Resta a Palermo il procedimento per la “trattativa” fra Stato e mafia. Lo ha deciso il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Palermo, Piergiorgio Morosini, che ha così rigettato le eccezioni di competenza territoriale presentate nelle scorse udienze da alcuni degli imputati.
Anche gli ex ministri democristiani Calogero Mannino e Nicola Mancino saranno giudicati dal giudice ordinario a Palermo, e non a Roma, nè dal Tribunale dei ministri della capitale o del capoluogo siciliano, come avevano chiesto i legali dei due uomini politici. Il gup ha respinto le eccezioni di incompetenza, ritenendo che nessuno dei due sia accusato di avere commesso il reato con riferimento alle funzioni ministeriali.
I due imputati non rivestivano incarichi di governo all’epoca dei fatti contestati. Mancino, ex ministro dell’Interno, risponde tra l’altro solo di falsa testimonianza, reato che secondo la Procura sarebbe stato commesso il 25 febbraio scorso a Palermo, quando l’esponente politico non rivestiva alcun incarico di governo da anni.
Secondo il giudice Morosini, in generale, la “connessione teleologica” fra l’omicidio dell’eurodeputato dc Salvo Lima, primo atto della strategia di attacco allo Stato e reato più grave fra quelli contestati a vario titolo, e la successiva “violenza o minaccia” agli organi istituzionali, giustifica la permanenza dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia a Palermo.