Il provvedimento su Ischia inserito nel Decreto Genova è un condono? Tecnicamente no, sostanzialmente sì: in base al primo comma dell´art. 25 del decreto la platea delle domande di condono presentate in risposta alle leggi di condono dell´1985, 1994, 2003 viene ampliata stabilendo che tutte e tre le generazioni di domande siano valutate “applicando esclusivamente le disposizioni… della legge 47/85” proposta e approvata dal governo Craxi. Questo voluto anacronismo consente di ignorare non solo nella valutazione ma anche nell´ ammissibilità delle domande di seconda e terza generazione i requisiti posti dalle leggi del 1994 e del 2003 in base all´ evoluzione nella legislazione ambientale, antisismica, idrogeologica successiva al 1985.
Se il decreto avesse voluto semplicemente scuotere i Comuni di Ischia dal loro apparente torpore pluridecennale e forse plurisecolare, e ingiungergli di produrre entro un termine fisso e breve (6 mesi) delle risposte alle domande di condono, come affermano nella loro “Operazione Verità” i 5 Stelle (vedi sotto) non avrebbe avuto bisogno di introdurre nel primo comma dell´art. 25 quella strana clausola che impone di “definire le istanze di condono con esclusiva applicazione… della legge dell´85”. Vedi caso, il Comma 1 dell´art. 25 del Decreto Genova (o “Decreto Urgenze”) non appare nel testo dell´ “Operazione Verità”, che parte dall´ “1bis”. Quanto asserito ai punti precedenti riflette la comprensione del provvedimento su Ischia di coloro -urbanisti, ambientalisti, giornalisti esperti come Gian Antonio Stella, Sergio Rizzo e Mario Sensini- che se ne sono occupati. Vi è una voce discordante, quella di Stefano Alì nel blog Il cappello pensatore del 7/XI/18. Egli sostiene che nessun contenuto normativo vincolante va perduto in forza di quella clausola. Questo perché, primo, era in vigore una rilevante legislazione urbanistica, antisismica, ambientale anche prima del 1985; secondo, le leggi del ´94 e 2003 sono farraginose e di difficile interpretazione. Ciò non toglie che nuove leggi di tutela del territorio e ambiente siano intervenute dopo il 1985, che di esse tengano conto le leggi di condono del 1994 e del 2003, e che dei chiari casi in cui esse vietano ciò che la legge del 1985 tollera siano identificabili. Ad esempio, la legge del 2003 rende improponibili le domande di condono di edifici posti in aree sottoposte a vincolo parziale e assoluto, improponibilità ribadita (traggo questa notizia dall´ articolo sul Corriere dell´11 Ottobre di Gian Antonio Stella) nel febbraio di quest´anno da un´importante sentenza del Consiglio di Stato. Ed è stato contro questa improponibilità che si sono battute instancabilmente per anni con ogni mezzo le forze politiche organizzate dell´ isola, come raccontano Marco Pasciuti nel Fatto Quotidiano del 22/VIII/ 2017 e Gian Antonio Stella nell´ articolo succitato. Invano. Ma invano solo fino ad ora. Perché con la clausola del 1° comma dell´art. 25, esse ottengono finalmente ciò che accanitamente avevano cercato di ottenere. Non si può dire che la soluzione escogitata per accontentarli cripticamente non sia ingegnosa. Resta da capire l´intento del nostro attuale legislatore. Viene suggerito da molti che la ricostruzione di Ischia, data l´ impressionante estensione dell´ abusivismo ivi, sarebbe impossibile adottando dei criteri di ammissibilità e approvabilità troppo stringenti. Ecco cosa scrive al riguardo Mario Sensini, uno stimato redattore del Corriere della Sera, il 7 Novembre. Con la sanatoria del 1985 si poteva sanare tutto: case abusive in riva al mare, in aree franose, a rischio sismico, vincolate, demaniali, dentro ai Parchi. Se non si fa così a Ischia, piena di vincoli idrogeologici e sismici, non si potrebbe sanare o ricostruire nulla.
