Di Cossiga quello che ricorderemo un giorno pensando alla sua personalità complessa, contorta, balzana saranno a mio parere i suoi impenetrabili e drammatici silenzi.
Può sembrare paradossale, oggi che tutti collezionano le sue battute, le insinuazioni, le definizioni. Ma è così. Se ne va, con lui, la memoria storica dei misteri italiani. Lui sapeva più di Andreotti e Fanfani, più degli altri leader democristiani che hanno fatto la Prima Repubblica. E quelle pagine che non conosceva per esperienza diretta, come il caso Moro, era in grado di ricostruirle mettendo insieme la massa di informazioni accuratamente raccolte e selezionate.
Avrebbe, Francesco Cossiga, potuto partecipare da protagonista alla ricerca e alla scoperta di verità che tuttora opprimono la scena politica e civile del nostro Paese. Non lo ha fatto: perché non voleva, perché le cose che sapeva erano troppo devastanti per questa Italia adagiata tra nebbie e paludi… non lo sapremo mai, anche questa risposta Francesco Cossiga si porta con sé.
Sin dai suoi primi passi in politica Cossiga fu affascinato dal segreto: politico, storico, militare, di Stato. Ma oggi che tutti ricordano il presidente della Repubblica e le sue picconate penso all’uomo del caso Moro: lui sapeva la verità su via Gradoli e la seduta spiritica, sul Lago della Duchessa, sugli uomini della P2 che chiamò accanto a sé al Viminale per gestire la crisi.
Credo che nella scelta della fermezza ci fu un moto genuino e condivisibile: non si poteva accettare il ricatto dei terroristi in cerca di legittimazione politica.
Ma ancora oggi rimangono assolutamente inaccettabili l’inerzia e la mancanza di professionalità nelle indagini, quasi ci fosse la volontà di non arrivare neanche per caso a trovare il cercere e i carcerieri.
Per diversi anni Cossiga veniva a cena a casa mia e di Giovanni Ferrara, mi chiedeva patatine fritte che certo non sono mai state la mia specialità. Lo rivedo triste e pallido dopo le dimissioni dal Viminale su un divano del Transatlantico, nessuno allora gli parlava. Poi la sorprendente inattesa rinascita come presidente del Senato.
Un giorno, ricordo, De Mita mi chiamò nel suo studio a Piazza del Gesù e mi chiese: devo candidare Cossiga o Andreotti per il Quirinale, quale dei due?
Perché era questa soltanto la scelta? Perché risposi convinta: Cossiga? Perché cominciò a picconare la Repubblica? Perché cominciò a esaltare gli uomini della P2, perché passò da un Cossiga all’altro, perché scuotere le fondamenta dello Stato dall’alto del Colle? Oggi tutti hanno risposte.
Io credo che le cose siano molto complicate, credo che ci sia stato il suo incoraggiamento nella scesa in campo di Silvio Berlusconi, ma non posso provarlo. Credo che Francesco Cossiga abbia nutrito di sua iniziativa il mistero che porta con sé, e quel grave silenzio che peserà sempre sulla storia italiana.
su cossiga, per me, c’è una macchia indelebile e grande come un continente.
la vita di una ragazza di 19 anni portata via.
il resto è silenzio.
Un personaggio pirandelliano
di EUGENIO SCALFARI
SE si eccettuano Ciampi e Andreotti, non ci sono stati altri in Italia che abbiano avuto un “cursus honorum” così altisonante come quello di Francesco Cossiga: fu sottosegretario alla Difesa con delega sui Servizi, ministro dell’Interno, presidente del Consiglio, presidente del Senato, presidente della Repubblica.
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Non vorrei che mi si giudicasse un bastian contrario per la vanità di apparire originale, penso Di Francesco Cossiga, compagno di strada di questo nostro lungo viaggio di vita, tutte le cose buone (“De mortuis nil nisi bonum”), la pietas che si deve ai morti, ma questo non può esimermi dal dire di lui tutte quelle cose che, in vita, han fatto di lui “’O Scapricciatiello” (“Picconatore”) della Repubblica.
Non c’era comparsa pubblica dell’ottimo Cossiga che non fosse illustrata da battute ammiccanti, compiacenti, che rendevano lui euforico e gli astanti increduli sulla verità mimetizzata fra i sarcasmi dell’Emerito.
Eterodosso, strambo, estroso, pazzoide, egoista, bugiardo, politicante, machiavellico, cinico, tutti atteggiamenti ben esternati che gli conferirono quella ieraticità sacerdotale che l’autorizzavano ad essere l’unico officiante a interpretare e sfogliare gli annosi e lacrimosi tomi di questa Repubblica.
Era il Priore di questo MONASTERO, e se ne vantava certo di non potere essere contraddetto. Era anche il Cicerone delle Catilinarie e se ne fregò ostentatamente dell’impeachment quale intesero sottoporlo i comunisti fomentati da Violante, da Pecchioli e dall’ottimo Pannella che avrebbe RADICALMENTE goduto di portargli le arance fra le sbarre di “Forte Boccea”.
