Rigore e/o crescita?
Ne parlano il Circolo Libertà e Giustizia di Udine con il prof. Flavio Pressacco, Ordinario di Metodi matematici dell’economia e delle scienze attuariali e finanziarie dell’Università di Udine.
Rigore o crescita? Un dilemma all’ordine del giorno del dibattito sulla politica economica. Cliccando rigore o crescita su Google si trovano ben 1.790.000 link! Limitandoci alla situazione italiana è recentissimo l’ultimo confronto di opinioni discordanti sul tema fra il Presidente della Corte dei Conti Giampaolino (corto circuito fra rigore e crescita ovvero il rigore centrato sull’aumento del prelievo fiscale si rivela terapia costosa ed inefficace) e il ministro dell’Economia Grilli (non c’è necessariamente corto circuito, anzi ci deve essere compatibilità anche se difficile da raggiungere. La crescita senza rigore è come costruire sulla sabbia!).
L’equivoco è che ambedue i termini possono assumere significati profondamente diversi. La crescita può essere infatti rigorosa o drogata e il rigore può essere funzionale alla crescita o banalmente orientato ad aggiustamenti di corto respiro. Altri sostengono un approccio orientato alla decrescita più che alla crescita almeno in quelle aree del pianeta in cui si sono raggiunti alti livelli di soddisfazione delle esigenze materiali. Forse più appropriato per questo approccio è il termine crescita sostenibile che potrebbe effettivamente coniugare contenimento di alcune produzioni di manufatti e la valorizzazione di beni ma soprattutto servizi legati alla crescita dolce e non dissipativa che si concretizzi in risparmio di risorse esauribili, abbattimento di prodotti inquinanti e ampliamento della produzione di servizi culturali, all’istruzione, alla salute, alla persona e quindi ad alta intensità di capitale umano più che di capitale fisico.
Resta il fatto cruciale di immaginare che questo passaggio consenta il mantenimento di una situazione di ampia e buona occupazione non solo come fonte di reddito sufficiente a garantire una dignitosa (anche in una cornice di sobrietà) qualità della vita, ma anche perché ormai il lavoro nelle sue molteplici articolazioni è componente fondamentale dell’inserimento degli individui (senza distinzione di genere) in una comunità di cittadini.
Solo un ritorno ai fondamentali, non ideologici ma comunque collegati alla concretezza di una lettura storica dei processi di evoluzione del capitalismo e dei suoi meccanismi di creazione di valore può aiutare a dipanare una matassa di pensiero economico altrimenti inestricabile.
In concreto si impone una rilettura, ma aggiornata alle mutate situazioni storiche, della laica lucidità del pensiero keynesiano, e della sua analisi della domanda effettiva allargata a queste nuove tipologie di servizi e quindi del nuovo orientamento da attribuire a politiche fiscali e monetarie.
Ciò in un quadro di rigore, riscoperta della autentica meritocrazia, rifiuto delle politiche clientelari o addirittura truffaldine praticate dai sedicenti keynesiani da bar sport, ma anche di rifiuto delle chiavi di lettura puramente mercatistiche degli ultras del liberismo e del confronto darwiniano basato esclusivamente e spesso surrettiziamente sui rapporti di forza.
Per informazioni e adesioni al circolo LeG di Udine (che si riunisce ogni primo mercoledì del mese presso la sede della 6^ circoscrizione, via santo Stefano 1 alle ore 18,00): udine@libertaegiustizia.it
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