Legga Sade chi vuol intendere storie italiane 2010, dove la politica  diventa gang, scorreria, variegato malaffare, e danno spettacolo visi,  corpi, gesti, eloquio. Mercoledì 29 settembre il presidente del  consiglio, finalmente riapparso in parlamento nella non credibile parte  dello statista, con qualche difficoltà recita il testo morbido  distillato dai ghost writers: la Camera bassa gli vota fiducia; e  tornando nella reggia, sfoga gli spiriti animali. Ai fans straparla del  complotto giudiziario sfoderando la contromossa: inchiesta parlamentare;  interest rei publicae (prestiamogli un latino senza sgorbi) stabilire  se nella magistratura operino, come ritiene, degli associati a  delinquere in combutta con oppositori e finti alleati, miranti a tradire  l´esito elettorale. L´indomani svela ai senatori d´avere salvato il  mondo due volte: era suo il piano grazie al quale sopravvive l´economia  Usa; ed è stato lui a evitare la guerra tra Russia e Georgia;  negl´intervalli s´addormenta.
Dove vigano dei costumi, i farneticanti  pericolosi stanno a casa, accuditi dai familiari, quando non siano  inquilini dell´ospedale psichiatrico o d´una comoda clinica: dispiace  dirlo ma parlare meno chiaro sarebbe cautela paurosa e ipocrita; costui  sfrena gli sgherri; sferra campagne mediatiche; compra istituti, carne  umana, anime; stermina chi gli resiste. Sentito lo slogan «mandiamolo a  casa», domanda: «quale?»; ne ha venti tra palazzi, ville, castelli. Era  loquela nel trivio l´idea mugolata d´una commissione parlamentare che  identifichi gli associati a delinquere suoi persecutori nei tribunali e  corti, quindi i cautelosi potevano fingersi ignari, ma domenica 3  ottobre lo sbraita al Castello Sforzesco, chiudendo la festa del  partito: eccome vuole l´inchiesta; «non sono finito, se ne accorgeranno  presto»; e mobilita 61 mila «teams della libertà», alias promoters,  quanti i seggi elettorali.
Nel frattempo era apparso il video d´uno  dei suoi ricorrenti sketchs scurrili: offendeva un´avversaria; recidivo;  e la mimica farfugliante culmina in un´allegra bestemmia, il tutto  all´aperto, con largo pubblico, sul luogo del terremoto aquilano.  Noncuranti del ridicolo, i suoi lamentano la privacy violata, nemmeno  fosse intrusione nel confessionale. Protestano «Avvenire», «Famiglia  cristiana», «Osservatore Romano», sinora molto rispettoso, ma interviene  in chiave assolutoria l´arcivescovo addetto alla nuova campagna  evangelica: niente d´esecrabile; sono battute colloquiali (l´elegante  verbo è «contestualizzarle»). Sua Maestà turpiloqua non teme da quel  lato, avendo reso a Santa Madre favori inauditi, e ne ordina ancora,  perché conta d´usarli come cuneo nel gruppo parlamentare autonomista  contro il leader, fautore della linea laica. Don Luigi Verzè se l´era  già beatificato dopo l´estate calda 2009. Corre pericoli mortali il  paese in cui i poteri esecutivo, legislativo, economico, mediatico siano  d´un energumeno servito da famigli pronti a tutto (rimosso lui,  finirebbe la lunga sbornia). Istrione versatile, mercoledì 6 ottobre  esibisce ai giornalisti un viso mite e dolente deplorando lo squallido  scenario politico.
E l´opinione pubblica? I malfattori riscuotono  simpatie, scrive Leopardi nel Discorso sopra lo stato presente dei  costumi degl´italiani, 1824. Molto pesa l´impulso a stare col più forte.  Non esistono precedenti nella nostra avventurosa storia: Cola di Rienzo  aveva cultura umanistica e progetto politico; Mussolini stava nel  quadro d´una legalità fascista. Costui è l´Unico, fuori d´ogni regola.  Gestori dell´opinione sedicente moderata, in fatto eversiva, gli rendono  ossequio: benedetto dal popolo, governi tranquillo (in lingua meno  eufemistica, impunito); fuori dei piedi i tribunali e miserabili  questioni penalistiche; abbiamo una Carta da buttare, la riscriva;  siccome gli servono più poteri, se li pigli, «uomo del fare», e  chiudiamo una buona volta la querimonia del conflitto d´interessi,  agitata da scribacchini in malafede. Infine strigli l´arrogante e inetta  giustizia, cominciando dal pubblico ministero, bisognoso d´un collare  governativo. Implicito l´augurio d´una cordiale entente in stile  bicamerista.
Come vadano le cose sulla sinistra, è discorso  malinconico: vanno male; uomini d´apparato ricantano gli stessi salmi,  canonici negli stalli d´un coro. Avevano stretto la mano al pirata,  riconoscendogli piena legittimità, incuranti del conflitto d´interessi,  talmente enorme che qualunque scelta governativa incide negli affari  suoi: prendevano sotto gamba l´anomalia italiana, attenti a schivare  l´accusa d´«antiberlusconismo viscerale»; il vicesegretario Pd nota  sorridendo come quasi niente li divida dall´Udc, già satellite  berlusconiana e pronta a rimaritarsi, purché i patti siano convenienti.
Inutile dire cosa significherebbe il rinsavimento auspicato nel Pdl dai  finti neutrali. Nuove elezioni difficilmente porteranno novità  profonde. A sinistra persiste un largo disgusto. Re Lanterna dispone  della massa succuba: giurano che gli asini volano, se lui l´afferma; ed è  il suo mestiere battere le piazze; gli anni pesano ma cosmesi e trucchi  ottici fanno miracoli; ripresentato sugli schermi qual era una volta,  diventa figura mistica, altro che Big Brother. Lo stile gangsteristico  non nuoce, se stronca gli avversari: anzi è carisma guadagnato; né  macchine del fango, barbe finte, pratiche estorsive, omicidi morali  turbano le platee assuefatte. Lo vedono invulnerabile. Sinora  gl´Italiani hanno giocato la sua partita. Perde qualche colpo, vero ma  gli rende servizi chi lo dà finito. Lo spiraglio d´una piena vittoria  sul Crocodilus ridens è stretto; e se gli riesce lo slam, il danno  genetico sarà irrimediabile: hanno poco futuro le società dove  intelligenza, moralità, gusto, siano handicap.
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         Domenico Gallo
Domenico Gallo