Appello ai senatori: consentite il referendum

28 Giugno 2013

Martedì 25 giugno a Roma parlamentari e costituzionalisti si sono ritrovati in un seminario dal titolo “Cambiare con la Costituzione”. Le riflessioni di Giovanni Bachelet ex-deputato Pd e garante di Libertà e Giustizia. “Questa battaglia sarà durissima, molto piú dura che nel 2005-2006, quando, dopo un attimo di iniziale esitazione, il centrosinistra si schierò compatto contro le riforme costituzionali di Berlusconi, Fini, Bossi e Casini. Invece oggi, o almeno per il momento, il pezzo piú grosso della sinistra parlamentare è favorevole”.

Grazie dell’invito. Ho contribuito alla nascita dell’associazione “Salviamo la Costituzione, aggiornarla non demolirla” (www.salviamolacostituzione.it) e del comitato promotore del referendum che nel 2006, con 6 milioni di voti di scarto, ha bocciato la riforma costituzionale di Berlusconi e soci. Presidente era Scalfaro, portavoce Bassanini, capo del comitato scientifico Elia. Io ero solo tesoriere, un ragazzo di bottega. Non sono un costituzionalista e non ripeterò quanto detto il 4 giugno scorso alla direzione nazionale del PD (www.giovannibachelet.it/pag1vekkia/direzionePD_040613.pdf); mi limito a riflessioni legate al referendum e alla mia recente esperienza parlamentare.

1. Il disegno di legge costituzionale governativo (http://www.palazzochigi.it/backoffice/allegati/71499-8731.pdf) oggi in discussione non riguarda il merito delle riforme costituzionali (forma parlamentare, presidenziale, etc.), ma solo l’istituzione della commissione bicamerale e la corrispondente deroga all’articolo 138.

2. L’iter di questo disegno di legge è, quindi, regolato dall’attuale articolo 138: se in seconda votazione questa legge costituzionale non passa con i 2/3 degli aventi diritto, potrà essere sottoposta a referendum prima di ogni discussione di merito sulle riforme.

3. L’iter di questo disegno di legge è appena cominciato e (sempre grazie all’articolo 138) prima di fine novembre non potrà concludersi, anche procedendo a tappe forzate.

4. Il termine di 18 mesi di cui tanto si parla partirebbe dopo l’approvazione finale di questa legge, dunque non prima di novembre.

5. La commissione dei 35 esperti è perciò una (rispettabile) esercitazione governativa: essa non può interagire con la commissione bicamerale sulle riforme costituzionali per l’ottimo motivo che quest’ultima non è ancora istituita, né lo sarà prima di novembre.

6. Sul vistoso gap fra questo disegno di legge costituzionale e la lettera e lo spirito della Costituzione (iniziativa governativa anziché parlamentare, previsto dimezzamento dei tempi, revisione globale dei Titoli I, II, III e V…) rimando alla recente audizione del nuovo presidente dell’associazione, professor Pace (http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/000/202/Prof._PACE.pdf). Pongo qui questioni politiche-parlamentari:

  • all’audizione del Senato il professor Pace ha spiegato scientificamente perché le bicamerali 1993 e 1997 sono cattivi precedenti, ma vale la pena anche di ricordare come mai, storicamente, nessuna delle due concluse i propri lavori: la commissione del 1993 per interruzione anticipata della legislatura, quella del 1997 perché Berlusconi rovesciò il tavolo; la domanda è: quale delle due cose accadrà stavolta?
  • l’articolo 2 affida alla commissione bicamerale anche “coerenti progetti di legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali”: pur di non far cadere il governo, anche la legge elettorale il PD la farà solo con Berlusconi? senza SeL? senza grillini? e poi: per coerenza con le riforme costituzionali, il PD aspetterà la fine del loro (lungo) iter a rischio di votare ancora con il Porcellum, che (come si vede!) non garantisce né rappresentanza né governo? la legge elettorale non era la cosa piú urgente?
  • in realtà esistono anche riforme costituzionali urgenti, condivise, puntuali (altri relatori oggi ne parlano), fattibili con il semplice 138, come avvenne per la riforma del Titolo V, confermata dal referendum 2001 con 5 milioni di voti di scarto; oggi ad esempio, senza derogare al 138, l’abolizione di una Camera (che riduce tempi legislativi e numero dei parlamentari) si potrebbe in teoria approvare in 6 mesi
  • le procedure di revisione globale non sono previste dalla Costituzione (vedi http://salviamolacostituzione.wordpress.com/2012/06/20/riforma-della-costituzione-contrarieta-alle-proposte-presentate/); che il governo le approvi tagliando fuori l’opposizione è ancora piú grave; gravissimo sarebbe, a questo punto, impedire anche la controprova popolare del referendum: possibile che si arrivi a questo?è possibile arrivarci, sí, ma al Senato con margine abbastanza stretto: qui la soglia dei 2/3 degli aventi diritto è 212; il plenum dell’attuale maggioranza è 234; nel PD e in Scelta Civica, lo vediamo dai relatori di questo seminario e dai firmatari del documento di Franco Monaco (http://www.democraticidavvero.it/adon.pl?act=doc&doc=13002), si è aperta una prima crepa: gli “obiettori di coscienza” avranno il coraggio di perseverare, coagulando ulteriore dissenso rispetto a questa bicamerale governativa, oppure si sono salvati l’anima ma poi, al momento buono, voteranno come tutti gli altri?

