Dopo il terremoto/Camerino, abitanti senza casa e restauri fermi

17 Dicembre 2017

Tomaso Montanari

CAMERINO La cosa più devastante è il rumore dei passi, che rimbombano amplificati dal silenzio spettrale di una città morta. Forse l’ Italia non si è accorta che Camerino, da un anno, non esiste più.
All’inizio i camerti, discreti e orgogliosi, preferivano che se ne parlasse poco: per non danneggiare l’ università, unica speranza di resurrezione.

Ma oggi Camerino è una città fantasma: dalle scosse dell’ ottobre 2016 una zona rossa grande quanto il centro storico ha tolto la casa a 6000 dei suoi 7000 abitanti, sparsi sulla costa, o in attesa delle famose casette.
E così i commerci, le lezioni, le preghiere – insomma, la vita – si svolgono in edifici e tendoni fuori dal piccolo, meraviglioso organismo urbano ridotto a guscio vuoto.

Camminando nella zona rossa a mezzogiorno si incontrano solo due cantieri. Uno in San Filippo Neri, la cui navata scoperchiata lascia entrare da un anno pioggia, neve e sole sugli angeli di stucco della cappella dove era incastonata la strepitosa Madonna di Tiepolo. L’ altra è Santa Maria in Via: un pezzo di barocco romano piovuto a Camerino grazie al cardinale Angelo Giori, intimo dei Barberini e self-made man del Seicento. In terra si vede ancora la cima del campanile, con la sua banderuola accartocciata: nonostante il restauro seguito al terremoto del 1997, infatti, la torre è venuta giù, amputando un palazzo dal quale alcuni studenti erano appena scappati.

Dopo la mancata messa in sicurezza delle chiese tra l’ agosto e l’ ottobre dell’ anno scorso, agli inconcepibili ritardi negli interventi (basti pensare che oggi solo un’ archeologa si occupa dell’ esame e della rimozione delle macerie dei monumenti) è seguita una furiosa polemica tra i vescovi, preoccupati di non far migrare troppo lontano dai loro territori i simboli stessi delle comunità, e i tecnici del Mibact, preoccupati per i danni provocati da sistemazioni di fortuna (ci sono opere imballate da mesi e mesi). Una guerra tra poveri, frutto dell’ eclissi dello Stato.

Ma il dramma è quello dell’ edilizia abitativa, cioè delle case. In un anno nessuno ha ancora verificato lo stato reale dei palazzi, su cui incombe lo spettro dell’ Aquila: dove chi si vede finalmente restituire la casa, la mette in vendita, perché si è rifatto una vita altrove e perché nel centro non c’ è più alcun servizio. E così la carcassa di automobile ancora sotto l’ abside gotica di San Francesco lascia temere che anche a Camerino si faccia lo stesso, fatale errore: rinviare sine die la ricostruzione civile, condannando a morte la città.

Naturalmente le tante meravigliose frazioni di montagna, già spopolate prima del terremoto, sono ancora più a rischio (si pensi a Visso): ma non ci si può rassegnare a perdere una città come Camerino. Non si rassegnano i suoi cittadini: lo leggi negli occhi dell’ avvocato Giovanni De Rosa, che ha fondato un giornale che lotta, per esempio, per la riapertura della biblioteca storica.

Pare assurdo preoccuparsi della biblioteca quando non si hanno le case: e invece è così che una comunità trova la forza per non arrendersi. Per tenere alta la guardia: perché già si vede che una parte dei fondi migra dove non dovebbe. Come ha notato con lucida amarezza Elisabetta Giffi, la storica dell’ arte che il Mibact ha inviato a controllare, «Nel grande cratere marchigiano, che arriva quasi fino al mare. accade che più ci si allontana dall’epicentro e meglio è: la redditività degli investimenti in termini di ricaduta di immagine e dunque elettorale è garantita, poiché si tratta di aree popolose dove la rovina procurata dal terremoto non è neanche lontanamente comparabile a quella che ha schiantato i territori montani al centro del cratere, dal cuore dei Sibillini fino a Camerino, dove si trovano i centri semidistrutti ed evacuati e dove tante comunità sono a rischio di estinzione».

Il fotografo ed editore Claudio Ciabochi ha pubblicato un libro esplicito: “Adesso che fai, vai via?” Il ricavato servirà a restaurare un quadro del Duomo, ma la parte importante del libro sono i grandi punti interrogativi che, in ogni pagina, vengono dopo le foto dei monumenti, mostrati prima integri e poi disfatti. Saremo capaci di ricostruire Camerino?
Di riportarla alla vita? Non è questione locale: è una grande questione nazionale. E a quei punti interrogativi dobbiamo saper rispondere in fretta.

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