Cara Bonsanti, non parlo dei caimani ecco perché non sarò mai uno di voi

23 Luglio 2012

Matteo Renzi risponde alla lettera aperta inviatagli da Sandra Bonsanti. Anche il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, interviene sulla querelle

UNA persona che stimo come Sandra Bonsanti, su Repubblica Firenze di giovedì, pone alcuni interrogativi su mie “posizioni e atteggiamenti che non sono affatto chiari… e che possono far nascere malintesi”. Argomenti come le primarie aperte, il rinnovamento del Pd, la rottamazione, singole scelte del Governo Monti. Non può essere un articolo a dare la risposta a questioni così complesse. Peraltro in tutte le sedi, a partire dalla Leopolda, abbiamo spiegato come la richiesta di rinnovamento sia generale prima che generazionale e come le primarie libere e aperte siano oggi l’unico strumento per sottrarre scelta di leadership e parlamentari all’autoreferenzialità della classe dirigente. Mi scuserà Bonsanti se concentro la risposta soprattutto sul rapporto tra l’antiberlusconismo e la sinistra, che mi sembra peraltro il punto centrale del suo ragionamento.
“Non capisco quale sia il tuo atteggiamento nei confronti di Berlusconi candidato a guidare un nuovo governo”, scrive Bonsanti. Provo a dirlo con la franchezza e la libertà di chi non ama giri di parole. Silvio Berlusconi si è dimostrato uno straordinario uomo da campagna elettorale, riuscendo a vincere sfide che sembravano impossibili, anche grazie a una sinistra che attaccandolo in modo sguaiato gli ha consegnato una parte del Paese. Ha vinto persino quando ha perso, come nel 2006, complice una maggioranza – quella della presunta Unione – che dal giorno dopo si è disgregata in modo vergognoso. Berlusconi è “sceso in campo” nel 1994: i bambini di allora sono già maggiorenni: alla faccia della novità. Eppure la maggioranza degli italiani lo ha votato più volte. Lo rivoterebbero ancora, ci domandiamo noi sorpresi? La risposta è: sicuramente una parte sì. Ma non tutti, finalmente. E questa è la novità politica più interessante. C’è infatti una significativa fetta di italiani che è delusa dal fallimento dei governi del Cavaliere. Io non sono deluso dal governo di destra: non mi aspettavo infatti molto di più di quello che ha fatto e soprattutto di quello che non ha fatto. Non avevo fiducia in loro, non li ho votati, dunque hanno confermato le mie previsioni. Peccato.
Mi sarebbe piaciuto farmi sorprendere da un governo di avversari politici capaci di fare cose serie e concrete, nell’interesse dell’Italia. Perché io – come te, ne sono certo – faccio il tifo per l’Italia, sempre. Non solo quando gioca agli Europei. E se il Paese migliora non mi interessa se è merito dei miei avversari politici: mi va bene lo stesso. Il Paese, però, non è migliorato. E i primi a saperlo sono quelli che hanno votato Berlusconi e sono rimasti perplessi, delusi, traditi. Gente che sognava la rivoluzione liberale, l’abbattimento della burocrazia e della pressione fiscale, un paese più semplice e più bello: e che immaginava Berlusconi come l’uomo adatto a realizzarlo. A questi elettori – delusi dalla destra – guardo con rispetto.

