Resignation, la voce dell’indignazione

25 Gen 2011

C’è chi cita Pericle, “un cittadino non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private” e chi cerca conforto nella fantasia, “Berlusconi sembra l’esasperazione di Cetto La Qualunque: quest’ultimo, però, è più democratico”. Chi se la prende con l’opposizione, “volete per favore occuparvi del bene comune, invece di pensare alle vostre poltrone?”, e chi parla “di caste” e vorrebbe “una nuova società basata sull’eguaglianza sostanziale”.

Non raccoglie solo firme Resignation!, l’appello di Gustavo Zagrebelsky, Paul Ginsborg e Sandra Bonsanti lanciato da Libertà e Giustizia. In più di 70 mila sono d’accordo nel chiedere le dimissioni di Silvio Berlusconi. E tanti lasciano commenti, la traccia di una indignazione che continua a crescere.

“Esiste un’opinione pubblica inconsapevole e superficiale forgiata dalla tv, ma ne esiste anche un’altra, silenziosa, capace ancora di sdegnarsi e dire basta”, scrivono. “Viviamo in apnea dal 1994 con quest’uomo. Come donna madre e lavoratrice mi sento avvilita umiliata e infangata”; i più ottimisti sono convinti: “Berlusconi passerà, la speranza è che un tale contagio rafforzi le difese immunitarie della democrazia”. Tutti concordano: Berlusconi deve dimettersi. “È uno scandalo che non sia l’intero popolo italiano ad indignarsi – scrivono – Parte di esso, purtroppo, si identifica con le malefatte dell’innominabile B.”. E allora l’invito è: “Indigniamoci il doppio, anche per quanti, senza pudore, non lo fanno”.

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