Un appello/La legge contro la tortura è troppo distante dagli standard internazionali

05 Luglio 2017

Nei prossimi giorni la Camera dei deputati discuterà e probabilmente approverà una nuova legge sulla tortura. Il 14 giugno scorso, al termine di un importante convegno a Roma dal titolo «Legittimare la tortura?», avevamo firmato e diffuso un appello ai parlamentari, per invitarli a non votare il testo uscito dal Senato (e sconfessato dal primo firmatario della versione iniziale, Luigi Manconi), perché confuso, inapplicabile e controproducente. Invitavamo i deputati a tornare alla definizione del crimine scritta nella Convenzione Onu contro la tortura, cioè la versione più seria, equilibrata e condivisa al momento disponibile.

Il nostro appello non è stato preso in considerazione e sono stati anche ignorati, ed è ben più grave, il preciso e pressante invito -reso noto il 21 giugno- del commissario europeo per i diritti umani, Nils Muinieks, a cambiare il testo di legge, nonché le prescrizioni della Corte europea dei diritti umani contenute nella sentenza Cestaro contro Italia (sul caso Diaz) dell’aprile 2015 e ribadite con la nuova condanna inflitta all’Italia dalla Corte il 22 giugno scorso.

È stato ignorato anche l’appello di undici giudici e magistrati del tribunale di Genova coinvolti negli scorsi anni nei processi per le torture nella scuola Diaz e nella caserma di polizia di Bolzaneto: il testo in esame – hanno scritto il 26 giugno alla presidente della Camera – non sarebbe applicabile alla maggior parte dei casi che abbiamo esaminato e che la Corte europea qualifica come tortura. Si profila un esito legislativo disastroso e siamo perciò rammaricati che in queste settimane gli autorevoli appelli appena citati siano caduti del vuoto; se fossero stati sostenuti da una decisa azione della cittadinanza attiva e da un’adeguata attenzione dei mezzi di comunicazione, forse il parlamento li avrebbe presi in considerazione, riportando così il nostro paese lungo la via maestra della tutela effettiva dei diritti fondamentali.

Non è accaduto e ne portiamo tutti la responsabilità: si è purtroppo creato nel paese un clima di desistenza e rassegnazione al peggio che non può portare niente di buono.

I deputati stanno per approvare una norma -feticcio, che porta il titolo «legge sulla tortura» ma non ne ha la sostanza: davvero basta la parola, come sostiene ad esempio la sezione italiana di Amnesty International? Noi non crediamo che sia così e anzi spiace e amareggia che un’organizzazione come Amnesty International si attesti su posizioni tanto arrendevoli e così in contrasto con le importanti e coraggiose prese di posizione italiane e internazionali degli ultimi giorni.

Noi, come il commissario Muinieks, come la Corte di Strasburgo, come i giudici genovesi e molti altri, pensiamo che la prevenzione e la punizione degli abusi di potere siano questioni troppo importanti per essere ridotte a giochi di parole e a compromessi al ribasso che svuotano di senso provvedimenti normativi atte si da trent’anni. Il parlamento si appresta a compiere un passo falso che non farà certo avanzare la tutela dei diritti fondamentali e la qualità della nostra democrazia.

Le firme:
Lorenzo Guadagnucci, Arnaldo Cestaro, Enrica Bartesaghi (Comitato Verità e giustizia per Genova), Enrico Zucca (sostituto procuratore generale a Genova, già pm nel processo Diaz), Roberto Settembre (già giudice nel processo d’ appello per i fatti di Bolzaneto), Ilaria Cucchi e Fabio Anselmo (associazione Stefano Cucchi), Michele Passione (avvocato del foro di Firenze), Adriano Zamperini (università di Padova, autore di «Violenza e democrazia»), Marialuisa Menegatto (università di Padova, autrice di «Violenza e democrazia»), Marina Lalatta Costerbosa (università di Bologna, autrice di «Il silenzio della tortura»), Donatella Di Cesare (università di Roma La Sapienza, autrice di «Tortura»), Tomaso Montanari (presidente Libertà e Giustizia), Riccardo De Vito e Mariarosaria Guglielmi (presidente e segretaria generale di Magistratura Democratica), Vittorio Agnoletto (già portavoce del Genoa Social Forum), Pietro Raitano (direttore) e la redazione della rivista «Altreconomia»

 

il Manifesto, 4 Luglio 2017

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