Ma bisogna intendersi sul concetto di “ricostruzione”. In primo luogo, la ricostruzione di un paese consiste nel riattare strade, ponti, edifici pubblici, linee di comunicazione. Questi sono i compiti obbligatori delle Amministrazioni pubbliche. In secondo luogo, la ricostruzione deve essere basata su un progetto urbanistico che da un lato soddisfi alcuni bisogni della popolazione, dall´ altro sia un esempio di moderna progettazione in piena conformità con le norme ambientali, anti-sismiche, idrogeologiche, ecc. Solo così ha senso erogare dei fondi pubblici. L´ unico articolo che sviluppa in modo interessante questa impostazione, da me suggerita nel mio precedente articolo su Affaritaliani.it del 30/X/18, è quello di Antonello Caporale sul Fatto Quotidiano dell´ 8/XI/18. Se gli ischitani desiderano continuare ad essere una libera repubblica degli obbrobri, perché lo Stato italiano, da cui hanno moralmente seceduto, dovrebbe non solo consentirlo, ma addirittura contribuirvi fiscalmente? Del resto, non sono le sovvenzioni generosamente e incondizionatamente offerte loro dal Decreto Genova il principale obiettivo degli ischitani. Più di tutto, essi desiderano poter continuare a devastare a loro piacimento la loro isola senza le deboli, velleitarie ma fastidiose intromissioni dello Stato italiano. E se ogni tanto qualcuno di loro muore in un crollo, provocato da un terremoto o no, o in una frana (come quella del 30 Aprile 2006 in cui persero la vita 4 persone) pazienza, ci sono abituati. I funerali, sempre affollatissimi e con vivi applausi ai defunti, servono efficacemente a mettersi l´ anima in pace.
Il “governo del cambiamento” parrebbe non voler cambiare un bel nulla, se non incoraggiare all´ estremo la ripetizione e l´ espansione dei comportamenti abusivi. Infatti, mentre sino ad ora i politici locali promettevano l´ impunità, ora lo Stato offre di accollarsi il costo della ricostruzione degli edifici abusivi. E quale Comune del Centro-Sud, d´ora in poi, non pretenderà di essere trattato come Ischia? Il “governo del cambiamento” sta scherzando col fuoco. Si riscontra una strana differenza tra il modo degli ischitani di accogliere le leggi di condono e le sentenze di demolizione. Le prime hanno un grande successo, anche se i loro proponenti sanno che sono improponibili: si calcola che giacciano negli uffici comunali più di ventiseimila domande. Le seconde invece sono fieramente universalmente avversate, soprattutto da quando, nel 2009, fu effettuata una demolizione ordinata dalla Procura di Napoli. Non è vero che i tribunali siano stati con le mani in mano: dal 2009 al 2016 hanno emesso più di 600 sentenze di demolizione, di cui probabilmente solo quella fu eseguita, a causa della massiccia mobilitazione popolare che ne seguì in nome del “diritto alla casa” (si veda l´ articolo di Marco Pasciuti succitato). Stella dà dei numeri diversi per un periodo precedente: “Già prima del condono del 2003 le demolizioni eseguite a partire dal 1988… risultavano essere 22. Su 2.922 abbattimenti ordinati dalla magistratura con sentenza esecutiva e inappellabile. Lo 0,75 per cento.” Cosa spiega la grande popolarità delle domande di condono? Il fatto che nell´ inerzia degli uffici comunali, per la conclusione delle compravendite di immobili è diventato sufficiente esibire la domanda di condono. Aver presentato domanda, anche quando essa è, a norma della legge di condono a cui essa nominalmente risponde, improponibile, è a tutti gli effetti diventato equivalente ad averne ottenuto l´ approvazione. Cosa spiega l´inerzia degli uffici comunali? Con il fatto che ormai di risposte alle domande di condono non c’è più bisogno. Basta la ricevuta della presentazione della domanda. Anzi, è molto meglio così. Cosa si dovrebbe fare, infatti, se una domanda fosse inammissibile, o ammissibile ma da respingere? Molto meglio non approfondire. Possiamo ora prendere in considerazione, copiandolo dal loro blog, un testo che fa parte dell´ “Operazione Verità” indetta dal Movimento 5S sul suo blog. Tre cose per ripristinare la verità su Ischia:
1. Il Movimento 5 Stelle è contrario a ogni condono, ma non può cancellare gli effetti di quelli approvati dai governi passati. Nel decreto Emergenze non c’è nessun condono: prevediamo soltanto che i terremotati di Ischia che aspettano una risposta da anni la ricevano entro 6 mesi.
2. Se la richiesta viene negata, il proprietario dell’edificio non riceverà fondi per la ricostruzione.
3. Se la richiesta viene approvata, alle volumetrie extra costruite abusivamente non andrà neanche un euro.
Nessun passo indietro sul fronte della legalità dunque. Come sempre, siamo soltanto dalla parte dei cittadini e dei loro diritti.
