Cari 5 Stelle, con la Raggi ora ci vuole coraggio

17 Dicembre 2016

Tomaso Montanari

Esattamente sei mesi fa, il 14 giugno scorso, ho spiegato su questo blog perché non potevo accettare la proposta di entrare nella giunta di Virginia Raggi come assessore alla Cultura, e perché l’avrei votata al ballottaggio se fossi stato un cittadino romano.

Allora, tra l’altro, scrivevo: «Se la sinistra radicale non riesce, con ogni evidenza, a rispondere a tutto questo, è impossibile non riconoscere che i Cinque Stelle (occupando di fatto lo spazio che in Spagna è stato conquistato da Podemos) stanno invece aprendo nuovi spazi di cittadinanza: suscitando partecipazione almeno quanto questo Pd sembra invece puntare, irresponsabilmente, sull’astensione. Se votassi a Roma, al secondo turno sceglierei dunque la Raggi, anche perché (nonostante l’evidente probità di Roberto Giachetti) è vitale – dopo l’impressionante disastro consociativo – che sul Campidoglio tiri un’aria radicalmente nuova. Se poi quest’aria riuscirà a costruire una alternativa nazionale ispirata ad un riformismo radicale, e se lo farà aprendosi a valori e personalità della sinistra, il Paese non avrà che da guadagnarci».

Ebbene, a distanza di sei mesi quelle promesse, quelle possibilità, quelle aperture si chiudono nel peggiore dei modi. Personalmente ero già rimasto interdetto dalla fiducia continuamente rinnovata alla Muraro contro ogni ragionevolezza, e poi dalla palese insopportazione per il rigore di Paolo Berdini, ben deciso a far rispettare il piano regolatore e dunque a non far affogare il futuro stadio nel cemento e nella corruzione.

L’arresto clamoroso di Raffaele Marra è il drammatico epilogo di un crescendo di inadeguatezza, superficialità, arroganza. E peggio ancora dell’arresto, è come ora si cerchi di minimizzarlo e addirittura di rimuoverlo.

È il momento di ricordare a Virginia Raggi che i valori fondamentali per cui una parte rilevante dei cittadini italiani continua a guardare al Movimento Cinque Stelle sono la totale trasparenza; la discontinuità radicale con il sistema di poteri che annulla la politica vera; l’onestà; la fedeltà al mandato dei cittadini e la dichiarata volontà di perseguire solo l’interesse generale. Ebbene, cosa rimane di tutto questo quando addirittura le manette certificano che siamo tornati al peggio della gestione Alemanno?

E non si dica che Marra era un qualunque dipendente del Comune: perché l’effetto di questa versione da impuniti è lo stesso che provocò chi farfugliò di email non lette, o (per cambiare partito) lo stesso che ora provoca chi prima promette di ritirarsi dalla politica in caso di sconfitta al referendum, e ora cerca di fare il puparo dietro le quinte. Tutto: ma non provate anche a prenderci in giro.

Ora siamo al momento della verità: o il Movimento 5 stelle dimostra agli italiani di saper tener fede alle proprie promesse, e cioè di essere in grado di rispondere ai propri principi e di mantenere il proprio patto con gli elettori, o la sua sorte è segnata. E sarebbe una notizia terribile per la democrazia italiana, che ha bisogno di un Movimento 5 Stelle davvero trasparente come avrebbe bisogno di un Partito Democratico davvero di sinistra.

Ci vuole coraggio: se fosse l’unica strada possibile, anche il coraggio di dichiarare chiusa l’esperienza di questa giunta, chiedere scusa solennemente e impegnarsi a selezionare in modo efficace la propria classe dirigente. «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nel fuoco della Geenna». Un linguaggio radicale, certo: ma non era questo il linguaggio del Movimento?

Articolo9, 16 Dicembre 2016

 

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