ROMA Noi non ci fermiamo e andremo avanti». Maurizio Landini conclude così il comizio più breve della sua storia di sindacalista, la pioggia è troppo forte e Piazza del Popolo rischia di svuotarsi. La frase è riferita a Matteo Renzi: parla del referendum contro il Jobs Act che la Fiom, insieme alla Cgil, prepara per il prossimo anno. Parla delle pensioni, con la proposta di una «grande mobilitazione che Cgil, Cisl e Uil devono organizzare dopo gli errori del passato». Ma c’è l’acqua che inzuppa vestiti e cappucci. La testa degli italiani — anche delle tute blu — è ferma a quelle immagini di Parigi, c’è la paura di un attacco terroristico e la voglia di reagire. C’è un 10% di manifestanti che a Roma non ci è venuto, nonostante gli oltre 230 pullman organizzati da tutta Italia, perché è difficile continuare a comportarsi come fino a dieci giorni fa.
Landini ovviamente — come ha spiegato due giorni fa sul nostro giornale — ha subito cambiato il verso della manifestazione — Unions! Per giuste cause — dedicata originariamente al contratto e alla legge di Stabilità, ma poi diventata un netto no alla guerra e al terrorismo. Ieri infatti a guidare il corteo partito da Piazza della Repubblica c’era un folto gruppo di lavoratori immigrati, delegati Fiom delle fabbriche, soprattutto del Nord Italia, che portava uno striscione con su scritto «No alle guerre. Io non ho paura».
«Il mondo del lavoro è contro il terrorismo e contro le guerre. La lotta contro il terrorismo si fa difendendo la democrazia — ha esordito Landini — C’è il rischio che dopo i fatti di Parigi possa essere messo a repentaglio il processo di integrazione dei migranti e noi siamo qui per combattere culturalmente l’assioma migranti-terroristi». «C’è qualcuno che vende armi e compra petrolio dai terroristi, quindi il primo embargo da fare è economico — ha aggiunto il segretario della Fiom, ricordando che «nel nostro Paese il movimento dei lavoratori e il movimento operaio hanno combattuto e sconfitto il terrorismo. Quando tu accetti la riduzione degli spazi di democrazia in realtà stai facendo il gioco di quelli che vorrebbero far diventare tutto questo una guerra di civiltà». «La democrazia e la libertà si difendono praticandole. Capisco la paura, ma va superata insieme».
«La guerra non può essere la soluzione: dopo l’11 settembre si rispose con la guerra, e il risultato è che è nato l’Isis», ha spiegato Landini. Allora, «se il governo vuole fare delle cose vere è ora che dia il diritto di voto agli immigrati, che non faccia pagare la tassa di soggiorno e che abolisca del tutto la legge Bossi-Fini». Il leader delle tute blu ha anche voluto ringraziare «le forze dell’ordine e l’intelligence», perché «con il loro lavoro contribuiscono a difendere la democrazia, e il nostro diritto a fare manifestazioni come questa».
«Ieri è stata di nuovo posta la fiducia sulla legge di Stabilità — ha poi aggiunto Landini, passando ai temi più prettamente economici — Una manovra sbagliata, che non serve, perché il nostro problema è il lavoro». «La manovra va cambiata: è necessario introdurre una tassa sui grandi patrimoni e fare investimenti, non tagliare la sanità, i Caf e i patronati».
Sulle pensioni, per il segretario della Fiom è necessario «abbassare l’età di uscita e reintrodurre quelle di anzianità per i lavori più pesanti». Si deve pensare poi «agli esodati e ai lavoratori precoci». Mentre l’invito ai leader confederali Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo è quello di lanciare una mobilitazione forte su questo tema.
Camusso, dal canto suo, ieri è apparsa molto in sintonia con i suoi metalmeccanici. Rilassata (per quanto ovviamente lo possa permettere il grave contesto che tutti viviamo). Presente a tutto il corteo, è rimasta fino alla fine del comizio di Landini, stando pochi metri dietro di lui. Alla fine i due segretari si sono scambiati dei sorrisi e hanno parlato prima di congedarsi.
Sembra archiviato il “freddo” del marzo scorso, quando si era all’esordio di Coalizione sociale, e la leader Cgil era rimasta ferma sulle scalette del palco.
La sintonia è soprattutto sul referendum sul Jobs Act e sul nuovo Statuto dei lavoratori, e poi dentro la Cgil serve unità, perché troppi lavoratori sono ancora senza contratto. Ieri tanti segretari erano presenti, per dar man forte a Landini: Rossana Dettori della Fp, Walter Schiavella della Fillea, Mimmo Pantaleo della Flc, Claudio Treves del Nidil, solo per citare quelli che abbiamo intravisto. E Landini infatti ha ricordato che «sono sei milioni i lavoratori che da anni non vedono un nuovo contratto». Rimandando i suoi al prossimo round con Federmeccanica, il 4 dicembre.
Ultima notazione: ieri è stato anche l’esordio di piazza per la nuova Sinistra italiana. Tra le tute blu presenti Stefano Fassina, Alfredo D’Attorre e Nicola Fratoianni.
Il manifesto, 22 novembre 2015