Il falso scoop e il vero progetto. Gaza e gli Accordi di Abramo

05 Settembre 2025

Roberta De Monticelli Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Questo contenuto fa parte di Osservatorio Autoritarismo

Gaza 2035, particolare del rendering diffuso dal l'ufficio del Presidente Netanyahu

Era dicembre 2024 quando venne fatto circolare per la prima volta il rendering della Gaza turistica, come una piccola Dubai. Stupisce che venga oggi presentato come “GREAT Trust”.


Che strano. A partire dal Washington Post, svariati giornali in Europa e in Italia presentano come uno scoop il rendering di una Gaza formato Abu Dhabi, che in verità circola in rete da più di un anno, lo si trova digitando “Gaza Horizon 2035”. I lettori de Il Manifesto lo riconosceranno, perché viene dall’edizione del quotidiano del 26 maggio 2024. Stupisce un po’ che venga oggi presentato come “GREAT Trust, il piano allo studio di Trump per trasformare Gaza in ‘uno scintillante resort’”, e come “il documento creato e sviluppato dagli stessi manager israeliani che hanno ideato il sistema della controversa Ghf…”.

Perché la stessa immagine era comparsa più di un anno fa sul blog di Adam Tooze, uno dei più noti studiosi di geoeconomia, tratto dalla rivista israeliana online “The Architect’s Newspaper”, che riproduceva un piano “Gaza 2035”, prodotto dall’ufficio del presidente Netanyahu per la costruzione della “Gaza-Arish-Sderot Free Trade Zone”, un mega-progetto riportato anche dal “Jerusalem Post” e poi da “Al-Jazeera”, ma che Tooze riconduce senza dubbi agli Accordi di Abramo firmati da Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco nell’estate del 2020, sotto la prima presidenza Trump, ma già fin da subito predisposti a un allargamento all’Arabia Saudita di Bin Salman, al quale si cominciò subito a lavorare. Adam Tooze faceva capire che tutto il progetto risaliva a ben prima del 7 ottobre 2023, come si intende anche dal titolo a caratteri cubitali che sovrastava quella stessa immagine: GAZA HORIZON 2035.

Tooze riportava infatti che Netanyahu l’aveva utilizzata per “rivelare il piano regionale di costruzione di una “massive free trade zone” con servizio ferrovia fino a Neom, la regione “Futuro nuovo” in Arabia Saudita, progettata da Mohammed Bin Salman, con un budget che nel 2022 era calcolato a 320 miliardi di dollari. Del resto, il 19 marzo 2024 compariva sull’edizione online del “Guardian” il resoconto di un’intervista concessa a Tarek Masud, direttore della Middle East Initiative, un programma della Harvard’s Kennedy School of Government, da Jared Kushner, il genero di Donald Trump. Quello che era stato coinvolto nella preparazione del piano di normalizzazione dei rapporti arabo-israeliani, totalmente sopra la testa dei palestinesi, sfociato poi appunto negli Accordi di Abramo. Un’intervista in cui Kushner apprezzava – a proposito di valori nascosti! – l’alto valore potenziale delle proprietà affacciate al mare nella Striscia di Gaza, e auspicava che Israele “finisse il lavoro” di rimuovere i civili, spostandoli ad esempio nel Nagheb, mentre “ripuliva la Striscia”. “D’altra parte”, aggiungeva, “di Gaza non resta molto, e a pensarci bene a Gaza non c’era un vero precedente storico” – un record di erudizione storica, questa battuta, riferita a una delle poche città al mondo che conserva lo stesso nome da tempi biblici immemoriali, quelli di Sansone che volle morirvi “con tutti i filistei”.

La seconda fase degli Accordi doveva passare sulla testa dei palestinesi in un senso più accentuato e macabro della prima: il rendering non li contempla proprio, se non forse sotto la superficie scintillante dei grattacieli. Un paradigma di virtù ecologica, come tutto il progetto, di cui anche Netanyahu sottolineava la grandiosa visione innovativa, con al centro (o su una linea?) l’Umano e la Natura. Come diceva Netanyahu, il nuovo mondo, per quanto riguarda il suo polo israeliano, sarà “costruito dal nulla”. Il nulla è Gaza, naturalmente, che sarà così consegnata “dalla crisi alla prosperità”. Ma perché questo rendering che circolava da più di un anno in rete, e probabilmente da molto prima del 7 ottobre fra i decisori di Israele (si disse allora che una delle motivazioni dell’assalto fosse proprio di troncare la prosecuzione degli Accordi di Abramo) viene ritirato fuori proprio ora, come fosse uno scoop? E che c’entra la Gaza Humanitarian Foundation che è entrata in gioco molto più tardi? I piani della pulizia etnica erano chiarissimi ben prima del 7 ottobre 2023.

Nata a Pavia il 2 aprile 1952, è una filosofa italiana. Ha studiato alla Normale di Pisa, dove si è laureata nel 1976 con una tesi su Edmund Husserl.

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