La Carlassare lascia il comitato dei saggi “Lo stop del Parlamento è una disfatta morale”

12 Luglio 2013

La giurista si dimette dalla commissione dei 35 dopo il voto sul processo Mediaset: “Un’indebita pressione sulla Cassazione”

«Siamo alla disfatta morale, per favore lo scriva» dice Lorenza Carlassare, giurista e costituzionalista. Faceva parte dei 35 saggi per le riforme, ma dopo il blocco del Parlamento voluto dal Pdl ha deciso di dimettersi. Lo ha fatto inviando una lettera al ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello, poi pubblicata sul sito di Libertà e Giustizia.
Professoressa, come mai questa decisione?
«Voglio fare una premessa: nella commissione mi sono trovata bene, anche con Quagliariello i rapporti erano e sono ottimi. Però qualcuno doveva pur fare qualcosa. Certe cose non succedono nemmeno in Africa, non so se ci rendiamo conto… ».
Quagliariello le ha risposto con un’altra lettera in cui spiega che è “prassi consolidata delle Camere deliberare una breve sospensione dei propri lavori per consentire ai parlamentari di un gruppo di partecipare ad attività di particolare rilievo”.
«Ci ho parlato con il ministro, era dispiaciuto per la mia scelta. Ma come costituzionalista sono sconvolta, si è oltrepassato ogni limite. La sospensione era in realtà un’intimidazione bella e buona verso la Cassazione. Bastava ascoltare le parole di Daniela Santanché mercoledì mattina. Certe regole devono necessariamente restare ben salde in questo Paese. Non potevo e non posso tacere di fronte a un atto di questo tipo. Sono sempre stata libera di poter dire come la pensavo nel corso della mia vita, faccio lo stesso anche adesso».
Dal punto di vista tecnico, da giurista, qual è stata la regola infranta?
«Si è infranto nel suo insieme lo spirito costituzionale. La maggioranza ha mostrato un’assoluta estraneità ai valori dello Stato di diritto, così pure il disprezzo per il costituzionalismo liberale e i suoi più elementari principi. Il bello è che poi si dicono tutti liberali».
I suoi colleghi della commissione invece come hanno commentato gli ultimi fatti?
«Non li ho sentiti. Ma noi siamo comunque un gruppo di persone messe lì a lavorare da questa maggioranza. A me dispiace andarmene. Però proprio perché la commissione è frutto delle larghe intese ho il dovere di manifestare questo dissenso. Soprattutto non comprendo il Pd: qualsiasi cosa gli chieda il Pdl loro la fanno, ma è mai possibile?».
Quindi a lei non piace questa maggioranza?
«Sono sempre stata convinta che questo governo non dovesse neanche nascere. Lo dico anche da un punto di vista politico-costituzionale, perché il percorso che ha condotto alla sua formazione mi è sempre sembrato — diciamo
così — perlomeno dubbio».
Le sue dimissioni sono legate anche al fatto che si stesse discutendo al vostro interno del presidenzialismo?
«Assolutamente no e voglio che sia chiaro. È vero che quando mi fu proposto di far parte del comitato ero assai perplessa e indecisa se accettare o meno. Ma poi sul campo mi sono trovata molto bene. L’orientamento prevalente non era quello di una modifica in senso presidenziale».
E a che punto siete, anzi eravate, arrivati?
«C’era un accordo su come migliorare il funzionamento del sistema parlamentare. Ad esempio dando al premier la possibilità di revoca dei ministri, una sola Camera politica e il Senato organo territoriale. Quindi migliorare il sistema, ma senza andare verso il presidenzialismo».

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