1. Un’occasione perduta. Mi dispiace che si debba arrivare al referendum . Si è persa un’occasione. Questioni in discussione da tempo si potevano agevolmente risolvere ; nessuno difendeva il bicameralismo paritario, l’accordo sulla sua modifica era praticamente unanime. Bastava procedere seguendo le vie indicate dalla Costituzione, dopo una riflessione approfondita e un confronto serio tra le diverse posizioni per giungere al risultato condiviso richiesto dall’art. 138.
Le Costituzioni sono fatte per durare, non le si può cambiare secondo gli umori della maggioranza del momento, la quale può esprimere, legittimamente, il proprio indirizzo politico nelle leggi, non nella Costituzione che è di tutti. Per questo sono previsti procedimenti più articolati e complessi che coinvolgano le minoranze e non consentano a chi governa di disporre della Costituzione. E sempre per questo è previsto infine un referendum , a disposizione di chi si oppone a modifiche non condivise per salvare l’integrità della Costituzione.
Ho sperato fino all’ultimo in un ripensamento , nell’attenzione ai rilievi altrui, in un sussulto di ragionevolezza ; la folle corsa verso il risultato ha travolto invece il rispetto per le minoranze e la dialettica democratica in un percorso dominato dalla velocità. Ogni proposta diretta migliorare la legge costituzionale rendendola accettabile sono state arrogantemente respinte o addirittura drasticamente escluse dalla discussione : la riflessione critica, evidentemente, non abita qui!
Tutto sembra irragionevole, ma è solo apparenza : gli obbiettivi diventano più chiari e decifrabili man mano che il disegno complessivo prende forma.
2. La composizione del Senato, i cittadini senza ‘voce’. Partiamo dalla composizione del Senato. In un momento in cui si registra uno scollamento fra popolo e istituzioni , sarebbe logico aspettarsi dalla politica la ricerca di soluzioni dirette ad attenuare la distanza e a far sentire ai cittadini che hanno voce nelle istituzioni , che trovano ascolto e non sono ‘fuori’, estranei a un sistema lontano . Di fronte al desiderio forte e diffuso di ‘partecipare’, pensando a un Senato delle Regioni, sarebbe stato particolarmente importante coinvolgerli nella scelta dei senatori ,di coloro che dovrebbero rappresentare a livello centrale le esigenze di ciascuna Regione .Non è stato così.
Cos’è accaduto,invece?
I canali di trasmissione delle domande sono stati drasticamente recisi da una ‘riforma’ che si comprende solo innestandola in un disegno complessivo il cui perno non è la legge costituzionale ma la legge elettorale, approvata con la stessa frenetica velocità, contingentando tempi e impedendo il dibattito, cosa inspiegabile, per una legge destinata ad entrare in vigore solo in tempi futuri. Anche questo sembra irragionevole ma non lo è. Bisognava infatti approvare subito l’Italicum perché senza di esso la legge costituzionale non sarebbe servita a raggiungere l’obiettivo vero : verticalizzare il potere e gestirlo senza ostacoli e limiti da parte di nessuno, cittadini compresi.
E i cittadini, alla fine, sono rimasti senza voce: con un Senato non più eletto dal popolo ma dai Consiglieri regionali ( che si eleggono fra loro!) ; con Provincie abolite che però funzionano ma senza il Consiglio Provinciale che i cittadini eleggevano e una Camera non più ‘rappresentativa’ dominata da una maggioranza artificiale creata alterando l’esito del voto. Una Camera che una minoranza, anche esigua, è in grado di dominare , dominando insieme le istituzioni tutte senza trovare limiti politici -le altre forze sono ridotte all’irrilevanza- né limiti giuridico-costituzionali. L’influenza della potente maggioranza artificialmente creata può estendersi infatti alle stesse istituzioni di garanzia.
3. L’Italicum ,la soglia e il trucco del ballottaggio. Una minoranza anche esigua può prendere tutto. La soglia del 40% prevista dall’Italicum per ottenere il premio in seggi è del tutto fittizia, scritta sulla carta all’ unico fine di non contrastare apertamente la sent. n.1 del 2014 che, dichiarando illegittimo il Porcellum, condiziona la legittimità dell’attribuzione del premio all’indicazione di una ‘soglia’. Ecco allora che l’Italicum la stabilisce al 40%; ma è una soglia di fantasia , un semplice schermo, perchè in realtà non interessa a nessuno: se non la si raggiunge, interviene il ballottaggio. Il trucco è qui ; attraverso il ballottaggio il legislatore ha aggirato la sentenza costituzionale . Al ballottaggio, infatti, sono ammesse le due liste più votate qualunque sia la percentuale ottenuta, senza che sia prevista alcuna soglia per partecipare . Sicché, pur ottenendo un risultato modesto ( il 20%, ad esempio,o anche meno) , chi vince piglia tutto.
I ricorsi presentati contro l’Italicum sono già molti ed è presumibile che la Corte dichiari illegittima anche questa nuova legge elettorale.
