Se le opposizioni sono a pezzi e divise in troppi pezzi, anche il partito del Cavaliere scricchiola, afflitto da troppe combriccole, capetti e appetiti. Però quando si tratta di salvare il suo leader il Pdl è granitico. Perché Berlusconi sa come vincere le elezioni: è una formidabile macchina elettorale. Lo sa lui e lo sanno i suoi. E quindi è difficile che il Pdl si sfasci.
Ma se le cose stanno così, non si capisce se le opposizioni chiedano nuove elezioni per finta oppure sul serio. Sono assai più sfasciate del partito del Cavaliere. E da tutti i sondaggi risulta che potrebbero vincere solo se unite. Però, attenzione. I sondaggi sommano preferenze di voto che in realtà, nel mondo reale, non si sommano. Se per esempio Vendola e Casini si presentassero assieme, sia l’uno che l’altro perderebbero parecchi voti. Il totale dei sondaggisti non è, in questo caso, un totale realistico.
Una ulteriore stranezza è che il maggior partito dell’opposizione ha scoperto che attaccare Berlusconi non serve, che «non rende». Sarà. Ma se attaccare il Cavaliere non rende, mi sfugge perché renda «non attaccarlo». Questa è stata la strategia elettorale di Veltroni ed è anche stata, si è visto, una strategia perdente: non da partito a vocazione maggioritaria ma da partito a vocazione minoritaria.
Torno alla domanda: perché le opposizioni chiedono con insistenza nuove elezioni, elezioni anticipate, se non sono in grado di vincerle? La risposta è che contano sul fatto che il premio di maggioranza (truffaldino) della legge elettorale vigente, del famigerato Porcellum, viene attribuito per la Camera su base nazionale ma per il Senato su base regionale. Pertanto se le opposizioni vincono il premio di maggioranza in un numero sufficiente di regioni, Berlusconi rischia di trovarsi in minoranza al Senato.
Il Cavaliere lo sa, e per mettersi al sicuro fa rispolverare una norma (già proposta dal senatore Quagliariello in ottobre) che estende anche al Senato il premio di maggioranza su base nazionale. Così quando dorme può dormire tranquillo. Ma forse no.
Ricordo che l’attribuzione del premio di maggioranza su base regionale fu giustificata, a suo tempo, dal fatto che l’incombente riforma federale dello Stato prevede, come è sensato che sia, un Senato delle regioni fondato sul principio della rappresentanza territoriale, non della rappresentanza individuale. Così mentre a Bossi viene concesso un federalismo fiscale che è già in corso di attuazione, allo stesso tempo gli viene sottratta la struttura portante di un federalismo costituzionale e del federalismo politico. Se gli sta bene, bene. Ma se no, Berlusconi rischia di imbattersi nel veto della Lega.
C’è poi anche un problema costituzionale. L’articolo 57 della Costituzione stabilisce che «Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale». È per questo che a suo tempo il presidente Ciampi chiese e ottenne che il premio di maggioranza venisse assegnato su base regionale. Così mentre il sistema elettorale è materia di legge ordinaria, su questo punto siamo in materia di legge costituzionale. Se il presidente Napolitano solleverà la stessa eccezione del suo predecessore, allora a Berlusconi le elezioni anticipate non convengono più. Tanto meglio per il Paese – siamo stanchi di troppe elezioni – e anche per le nostre scervellate opposizioni.