica. Dico «alternanza» e non «alternativa», perché l´alternanza fa parte di quelle regole di condurre il gioco che ognuna delle parti è libera di seguire secondo la propria convenienza, mentre l´alternativa può essere intesa (e certamente è intesa da alcuni) come implicante anche un mutamento delle regole del gioco.*** Bisogna peraltro riconoscere che quando si faccia un confronto fra il metodo dell´alternanza e gli altri due si deve dire che il primo corrisponde meglio degli altri due alla tradizione e allo spirito del sistema parlamentare.Alla tradizione: è un fatto storicamente inconfutabile che sistema parlamentare e metodo dell´alternanza sono nati ad un parto, e sono stati così strettamente connessi che uno dei principali argomenti a favore del primo è sempre stato che esso era l´unica condizione di praticabilità del secondo. Agli albori del nostro Parlamento, Cesare Balbo, che fu il primo presidente del consiglio nella nostra storia parlamentare, dopo aver asseverato che «due parti furono sempre in tutte le nazioni» e che «virtù dei governi rappresentativi» era quella di «portar le parti dalla piazza alle Camere o aule parlamentari», attribuiva agli stessi governi rappresentativi anche il merito di ridurre le parti al «minor numero», anzi «al minor numero possibile, alle due sole, del ministerio e dell´opposizione». Fatta questa affermazione, lodava da un lato la «semplificazione ammirevole» che caratterizza i paesi «sufficientemente educati alla pratica rappresentativa» (e citava l´Inghilterra e gli Stati Uniti d´America), deplorava, dall´altro, la pratica opposta che si era andata instaurando «nei paesi nuovi ed inesperti» (e citava la Francia e la Spagna), e ammoniva i governanti italiani (oh!, santa ingenuità!) a non lasciarsene sedurre, così tuonando: «Sono famosi, e quasi vorrei fossero infami, que´ nomi di parti di mezzo, del centro, centro destro, centro sinistro, ventre, terzi partiti, e partiti volanti, i quali empiono le storie parlamentari», e imprecando: «Queste parti [.] guastano la semplicità della pratica parlamentare, che è di avere due parti sole, l´una incontro all´altra; fanno impossibile la disciplina dell´una e dell´altra, inevitabile l´indisciplina, la sregolatezza, il disordine e quasi la barbarie dell´intera assemblea».Allo spirito del sistema: una delle regole fondamentali del meccanismo parlamentare è non soltanto che esista un´opposizione ma che questa opposizione sia efficace: ora la prima condizione perché un´opposizione sia efficace è che possa cessare di esserlo assumendo il governo, la seconda che sia consistente.
Ebbene, i due sistemi favoriti dai due principali partiti italiani negano o l´una o l´altra di queste due condizioni: la conventio ad excludendum nega la prima, la democrazia consociativa nega la seconda.Continuando la metafora del gioco: un sistema in cui un partito è sempre al governo e un partito è sempre all´opposizione è come un gioco in cui una delle due parti sia sempre vincente e l´altra sempre perdente. Naturalmente, ciò può anche accadere, ma se accade è appunto un accadimento, una cosa che succede di fatto, non può essere stabilito in principio da nessuna regola. Non vi è alcun gioco del cui codice faccia parte una regola che stabilisca che soltanto una delle due parti debba sempre vincere. Nel gioco le due dispensatrici della vittoria sono, per usare le famose categorie di Machiavelli, la fortuna o la virtù, o se mai, per ripetere la lezione del loro scopritore, un po´ di fortuna e un po´ di virtù.Il partner di un gioco non può essere un perdente per predestinazione. Il perdente per predestinazione non può non essere un giocante, è tutt´al più un giocato (da altri). (Per chi crede nella predestinazione non è il singolo individuo che si gioca ai dadi la sua vita, ma l´unico grande giocatore, che è Dio, l´ha giocata per lui). Così non vi è gioco senza parti in contrasto e in concorrenza fra loro. Un gioco in cui non vi sono almeno due parti in conflitto non è un gioco ma un solitario, in cui uno gioca da solo senza avversari e può quindi continuamente cambiare le regole del gioco (concedersi delle licenze) senza che alcuno glielo impedisca.
Nella storia conosciamo bene la figura del grande solitario, che è il tiranno, e di quel tiranno moderno che è il partito unico. (…)Curioso destino quello del sistema parlamentare previsto dalla nostra costituzione: nato per funzionare secondo la tradizione e lo spirito del sistema in base al principio dell´alternanza, vi si sottrae nei soli due modi in cui è possibile farlo, senza saltare fuori dal sistema: sino a ora, attraverso il meccanismo del partito di opposizione permanente e correlativamente del partito di permanente governo, nel prossimo futuro, se il compromesso storico dovesse realizzarsi non solo come «compromesso» ma come «storico», elevando il partito di opposizione a partito di governo senza abbassare il partito di governo a partito di opposizione. Con l´uso di formule sintetiche: di contro alla situazione ideale del sistema parlamentare, che può essere enunciata con la formula «o l´uno o l´altro», non sono ipotizzabili se non due altre situazioni: «soltanto l´uno e non l´altro» (che è l´ideale della Democrazia cristiana) oppure «tutte e due insieme» (che è l´ideale del Partito comunista). Quanto all´altra possibile formula «né l´uno né l´altro» è oggi, allo stato attuale dei rapporti di forze fra i diversi partiti costituzionali, improponibile.
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