“I partiti devono rinnovarsi altrimenti non c’è democrazia”

25 Febbraio 2012

Il professor Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale, firma, a nome di tutta l’associazione Libertà e Giustizia, il primo manifesto del dopo-Berlusconi. Un modo per celebrare i dieci anni di vita di L&g e “per progettare l’avvenire”

Gustavo Zagrebelsky sul palco di Ricucire l'Italia

Il professor Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale, firma, a nome di tutta l’associazione Libertà e Giustizia, il primo manifesto del dopo-Berlusconi. Un modo per celebrare i dieci anni di vita di L&g e “per progettare l’avvenire”.

Nel suo documento, professore, lei sembra non accodarsi alla Monti-mania. Perché?
“Perché l’atteggiamento acritico è in ogni caso, Monti e non Monti, non consono alla democrazia che è un regime per definizione critico, dove tutti pensano con la propria testa ed è escluso il culto della personalità. Tempo fa in un librettino, trattando del processo di Gesù – uno scandalo della democrazia – si è contrapposta la democrazia dogmatica e la democrazia populista alla democrazia critica. Quest’ultima è la versione liberale della democrazia. Quindi, con tutto il rispetto per le fatiche del governo tecnico e con la speranza che si ripone nell’operazione Monti, la rinuncia alla politica, alla lunga, mi pare un pericolo”.

Siamo alla democrazia sospesa?
“Il governo tecnico di Mario Monti è probabilmente il meglio che il tempo presente ci può offrire. Ma occorre riportare in onore la politica. Certo, i partiti attuali offrono un pessimo spettacolo. L’esecutivo deve fronteggiare altri interlocutori: lobby, associazioni, sindacati. Le forze politiche sono ridotte al mugugno o al mugolio. La ripresa della democrazia e della politica però ha bisogno di partiti rinnovati. Sono l’unico strumento che conosciamo per unificare la società e tenerla insieme”.

Sbaglia allora chi a destra e a sinistra invoca Monti a Palazzo Chigi anche dopo le elezioni del 2013?
“Assistiamo a due fenomeni contemporaneamente. Da una parte al tentativo di impadronirsi del fenomeno Monti; dall’altra al desiderio di nascondere dietro ai tecnici la propria impotenza politica. Ma questo è un problema. In generale, siamo di fronte ad eventi che devono farci riflettere. Le istituzioni europee, mesi fa, hanno imposto alla Grecia di non fare un referendum e ora sembra che vogliano imporre a quel paese di non votare ad aprile. In Italia sento ipotesi di rinvio delle elezioni amministrative. E nessuno osa dire che a qualcuno piacerebbe rinviare pure le politiche del 2013. Siamo tutti impazziti?”.

Vede per noi un rischio Grecia non solo economico ma anche democratico?
“Non vedo, ma temo. Consideriamo che l’articolo 11 della Costituzione, su cui si basa la nostra adesione alla Ue, consente rinunce alla nostra sovranità solo in condizioni di parità con gli altri Stati e solo a favore di istituzioni sovranazionali che operino per la giustizia tra le nazioni, non per favorire le operazioni di investitori – spesso speculatori – che operano sui mercati finanziari. Limitazioni della sovranità sì ma non a occhi chiusi. L’arduo doppio compito del governo è salvarci dalla bancarotta e salvare la sovranità nazionale. Per questa seconda parte la tecnica non basta: occorre la politica”.

Perché LeG non vuole che questo Parlamento faccia le riforme costituzionali? La riduzione del numero dei parlamentari come si realizza?
“Prima si deve andare a votare, poi si mette mano alle riforme istituzionali con un Parlamento nuovo. Quella per la riduzione del numero dei parlamentari è una battaglia giusta ma tutto sommato marginale. Come si diceva una volta? I problemi sono ben altri. Aggiungo: la revisione della Costituzione, quando è autoriforma della politica, risulta molto difficile. Un antico testo anonimo firmato “il vecchio oligarca” – “La costituzione degli ateniesi” – sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi. È come il barone di Munchausen che cade nelle sabbie mobili e vuole tirarsi fuori aggrappandosi ai codini della parrucca. Tragicamente quel testo dice che alla fine la democrazia può solo essere abbattuta. Ho ritegno a dirlo. Allora diciamo così: la sfida della nostra classe politica è dimostrare che il vecchio oligarca aveva torto”.

E il Porcellum con quale formula va spazzato via?
“Esistono tante idee di giustizia elettorale, come la chiamo io. È giusto il proporzionale, lo è il sistema uninominale dove si elegge il migliore, lo è anche il maggioritario che premia il più forte per permettergli di governare. Sono tutti sistemi che hanno una logica chiara. L’elettore sa come viene usato il suo voto. L’unica cosa che i partiti non dovrebbero fare sono i pasticci cioè mescolare sistemi eterogenei solo per soddisfare il loro interesse”.

Voi proponete di sottoporre comunque a referendum eventuali riforme istituzionali. Anche se il Parlamento le approva con la maggioranza di due terzi. Ma è contro la Costituzione.

“La nostra richiesta nasce in un contesto di democrazia rappresentativa debole e delegittimata. All’assemblea costituente si disse: se c’è una maggioranza tanto ampia non c’è bisogno di interpellare i cittadini. Ma la premessa qual era? Che quei partiti rappresentassero davvero il popolo italiano. Oggi viviamo una crisi della rappresentanza. Quel presupposto è diventato fragile. Sarebbe buona cosa avere comunque un voto popolare. Che o tolga di mezzo la riforma o la legittimi in maniera solenne”.

Come se la caverà Libertà e giustizia senza Berlusconi?
“Possiamo riempire due armadi con l’attività svolta in dieci anni. L’armadio di Berlusconi resta aperto per quel che si dice essere il “berlusconismo”, qualcosa di più pervasivo del suo fondatore. Ci sono decine di leggi ad personam che andrebbero riviste. E non solo: la condanna della Corte di Strasburgo per la politica anti-immigrati non dice niente? Il secondo armadio è il futuro della politica. Ci dicono: cosa proponete oltre a manifestare esigenze e bisogni? Ma, diciamo noi, la risposta tocca alla classe dirigente proporre, è lì per questo. Noi manifestiamo esigenze. Una proposta che ci pare fondamentale, però l’abbiamo: la politica si apra alla società civile. Che non è il salotto buono, ma sono cittadini di ogni età, ceto sociale, professione che dedicano tempo, competenza, denaro ad attività d’interesse pubblico per pura dedizione al bene comune. Abbiamo bisogno di altre facce, d’altre energie, d’altri carismi. Soprattutto, di parole nuove. Non vede che quelle di oggi sono solo ripetizioni?”

 

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