4.Il ruolo di un Senato legislatore sconnesso dal popolo. Tornando al Senato, i sostenitori della legge costituzionale tendono a minimizzarne l’importanza, a minimizzarne compiti e ruolo : conta poco -si ripete- non è dunque il caso di discutere tanto sulla sua composizione. Un’altra falsità, un’altra ipocrisia! Al nuovo Senato, mal costruito, sono affidate funzioni di carattere costituzionale, ad esempio l’elezione di due dei cinque giudici costituzionali eletti, ora, dal Parlamento in seduta comune: oltre seicento deputatine eleggeranno tre, cento senatori ne eleggeranno due! Il divario di potere è evidente, com’è evidente l’intenzione del governo di mettere le mani sulla Corte anche attraverso un Senato manipolabile ( già la Camera lo sarà, vista la nuova legge elettorale). Funzioni importanti, di carattere costituzionale: il Senato infatti è un (co)legislatore, partecipando alla funzione legislativa con gli tessi poteri della Camera -esattamente come oggi- nelle leggi di revisione costituzionale, ma non solo. Devono essere approvate da entrambi secondo le normali regole del bicameralismo paritario anche leggi ordinarie del massimo rilievo, leggi d’indirizzo politico e non leggi legate alla sola dimensione regionale.
Ma la sovranità -disse Meuccio Ruini alla Costituente- “spetta tutta al popolo” e “il fulcro dell’organizzazione costituzionale” è nel Parlamento “che non è sovrano di per sé stesso, ma è l’organo di più diretta derivazione del popolo: e come tale… ha la funzione di fare le leggi”. E’ un concetto di sempre che spetti al popolo o ai suoi rappresentanti fare le leggi, un concetto ribadito nel modo più chiaro da Marsilio da Padova nel Defensor Pacis del 1324: soltanto il corpo di tutti i cittadini (civium universitsas) ha l’autorità di fare le leggi perché ogni cittadino dev’essere libero e non soggetto al dispotismo altrui come avverrebbe se uno o pochi facessero le leggi ”auctoritate propria supra civium universitatem”; sarebbe “aperta la strada all’oligarchia” se si concede il potere legislativi a “pochi”, o alla “tirannia” se “si concede il potere legislativo a un solo uomo”. E “non sarebbe cosa sicura affidare la funzione legislativa alla discrezione di pochi”; potrebbero guardare più al vantaggio privato che al vantaggio comune, mentre la legge “che solo il corpo dei cittadini ha l’autorità di fare”, non è fatta “per essere utile all’amico o nociva al nemico, ma in universale”. Amo Marsilio e lo cito spesso; dovrebbero rileggerlo i nostri “riformatori”!
Accennerò soltanto a un altro importante rilievo, già approfondito in particolare da Gaetano Azzariti: l’argomento più convincente a favore della riforma del Senato era la semplificazione del procedimento legislativo. Tutto invece si è complicato: al posto di uno, abbiamo sei o sette procedimenti. La presenza-assenza del Senato nella varietà delle previsioni, ha generato una complicazione incredibile! Senza contare l’ altra decisiva variante, il nuovo potere del governo di intervenire nel procedimento legislativo, determinando il contenuto delle leggi.
5. Cambia le forma di governo, cambia la forma di stato. Chi vuole difendere la legge costituzionale cui ci opponiamo, non si stanca di ripetere che non viene toccata la forma di governo come invece avveniva nella riforma del centro-destra, bocciata dal popolo col referendum del 2006 . Il testo non ne parla, è vero, ma è di nuovo l’intreccio perverso fra riforma costituzionale e Italicum a tornare in gioco; negli ingranaggi del sistema complessivo si nascondono le peggiori deformità.
Il punto centrale, la chiave che apre tutte le porte, sta ancora una volta nel ballottaggio attraverso il quale si arriva in modo traverso all’elezione diretta del Premier. Al ballottaggio partecipano due liste; essendo una competizione a due avrà necessariamente un vincitore che tenderà ad attribuire al voto popolare il valore di un’investitura personale, anziché presentare il ballottaggio per ciò che dovrebbe essere: la fase terminale di un procedimento finalizzato ad eleggere i membri della Camera dei deputati. In base a quell’interpretazione del voto, il futuro Premier potrà anche definirsi -come si definiva Berlusconi- l’unto del Signore; sarà difficile, dopo, togliergli “l’unzione”!
Senza mutare il testo, si arriva così all’abbandono della forma di governo parlamentare stabilita nella Costituzione. E non certo per avvicinarsi al modello presidenziale americano -che rispetta in modo rigoroso il principio della separazione dei poteri e i limiti reciproci- ma al modello autoritario novecentesco che, a suo tempo, l’Italia ha felicemente esportato.
Ma non è la sola forma di governo che finirà travolta; in assenza di limiti e controlli, senza contrappesi politici e istituzionali, si uscirà dalla stessa forma di Stato, dalla democrazia costituzionale .
C’è un filo sotterraneo che lega ogni cosa. Gobetti accusava il potere di allora di non voler portare il conflitto sociale in Parlamento, di non volere che affiorasse nelle istituzioni, entrando nel dibattito parlamentare dove lo scontro tra interessi diversi poteva comporsi coi metodi della democrazia: alla Camera, come altrove, si voleva il ‘pensiero unico’!
Anche a questo serve una legge elettorale iper maggioritaria.