Il Senato affidato alla matriarca leghista Rosi Mauro è la “pucchiacchia in mano a’ creatura”. E’ la seneneggiata, in mezza giornata già un cult su You Tube, sul contrasto tra la più sofisticata macchina procedurale e le maniere sbrigative di una volitiva massaia rurale che ha cercato di governare il Senato con la stessa sapienza con cui si governano e si cucinano i conigli. Ma è anche uno dei momenti probabilmente più maschilisti del nostro Parlamento.
Un maschilismo innocuo ma inesorabile, da cinepanettone, dove gli amici di partito ridacchiano e la sfottono, mentre gli avversari le fanno “buu” come fosse Balotelli. E intanto la leghista colpisce l’aria con una penna che sembra un matterello, “eh no, colleghi” ripete, poi grida “vergogna”, e sempre agita le braccia e si capisce che vorrebbe far partire tanti sganassoni con le sue grandi mani, mani di fatica, rosse e nodose, con il cerchio all’anulare. Ma non può farlo e dunque accelera, è presa dalle vampe, mette ai voti un emendamento prima ancora che il precedente sia stato votato, approva e respinge senza guardare e senza capire e finisce per dichiarare approvato anche un emendamento bocciato: era dell’opposizione, di Vincenzo Vita, l’esperto di editoria del Pd, il quale comunque festeggia perché raramente gli è capitato di essere approvato.
E sempre la presidente ignora il funzionario che elegante e discreto le sta accanto e prova a fermarla o magari solo a calmarla protendendo, per una trentina
di volte, una mano inutilmente soccorrevole, “piano, si freni, non corra così”. Ma Rosi non lo guarda neppure, solo per un momento gli lancia una di quelle occhiatacce che solitamente riserva alle donne che si avvicinano troppo a Bossi, perché è questo, raccontano i leghisti, l’incarico che ha ricevuto dalla signora Manuela, proteggere non l’esuberanza ma la salute dell’Umberto, e dunque Rosi lo governa, presiede gli incontri come ieri presiedeva il Senato, lo maneggia, lo trasloca, lo guida, lo comanda e mette pure a posto il colletto del “trota”. E sono tempi, questi, in cui gli occhi di Bossi diventano facilmente lucidi e perciò ci vuole subito la ruvidezza di Rosi e allora Bossi cammina verso di lei come verso un rifugio.
Ma in Senato no, ci vogliono competenze, si fanno mille alambicchi, e ci sono i vecchi e i costituzionalisti, e anche i cronisti sono più sapienti che altrove: è il tempio dell’alchimia… Attenzione però: non perché è leghista, Rosi non è all’altezza. Quel mattacchione di Calderoli, per dire, presiedette con efficace sobrietà, inaspettata in un’estremista spudorato e, per molti di noi, anche razzista. Il punto è che quel mondo, dove puoi anche arrivare con moltissimi voti, pretende una crescita, richiede una gavetta, e poi continenza e soprattutto studio delle procedure, non si possono assegnare soltanto con il “cencelli” funzioni così speciali come la vicepresidenza del Senato. E le competenze si possono acquisire, come Rosi tutela il corpo di Bossi i funzionari tutelano la testa dei presidenti, e dunque bisogna attrezzarsi, imparare sul campo perché, dice il proverbio, è lo stesso morto che insegna a piangere.
La morale, se davvero ce n’è una, è tutta nel contrasto tra il donnone bruno con sul petto il fiore verde da matrimonio paesano e quel funzionario aguzzo e sull’attenti, lei è quadrata e nocchiuta e lui è lieve e sicuro, stanno vicini ma sono lontanissimi, persino fisicamente sono l’uno l’opposto dell’altra, lei con quella chioma folta che si perde in svolazzi e lui con la stempiatura che mette in rilievo le forme distese e i lineamenti di un moderato. E non c’è rapporto possibile tra loro, ed è persino ovvio che lui non riesca neppure a farsi notare perché la signora crede solo nell’energia naturale, è la furia che non vede la saggezza, lei è in preda alle smanie e lui rimane pacato, come tutti i funzionari parlamentari ha vinto un concorso difficile, è uno degli uomini di grande dottrina e di infinita pazienza che hanno visto e sperimentato di tutto, e da bravo marinaio si è accorto subito che questa capitana non distingue la rada e il mare aperto.
È così che una della più spiritose parlamentari italiane è diventata su youtube la donna al volante delle barzellette, l’imbranata che imbottigliata nel traffico perde la testa e… via con l’acceleratore, poi il freno e poi di nuovo l’acceleratore, ma non riesce più a ingranare la marcia e qualsiasi cosa fa peggiora la sua situazione, finché la frizione si brucia e la macchina si ferma, mentre tutti suonano, e qualcuno grida e inveisce e i guidatori maschi e gradassi si accaniscono sul genere femminile…: “Buu”. Un giorno su questa politica che sempre più finisce su youtube, da Scilipoti alla signora Mauro al povero Bondi che è riuscito anche a votare per il collega assente (un altro “caso umano”?) si scriveranno saggi, sicuramente diventeranno documenti d’epoca. In passato queste immagini sarebbero finite a Striscia la notizia, oggi c’è youtube che è la curva sud di Internet così come la politica è il nuovo stadio d’Italia.