In Russia l’opposizione non è morta. Lo dimostrano le decine di migliaia di persone che ieri hanno sfilato nel centro di Mosca per ricordare Boris Nemtsov: l’avversario politico del Cremlino fatto fuori a colpi di pistola venerdì notte a pochi passi dalla piazza Rossa. Ma per chi è sceso in strada il corteo è stato anche un’occasione per protestare contro lo strapotere dello zar Vladimir Putin, contro la corruzione, contro la guerra nel Donbass. E anche contro la crisi economica che tanti dissidenti legano al braccio di ferro delle sanzioni tra Mosca e Occidente per l’Ucraina. È insomma come se la marcia anticrisi di primavera organizzata dall’opposizione non fosse mai stata annullata a causa dell’uccisione di Nemtsov, ma semplicemente spostata dal quartiere periferico di Marino (dove l’avevano relegata le autorità) al centro. Il corteo è partito alle 15 dal Kitaigoroskij proezd tra bandiere russe listate a lutto e foto dell’ex vice premier. Russia senza Putin! urlavano i manifestanti, molti con in mano mazzi di rose o di garofani da lasciare sul ponte Bolshoj Moskvoretskij, nel posto in cui Nemtsov è stato ammazzato. E ancora: No alla guerra! . Tra i tanti tricolori c’èra persino qualche bandiera gialla e blu dell’Ucraina. Serghiei, 20 anni, ha in mano un cartello con su scritto La propaganda uccide. Secondo lui l’omicidio di Nemtsov è il risultato della propaganda del Cremlino, un gesto di qualcuno che ha creduto ai media di regime che dipingevano l’oppositore come un traditore che voleva vendere la Russia agli Stati Uniti solo perché era contrario alla guerra. Ma non esclude neanche che a voler Nemtsov morto sia stato Putin in persona. Tra i dimostranti sono in tanti a pensarla così. Chi è il prossimo? recita uno striscione In prigione o direttamente nella bara? . Maia, un’insegnante di 47 anni, agita invece un altro cartello: Non ho paura. Non mi è mai piaciuto Nemtsov spiega ma quello che è successo è terribile: un politico ucciso vicino alla piazza Rossa, in una zona piena di telecamere e poliziotti. Non so se a ordinare questo terribile omicidio sia stato Putin, ma è inquietante. Vitalij, un corpulento avvocato di 52 anni, partecipa alla dimostrazione assieme al figlio ventenne Andrej, e di Nemtsov era un convinto sostenitore: Ha sempre lottato per rendere la Russia un Paese libero racconta -, e per la divisione dei poteri: un principio base della democrazia, mentre adesso il potere è tutto nelle mani di una sola persona. La stragrande maggioranza di chi protesta contro il governo si dice anche certa della presenza di soldati russi nel sud-est ucraino. E, al contrario di molti connazionali, condanna l’annessione della Crimea.
Intanto proseguono le indagini sull’uccisione di Nemtsov, di cui è stata testimone la giovane Anna Duritskaja, la modella ucraina compagna dell’oppositore. E proprio mentre spunta un video a bassa definizione del momento del delitto – gli investigatori promettono 48.000 dollari a chi aiuti a risalire ai killer. Le ipotesi sono le più varie: si va dal tentativo di “destabilizzare” lo Stato, all’estremismo islamico (Nemtsov era ebreo e aveva condannato il massacro di Charlie Hebdo), dal conflitto in Ucraina alla vita sentimentale della vittima. Ovviamente tra le piste seguite non c’è quella dell’omicidio ordinato dal Cremlino. Ieri uno dei leader dellopposizione, Ilya Yashin, ha confermato che Nemtsov stava lavorando a un dossier sulla presenza di truppe russe nel Donbass. Secondo il presidente ucraino Petro Poroshenko, è stato ucciso per questo.
Il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2015
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