Padellaro: “La P2 non vincerà” Convegno tra storia e attualità

13 Maggio 2011

A 30 anni dalla scoperta delle liste degli affiliati, un incontro al Teatro Due ripercorre la storia della loggia occulta di Licio Gelli. Tra gli ospiti anche il giudice Giuliano Turone che scoprì gli elenchi. Il direttore de Il Fatto: “Ancora oggi in Italia è guerra tra Stato e Antistato”

Dice Antonio Padellaro che l’Italia “è in guerra”. Il nemico non è la Libia o il terrorismo internazionale ma l’Italia stessa: “Nel nostro Paese da una parte c’è l’Stato e dall’altra l’Antistato,  secondo uno schema che si ripete dall’inizio della storia repubblicana”. E’ dunque attualità stretta, altro che anniversari, il tema dell’incontro “P2 30 anni dopo, maggio 1981-maggio 2011” promosso al Teatro Due dal circolo Il Borgo e dall’associazione Remo Gaibazzi. Ne è convinto il direttore de Il Fatto Quotidiano, che nel suo intervento vira subito sulla cronaca. “Ci vuole coraggio  –  è il suo esordio  –  per organizzare convegni come questo in un Paese che tende ad assopirsi, in una Italia condizionata da una zona grigia cerchiobottista con l’obiettivo di normalizzare e minimizzare”. Un Paese cioè in cui “l’Antistato fa tutto alla luce del sole  –  prosegue Padellaro – e in cui il coordinatore berlusconiano Denis Verdini conduce la campagna acquisti dei parlamentari Pdl con pagamento pronto cassa, per assicurare 5 o 6 voti in più al presidente del Consiglio”. Applauso. Poi ancora battimano sul passaggio dedicato a Giuliano Ferrara: “E’ scandaloso  –  alza la voce Padellaro  –  che a questo signore sia consentito di attaccare su RaiUno, come ha fatto l’altra sera, un servitore dello Stato come il procuratore Ingroia “.

Nessun seminario di storia quindi al Teatro Due. Non si può  –  lasciano intendere un po’ tutti i relatori – se a Palazzo Chigi siede Silvio Berlusconi tessera 1816 di Propaganda 2, la loggia massonica occulta creata a fini sovversivi da Licio Gelli e di cui 30 anni fa vennero pubblicate le liste di affiliazione. Furono i magistrati Giuliano Turone e Gherardo Colombo a scoprirle nel marzo 1981. Il 20 maggio il presidente del Consiglio Arnaldo Forlani le rese pubbliche provocando un terremoto che squassò la politica, le forze armate, i giornali, i servizi segreti. L’Italia scoprì di avere “una cosa infiltrata nelle proprie istituzioni” come dice nel corso del convegno Sandra Bonsanti, oggi presidente di Libertà e giustizia e che all’epoca seguì come cronista di Repubblica le vicende della loggia segreta: “Gelli era furbo, intelligente  –  racconta  –  benché pensasse di esserlo anche di più”. E’ critica però la Bonsanti su “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi”, il libro curato da Anna Vinci e presentato lunedì all’hotel Toscanini (LEGGI): “Le carte dell’Anselmi meritavano d’essere studiate meglio  –  dice a margine dell’incontro  –  la Commssione d’inchiesta da lei presieduta non può essere considerata una buca delle lettere”.

Si lavora dalle 9.30 alle 18 al Teatro Due. Modera Maurizio Chierici, giornalista de Il Fatto. Su ogni poltrona, in platea, gli organizzatori hanno appiccicato un foglio con i nomi dei 962 pidduisti. Un centinaio i parmigiani presenti, che siedono su quelle poltrone con qualche patema. Sette gli ospiti, tre nella mattinata e quattro nel pomeriggio. Tra loro anche Raffaele Fiengo, Claudio Nunziata, Giampaolo Mora, Sergio Flamigni e lo stesso Turone che con Colombo rinvenne le liste. Nessun parmigiano  –  è stato ricordato – figurava in quelle carte, anche se tre generali dei carabinieri tesserati furono di stanza nella nostra città. Con l’elenco, venne alla luce pure il celebre Piano di rinascita col quale Gelli tentò di cambiare i connotati istituzionali all’Italia: “In quel documento si parlava della necessità di porre sotto controllo i sindacati  –  ricorda al Bonsanti – di rivedere il poteri della Corte costituzionale così come in precedenza Gelli aveva ipotizzato l’avvento di una Repubblica presidenziale”. Attualità dice allora Padellaro, che ricorda pure il volto più “malvagio e crudele della P2” rammentando i legami con i fascisti sudamericani del venerabile maestro Gelli. Come cronista parlamentare del Corriere della Sera, il 20 maggio ’81 fu proprio Padellaro a portare la notizia delle liste in redazione a Roma. “Direttore era Franco Di Bella che, in collegamento interfonico da Milano, mi chiese: ‘Ah bene, e chi c’è nell’elenco?’. Io gli risposi ‘Beh, veramente ci sei anche tu'”. Calò un silenzio interminabile. Dopo due ore Di Bella si dimise”. Erano l’inizio di un terremoto le cui scosse non sono ancora terminate. “Ma l’Italia della zona grigia non vincerà  –  ammonisce Padellaro  –  l’Antistato non avrà la meglio perché lo Stato in questi 30 ha imparato a produrre i suoi anticorpi”.

leggi l’articolo su Repubblica.it

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