Pietro Casula, presidente del Movimento per la Sardegna – Sardi nel Mondo, invia a Libertà e Giustizia questa lettera indirizzata al Premier.
Lettera aperta al Presidente dei ministri Matteo Renzi
La nostra Costituzione, la più bella del mondo, è una dottrina per limitare i poteri del sovrano della maggioranza e non un meccanismo per rottamare consenso democratico e aprire la porta al potere a istrioni di turno. Certe manipolazioni non si possono certamente premiare.
La risposta di Carlo Dore jr., coordinatore del Circolo LeG di Cagliari
Gentilissimo Signor Casula,
al netto di alcuni eccessi polemici (peraltro inquadrabili nel clima complessivo di una campagna referendaria spesso degradata a scontro tra fazioni), la Sua lettera mette in rilievo una delle principali criticità della riforma costituzionale oggetto del referendum del prossimi 4 dicembre, e identificabile proprio nel ruolo assunto dal Governo nell’approvazione di questa riforma, inopinatamente descritta come il punto centrale del programma dell’Esecutivo.
Scriveva Calamandrei: “quando si discute della Costituzione, i banchi del Governo devono rimanere vuoti”, giacché la materia costituzionale esula dall’indirizzo politico di maggioranza di cui il Governo è espressione, costituendo altresì un limite all’esercizio del potere di cui la maggioranza è investita. In questo senso, infatti, la Carta costituzionale trae vita non da un atto di volontà della maggioranza politica contingente, ma da un compromesso alto tra forze politiche rappresentative sì di opzioni ideologiche differenti, ma unite dalla condivisione di un substrato di valori comuni: proprio questa “condivisione” identifica la Costituzione come un insieme di regole capaci di resistere agli urti, anche violenti, che per forza di cose animano la dialettica democratica.
Ora, se un simile compromesso alto può rinvenirsi alla base della Costituzione del 1948, la riforma costituzionale di cui oggi discutiamo si esaurisce in un fortissimo atto di volontà politica della maggioranza politica contingente, in nome del quale il Presidente del Consiglio ed il Governo hanno prima tenuto in scacco un Parlamento nato dalle ceneri del tradimento dei 101 e ulteriormente vulnerato dalla sentenza della Consulta che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge elettorale previgente, e poi accettato il rischio di dividere il Paese tra innovatori e conservatori, intellettuali illuminati e vecchi parrucconi, lealisti e infami, partigiani veri e finti. Si tratta di una scelta che innerva un pericolo di cui, forse, lo stesso Presidente del Consiglio non ha compreso la portata: il pericolo di proporre al Paese una Costituzione che, percepita come il prodotto di un giudizio ordalico sulla persona del Presidente del Consiglio e sull’operato del suo governo, sia priva di quella condivisione a cui ho in precedenza fatto cenno, e di legittimare così le forze politiche che un domani dovessero a loro volta risultare maggioritarie del Paese a darsi una “loro” Costituzione.
Ma un Paese senza Costituzione è un Paese senza garanzie, senza riferimenti, senza istituzioni solide a cui aggrapparsi nei momenti di tempesta che la Storia periodicamente propone: in altre parole, un Paese senza Costituzione è un Paese senza futuro.
Un saluto cordiale,
Carlo Dore jr.
Coordinatore LeG Cagliari