Anche quando Andreotti, presidente del Consiglio, gli rifiutò di controfirmare il messaggio che Francesco volle inviare al Parlamento, delegittimandolo costituzionalmente, Cossiga picconò incurante delle frane che il suo picconare avrebbero provocato.
Ebbe un “cursus honorum” prestigioso, prestigiosissimo: mai nella polvere, sempre sugli altari. Anche quando si trasferì al Palazzo dei Marescialli, al C.S.M. portandosi appresso mobili e carabinieri, fu di una estrosità plateale e il povero Galloni (Vice al CSM) fu esautorato dalla carica senza troppi complimenti. Un colpo di GLADIO ( Stay Behind) del quale Francesco era un gladiatore.
Un uomo di Stato? Che significa? In che e in cosa quest’uomo di Stato ha illustrato la Patria? Le sue bizze vanno considerate gesti ponderati di uomo di Stato? Non ci mancano esempi illustri di “Uomini di Stato” che hanno orgogliosamente magnificato la Patria: non c’è dubbio. Un uomo bizzarro, lasciava credere che fosse al corrente dei più oscuri misteri della Repubblica: ci prendeva in giro. Non credo che se fosse stato veramente al corrente di una delle tante ignominie della storia d’Italia, ce le avrebbe nascoste: non aveva l’habitus sherlockiano.
La sua fama si reggeva su questa ipotetica segretezza di cui si faceva garante ostentandone gli intrecci.
Un uomo probo, onesto, dai nobili sentimenti, ma anche un giocatore che fino all’ultimo ha bluffato.
Francesco: “Che la terra sia per te leggera”.
Verrà inumato a Sassari, ma avrebbe preferito il Pantheon.
Celestino Ferraro
Gent.ma dott.ssa Bonsanti, credo che il suo articolo precisi bene i contorni dell’uomo politico Cossiga, al di là delle recenti seppur superflue “benedizioni” e denigrazioni.
Controcanto, ma non troppo.
Dai commenti di tanti autorevoli amici e conoscenti di Cossiga, compreso quello di Sandra, risulta essere una figura di cui è impossibile tracciare un profilo preciso.
Ha una biografia con tanti chiaroscuri, sia per le vicende che l’hanno visto protagonista sia per i segreti o presunti tali di cui la vulgata voleva possessore esclusivo.
Io, come cittadino lontanissimo dal potere, giudicavo Cossiga uomo della casta, ma che si comportava come uno che volesse distinguersi perchè disgustato da tutto. Ma il disgusto non era per la mala opinione che egli aveva del suo mondo politico,in cui ha vissuto per tempo immemorabile. bensì per non avvertire intorno a sè concenso,lodi e plauso di sufficiente ampiezza adeguata alla sua vanità che di solito controllava bene.
La tregedia Moro è stato un caso che ha segnato la sua vicenda politica ed è difficile dire se in positivo o negativo. Ha dovuto ostentare fermezza, ma pare fra infiniti dubbi. Non conosco se ci sia una sua esplicita testimonianza che ci abbia offerto una sua riflessione sul fatto stesso. Il caso non gli ha nuociuto, anzi.
“Andreotti o Cossiga, chi per il Quirinale?” chiede
De Mita. E Sandra: “Cossiga”. Per fortuna, ma pensa che rischi si correvano, non c’erano proprio altri galantuomini in giro?
Condivido in pieno il ragionamento.
Se si vedono le sue interviste di quegli anni diventa ancora più chiaro.
Ha favorito il “scendere in campo” dell’ “uomo nuovo” . Rigorosamente P2.
E se Cossiga rimane politicamente l’uomo dei misteri anche per chi andava con lui a pranzo e cena,stiamo feschi.
A proposito,come mai il fratello P2 n. 1816,contrariamente a quanto hanno fatto gli altri tre destinatari,non ha voluto far conoscere il contenuto della lettera a lui indirizzata ?.
Gent.ma Sig.ra Bonsanti, (gli scrissi tempo fa sul sistema elettorale italiano) sono rimasto un pò deluso dal suo articolo un pò generico su Cossiga mio concittadino (colpa dei troppi punti interrogativi). Mi chiedo se oltre alle patatine i vostri argomenti erano più interessanti.
Per tutti i morti ho gran rispetto.
Quanto al rimpianto è tutt’altra cosa…
Sig.ra Bonsanti, on avrei mai pensato che lei fosse amica di Kossiga, personaggio sinistro e destro sicuramente, picconatore, millantatore, poco credibile, falso colto, DC certamente, poco stimabile comunque per non dire peggio, mi dispiace molto della sua miaicizia con politici di quel rango. Cesare
Pier paolo Pasolini dal corriere della sera 1 febbraio 1975 (” il vuoto del potere “):”…gli uomini di potere democristiani hanno quasi bruscamente cambiato il loro modo di esprimersi, adottando un linguaggio completamente nuovo (del resto incomprensibile come il latino): specialmente Aldo Moro: cioè (per una enigmatica correlazione) colui che appare come il meno implicato di tutti nelle cose orribili che sono state, organizzate dal ’69 ad oggi, nel tentativo, finora formalmente riuscito, di conservare comunque il potere.” E da pagine corsare:”la morte non è nel non poter comunicare ma nel non poter più essere compresi”