Come scegliere il sindaco di Milano

11 Giugno 2010

La scelta di un possibile candidato deve tener conto delle voci della città. Le primarie potrebbero essere un passaggio, ma non l’unico

Come qualcuno ricorderà, un anno fa Libertà e Giustizia milanese ha organizzato un ciclo di incontri a Villa Necchi sul tema di quale sviluppo si prospetti per Milano, sotto il profilo urbanistico, demografico, economico; di recente, ci siamo occupati del nuovo Piano di Governo del Territorio e, a maggio, abbiamo avviato un progetto che si chiama Milano 2011, pensando alle elezioni del sindaco che si terranno il prossimo anno e a come la nostra associazione ritiene che ci si debba arrivare.

In piena coerenza con la sua nascita e la sua storia, LeG crede che la selezione della dirigenza politica e amministrativa debba operare sulla base delle realtà associative e delle esigenze dei cittadini, che si esprimono a livello locale. Per questo, il progetto Milano 2011 si propone di raccogliere le voci della città, che provengono dalle associazioni e dai cittadini impegnati nella salvaguardia dell’ambiente e della salute, nel perseguimento di una efficace integrazione degli immigrati, nella tutela dei bambini, nello sviluppo dell’offerta culturale e insomma in tutte le attività nelle quali si concreta il concetto di cittadinanza.

Noi crediamo che – all’attuale interpretazione del ruolo di sindaco quale referente di un “comitato di affari”, poco interessato al governo ed alla vita della collettività – debba opporsi un progetto per Milano che ne rilanci le potenzialità culturali ed economiche (non di sola speculazione immobiliare) e che questo progetto alternativo vada rappresentato da una figura fortemente interconnessa con la città e con le molteplici realtà che la abitano. Una figura che sia in grado di mobilitare i giovani, i quali oggi assistono da estranei, con un sentimento di rifiuto e di impotenza, ai riti ed agli scambi della politica anche a livello locale.

In questo quadro, è davvero sconfortante leggere l’intervista rilasciata di recente da Penati, nella quale l’esigenza di radicamento della politica nella società viene semplicisticamente interpretata come nomina, da parte del rappresentante del Pd, di un candidato sindaco che non proviene dalle file del partito. Viene da dire: non ha proprio capito niente! O piuttosto: è la solita strategia di cooptazione di un “nome” autorevole da parte della nomenklatura partitica, gabellata ai cittadini come rinnovamento. Ma i cittadini di Milano non sono degli sciocchi e non è questo che chiedono.

Tutti ricordano bene la penosa recente sconfitta alle elezioni regionali, nelle quali fu presentato un candidato, lo stesso Penati, reduce da una precedente sconfitta alle elezioni provinciali, che neppure fece campagna elettorale né portò nella contesa alcun contenuto o progetto. Quanti – tra cui chi scrive – non lo hanno votato per protestare contro questo abuso della fiducia dei cittadini?

Senza un vero rinnovamento nel processo di selezione del prossimo candidato sindaco dell’opposizione – rispetto al quale le primarie costituiscono solo un passaggio, necessario ma non certamente esaustivo – è facile prevedere che si andrà ad una nuova dolorosa sconfitta. Occorre sin da ora mobilitare le energie dei cittadini e delle associazioni che non sono contenti di come la città è oggi amministrata, ascoltarne le voci, dare spazio a nuove idee e nuove persone, lasciare che il candidato sindaco emerga per forza propria, per autorevolezza, per capacità progettuale. Occorre che il Pd rinunci a far prevalere delle scelte di vertice e accetti e riconosca l’autonomia e la potenzialità propositiva della società civile, che al Pd non è estranea ma che non si esaurisce in esso. Non vogliamo assistere inerti ad un’altra occasione perduta.

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