7. Rileggo un antico giudizio di Paolo Sylos Labini sulla tentata revisione costituzionale del 1997: “La legittimazione politica scattò automaticamente quando fu varata la Bicamerale: non era possibile combattere Berlusconi avendolo come partner per riformare, niente meno, che la Costituzione…” Vengono in mente due differenze rispetto all’oggi: a quell’epoca (a) parlavamo “solo” di corruzione giudiziaria, frodi, conflitti di interesse e par condicio, mentre adesso parliamo anche di Mubarak, e (b) Berlusconi era all’opposizione, non al governo insieme ad alcuni di noi.

8. Tuttavia, di fronte alla drammatica crisi economica e di rappresentanza politica, non si possono liquidare, come qualcuno è tentato di fare, le inquietanti somiglianze fra la Francia del 1958 e l’Italia di oggi. Diciamo, dunque, no all’immobilismo costituzionale ed elettorale. Però diciamo un netto no anche al cinismo degli apprendisti stregoni, al furore riformatore di chi da un lato finge di non conoscere i saldi principi del campione di libertà e giustizia insieme al quale dovremmo riformare la Costituzione; dall’altro dimentica che nemmeno la piú sconvolgente svolta istituzionale della storia recente, la fine dell’URSS, ha impedito a Eltsin, ex sindaco comunista di Mosca, e a ruota a Putin, ex capo dei servizi segreti sovietici, di restare a cavallo (e che cavallo): a riprova che, in assenza di una forte leadership democratica pronta a subentrare, nessun abracadabra costituzionale è in grado, da solo, di produrre l’agognato rinnovamento della politica (e purtroppo se Arcore non è certo Colombey-les-Deux-Eglises, abbiamo già visto che nemmeno Bettola o Firenze lo sono).

9. Non sono piú in Parlamento e non invidio chi ci sta oggi. Sono però tuttora tesoriere dell’associazione “Salviamo la Costituzione”; siamo pronti a impegnarci in un altro referendum, purché un sufficiente numero di Senatori si metta la mano sulla coscienza e ci consenta di farlo.

10. Questa battaglia sarà durissima, molto piú dura che nel 2005-2006, quando, dopo un attimo di iniziale esitazione, il centrosinistra si schierò compatto contro le riforme costituzionali di Berlusconi, Fini, Bossi e Casini. Invece oggi, o almeno per il momento, il pezzo piú grosso della sinistra parlamentare è favorevole. Per vincere anche stavolta, prima in Parlamento e poi se necessario nel Paese, sembra prudente restare fedeli a Scalfaro e Elia. Ovvero. Coltivare uno stile di rigore, serenità e massima apertura verso chiunque ami la Costituzione. Creare un fronte il piú possibile ampio e robusto. Non crogiolarsi nel gruppetto perdente e minoritario che strilla contro ogni riforma, spara sui politici della propria metà campo e rimpiange i vecchi partiti e il proporzionale puro, senza ricordare che la degenerazione finale di quel sistema elettorale ci ha regalato il CAF, l’odierna voragine del debito pubblico,  l’impero mediatico senza  regole e senza concorrenza di Silvio Berlusconi; mentre, dopo quarant’anni di “conventio ad excludendum”, è stato proprio il sistema elettorale maggioritario, con Prodi, a riportare un paio di volte l’intera sinistra al governo del Paese. Il titolo di questo incontro e le diverse provenienze politiche dei partecipanti, da Scelta Civica a SeL, suggeriscono che siamo sulla buona strada.

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