Molti esponenti della sinistra li giudicano con disprezzo (Ma come? Parli con chi ha votato per Berlusconi? Punti all’elettorato che la volta scorsa ha scelto il centrodestra? Ma non ti vergogni?). Qualcuno mi accusa di intelligenza con il nemico perché ho più volte detto che voglio i voti di queste persone, giudicandoli fondamentale per tornare a vincere. Voglio convincerli a stare con noi, perché noi non li deluderemo. E voglio convincerli perché prendere il voto di chi l’altra volta non ti ha scelto significa realizzare un punto che vale doppio. Ma voglio convincerli, più banalmente, perché senza di loro non si vince. Lo dice la logica, lo dicono i numeri, lo dice la realtà. Quella realtà che una parte della sinistra ignora, sentendosi più al rifugio nel porto dell’ideologia che non nel mare aperto della quotidianità. Per convincere, e per vincere, dobbiamo dirci una verità che mi sembra semplice: l’antiberlusconismo non può essere il collante di una coalizione. Se ci mettiamo insieme tutti, contro Berlusconi, forse vinciamo le elezioni (forse) ma dopo non governiamo. Lo sforzo che ci è chiesto non è quello di rinunciare a un giudizio negativo sulla destra, ma provare a raccontare cosa vogliamo noi. Non sto a sinistra, insomma, perché parlo male di Berlusconi. Sto a sinistra perchè voglio parlar bene dell’Italia, perché voglio più giustizia sociale, perché sogno un maggiore rispetto del territorio, perché punto su un modello energetico diverso, perché credo nella cultura, perché voglio l’Europa dei popoli e non delle banche e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Dunque, non sarò mai tra quelli che si esercitano nell’attacco ad personam. Chi mi conosce sa che quando mi danno del berlusconino c’è solo da ridere. Non c’è diversità tra Berlusconi e il sottoscritto: c’è un’alterità totale che parte dall’idea di politica e arriva fino al conto corrente passando per le donne e per la religione. Ma non accetterò mai di diventare anch’io uno dei tanti che trova in Berlusconi il proprio alibi per non fare politica accontentandosi di un buon capro espiatorio. Davvero, cara Sandra, è solo Berlusconi il responsabile dello sfascio morale degli italiani? Della tv diseducativa? Delle difficoltà economiche degli italiani? Della crisi e del debito pubblico? Della mancata attenzione alla cultura e alla pubblica istruzione? Delle spaventose statistiche sulla disoccupazione giovanile? Del ritardo infrastrutturale? Certo, stiamo parlando dell’uomo che ha governato a lungo negli ultimi vent’anni, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Ma noi non abbiamo nulla da rimproverarci? Troppo facile è pensare di individuare un solo colpevole per mettere a tacere le responsabilità di una generazione intera di italiani che ha perso la sfida del futuro e oggi vorrebbe mettere noi, più giovani, nelle condizioni di rimpiangere solo il passato. Mentre il berlusconismo falliva alla prova del governo, l’antiberlusconismo falliva nel modello di opposizione. Non è un caso se quando Berlusconi è andato a casa, non ci sono state elezioni – come altrove in Europa – ma si è dovuto ricorrere alla supplenza tecnica del Governo Monti. Perché la classe dirigente della sinistra non era sufficientemente autorevole e credibile per governare. Alle primarie noi proveremo, con amministratori di tutta Italia, a cambiare questa sinistra per dare un futuro all’Italia.

La crisi è un problema, lo sappiamo: ma per come siamo fatti noi italiani è la più grande opportunità per fare davvero i cambiamenti necessari alla nostra comunità. Cara Sandra, so che molti dei tuoi amici e colleghi profondamente antiberlusconiani faticano a considerarmi uno di sinistra. Non basta loro lo sforzo sui servizi sociali e educativi del Comune, gli investimenti in cultura, la politica ambientale di stop al consumo del territorio e di pedonalizzazioni, l’abbassamento della pressione fiscale e l’Imu che qui si configura come una minipatrimoniale per la diversità che c’è tra prime e seconde case. No, non bastano i fatti. Vogliono le parole. Vogliono sentirmi parlare di caimani e di pericoli per la democrazia. Non lo farò mai. Non sarò anti qualcosa o qualcuno. E se questo vorrà dire non appartenere al vostro club, vorrà dire che non sarò mai uno di voi. Io parlo e parlerò delle famiglie che non arrivano alla fine del mese e dei ragazzi cui offrire un’opportunità. Delle cose concrete, quelle di tutti i giorni, quelle che un sindaco che sta nelle piazze e nelle strade, nei circoli e nelle scuole sa essere veramente necessarie. Sono fatto così. Non riesco a star bene nei salotti in cui molti di voi stanno, nel confortevole rifugio di intellettuali di professione, nella riserva degli antiberlusconiani per vocazione.

Un po’ vi invidio, perché se aveste ragione sarebbe tutto più semplice. Ma la storia di questi vent’anni ci insegna che non è andata come voi speravate. E se la vostra generazione ha raggiunto il paradosso di proclamare l’antiberlusconismo, regalandoci “a sua insaputa” vent’anni di berlusconismo, beh, sappiate che toccherà a noi rimediare. Non parleremo dalla mattina alla sera del Cavaliere di Arcore. Parleremo dell’Italia e dei suoi valori. Parleremo di una sinistra che sia capace di essere per qualcosa e non solo contro qualcuno. Parleremo di una generazione che non starà ad aspettare che sia troppo tardi. Lo faremo con il sorriso e l’entusiasmo di chi crede nel valore della politica come servizio e nella vocazione originale e originaria del Partito Democratico.

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