È “l’imbroglio degli imbrogli”, un “autentico specchietto per le allodole”, “l’apoteosi dei nominati” anzi “siamo proprio al truffellum“, tanto per adeguarsi all’uso della desinenza del genere neutro latino che mai come nel caso del “Rosatellum” bis fu così distante dalla sostanza: Gianluigi Pellegrino, al telefono, è un fiume in piena. Il giurista salentino, figlio dell’ex presidente della commissione bicamerale d’inchiesta sulle stragi, coi suoi ricorsi anti-furbate ha messo nei guai politici del calibro del governatore della Campania, Vincenzo De Luca ma anche Berlusconi, Alemanno e Renata Polverini. A lui quel famigerato -per molti costituzionalisti- testo, votato l’ altro ieri alla Camera, proprio non va giù.
A quale parte del disegno di legge, tra le tante contestate finora, si riferisce?
A quella in cui si dice che i voti dati e presi a favore del candidato al collegio uninominale si attribuiscono proporzionalmente alle liste a lui collegate.
Dov’è lo scandalo?
La truffa, vuole dire, sta nella ripartizione dei voti di chi non è stato eletto nell’uninominale tra i candidati nella lista bloccata: in pratica l’ elettore crede di aver espresso la volontà di eleggere una persona mettendo una crocetta sul suo nome e invece vota qualcun altro. Non accade in nessun paese del mondo.
E se non si mette la crocetta sul partito?
Anche se per paradosso i simboli delle liste bloccate non li contrassegna nessuno la lista verrà comunque votata dagli elettori che hanno espresso la loro preferenza per il candidato nel collegio uninominale a essi collegati.
Per la prima volta nella storia io prendo i voti ma viene eletto qualcun altro, indicato dai partiti, giusto?
Il paradosso e l’inganno è proprio questo, la caratteristica dei sistemi elettorali basati sui collegi uninominali è il rapporto diretto tra elettore e candidato, i partiti cercano dei volti che abbiano un forte appeal sull’opinione pubblica per aumentare i consensi, ma con il Rosatellum il viso del votato si sfila dopo le elezioni e ne compare un altro: è l’ apoteosi dei nominati.
Quale sarebbe la conseguenza dell’ applicazione di questo sistema nei futuri collegi?
Le prossime elezioni saranno con ogni probabilità una gara tra minoranze: il 25-30% dei voti basterà a far eleggere il primo arrivato, il restante 75% non servirà a mandare in Parlamento i candidati che lo hanno raccolto ma a far scattare il seggio per i nomi della lista collegata; in questo modo gran parte degli elettori saranno derubati del loro voto e solo una piccola parte andrà a eleggere il vincitore.
Un’altra norma destinata a essere bocciata dalla Corte costituzionale?
È molto probabile. La volontà espressa dall’elettore non può essere così clamorosamente smentita, ci sono sistemi che implicano elezioni a catena, come per i sindaci, ma che io voto uno e si elegge l’altro è inaccettabile.
Si doveva allora andare a votare con il patchwork che ci hanno lasciato le pronunce della Consulta?
Si poteva applicare quanto ha stabilito la Corte costituzionale e il Consiglio d’ Europa, che ci permette di mettere mano alle leggi elettorali anche a meno di un anno dalle elezioni, a patto che non si sconvolga l’impianto di fondo. L’ultima legge votata era stata l’ Italicum che prevedeva un sistema maggioritario e il ballottaggio sul quale la Consulta non ha eccepito; la bocciatura ha riguardato invece la mancata fissazione di una soglia di partecipazione degli elettori al ballottaggio, sotto la quale non scatta il premio di maggioranza, bastava applicare quel sistema ed estenderlo all’altra Camera per evitare l’imbroglio degli imbrogli.