Qualche breve commento a questo testo. Abbiamo visto entro quali ristrettissimi limiti il provvedimento per Ischia non sia un condono. Inoltre, come vedremo, i 5S hanno già approvato un altro condono contenuto nel “Decreto Terremoto”. Vi è poi un´ osservazione forse non secondaria su 1, 2, e 3. Cosa succederebbe se, un´ eventualità non del tutto improbabile, il sonno pluridecennale degli uffici comunali ischitani proseguisse indisturbato? Per poterlo escludere ci vorrebbe una norma che stabilisse come minimo che il Sindaco e la Giunta decadono se il termine non è rispettato, e non possono per un bel po’ ripresentarsi. Ma questa manca. Seguiamo allora il ragionamento di Stefano Alì:
Se un immobile è sanabile ma non sanato perché la domanda non è stata neanche valutata, il proprietario farà ricorso (e lo vincerà) quando gli verrà negato il contributo.
Così gli ischitani potrebbero fare questi ricorsi in massa, e intascare i contributi senza che le loro domande siano mai estratte dalle pile polverose in cui giacciono (se ancora esistono), la soluzione di gran lunga più conveniente per tutti loro. Del resto, le erogazioni non risultano nemmeno condizionate all´ osservanza -almeno questa volta- delle norme antisismiche ecc.
Ma veniamo ora al provvedimento per le zone del Centro-Italia colpite dal terremoto del 24/VIII/2016. Esso viene introdotto nel Decreto Genova con l´ articolo 39-ter, oggetto di un emendamento congiunto Movimento 5S-Lega. Di questo, che smaccatamente è un condono, non una parola nell´ “Operazione Verità”. Bisogna fare attenzione. Vi era già stato al riguardo un condono voluto dall´ attuale governo nel “Decreto Terremoto” convertito in legge il 25 Luglio c.a. Il problema della “ricostruzione” delle zone colpite dal sisma era simile a quello di Ischia: gli immobili danneggiati o distrutti erano in gran parte affetti da svariate irregolarità. E anche il Decreto Terremoto lo affronta con diverse sanatorie, al fine di poter effettuare dei trasferimenti monetari a favore dei proprietari abusivi: a dei fini, però, migliorativi degli immobili. Infatti, ad esempio “Il contributo del 100% viene esteso, oltre che ai fini dell’adeguamento igienico-sanitario, anche per l’adeguamento antincendio ed energetico e per l’eliminazione delle barriere architettoniche.” L´art. 39-ter consiste di una serie di ampliamenti delle deroghe e sanatorie volute dal Decreto Terremoto. Ad esempio, vi è un nuovo abbuono del 20% sugli gli aumenti di volumetrie consentiti, aggiuntivo a quello del 5% concesso dal Decreto Terremoto. Mario Sensini nel succitato articolo ha proposto un confronto tra le due sanatorie. L’ articolo 25 del decreto Genova è molto generoso. Le istanze di condono già presentate devono essere definite in base ai criteri della prima sanatoria del 1985…La regola, però, si applica solo alle domande pendenti. A chi, cioè, ha avuto la casa danneggiata e aveva presentato l’istanza di condono prima del sisma. Gli altri potrebbero ottenere la sanatoria solo in base alla normativa “standard”, cioè il Dpr 380, che è comunque molto severo. Per autorizzare “in sanatoria” le opere abusive, infatti, queste devono avere la “doppia conformità” sia alla normativa vigente nel momento dell’abuso che a quella nel momento della domanda. Un paletto rigidissimo, che invece per la sanatoria delle case distrutte dal terremoto di due anni fa in Appennino non esiste, e non esiste, beninteso, grazie a una specifica deroga statuita dall´ art. 39-ter. In sostanza, ciascun gruppo di abusivisti ha ottenuto dal Decreto Genova ciò che principalmente voleva: gli ischitani, di togliersi di dosso l´ inammissibilità al condono degli immobili costruiti sulle zone sottoposte a vincolo; i proprietari del Centro-Italia di poter veder condonati abusi mai denunciati e commessi sino al giorno del terremoto del 2016.
Molta gente, del Sud ma anche altrove, non concepisce nemmeno la possibilità dell´ azione collettiva. E´ una vecchia storia. Lo Stato e tutte le sue istituzioni e leggi sono vissute come intralci vessatori, ai quali è non solo vantaggioso ma moralmente giusto opporsi con ogni mezzo. A questo profondo sentimento popolare, il governo del popolo dà ora con il Decreto Genova riconoscimento e alimento.
www.affariitaliani.it, 15 novembre 2018
(*) Il professor Costa, già docente di Economia all’Università di Pisa, è socio di LeG.