Verità e demagogia

31 Agosto 2012

Ezio Mauro

SIAMO ARRIVATI A QUESTO. Il settimanale ideologico della destra berlusconiana finge di conoscere il testo delle conversazioni intercettate tra Mancino e Napolitano. Non è così, perché la Procura ha tenuto segrete quelle conversazioni e le ha anzi stralciate in un fascicolo “morto”, giudicandole del tutto irrilevanti per l’inchiesta. Quelle pubblicate sono dunque soltanto ipotesi, illazioni e allusioni. Ma sufficienti per confezionare un’operazione politica, com’è ben chiaro dal titolo: “Ricatto al Presidente”.

Lo sbandamento del mondo berlusconiano può trovare interesse, in questa fase di incertezza sui destini dell’ex Premier, a tenere sotto pressione il Capo dello Stato. E infatti i giornali della destra subito cavalcano questa manovra spacciata per notizia, pur essendo evidente l’inconsistenza. L’obiettivo è comunque raggiunto: scrivere che Napolitano deve “mostrare le carte”, rendendo noto il testo di quelle telefonate, anzi “mostrandole al popolo”. Solo così, si fa capire, finirà questa stagione di veleni, di ricatti e misteri.

Naturalmente in questa storia la verità non conta nulla. Napolitano non ha le “carte” da “mostrare al popolo”, perché i magistrati le tengono riservate. I misteri e i segreti italiani poi (come spiega qui in un’intervista il procuratore Ingroia) in quelle carte semplicemente non ci sono, salvo per chi denuncia una congiura di palazzo contro la democrazia: un falso palese, costruito all’ingrosso, in nome di una bassa politica.

Abbiamo vissuto per anni con un Premier pubblicamente strangolato dai ricatti dei personaggi di cui si circondava. Oggi siamo davanti alla costruzione artificiale di una “torbida manovra destabilizzante”, come denuncia Napolitano e come conferma Ingroia. Trasparenza, libertà e verità non c’entrano nulla, com’è chiaro. C’entra solo la demagogia di chi dipinge la nostra democrazia come un sistema marcio dal suo vertice fino alla base: per aprire la strada al ribellismo populista, che già una volta ci ha regalato la peggiore esperienza della storia repubblicana.

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