Come andrà a finire nessuno lo sa. Forse neppure Fini, che sta sperimentando sulla sua pelle la potenza di fuoco a cui Berlusconi ricorre quando vuole schiacciare i suoi nemici. Di certo, però, si può già trarre una morale da questa brutta favola.
Per esempio, che nell’Italia berlusconizzata la normalità è rivoluzionaria. Fini dice cose di semplice buon senso, sul rispetto delle leggi e della Costituzione, sulla laicità dello stato, sull’approccio al problema immigrazione. Non sono cose “di sinistra”, sono cose che, in altri tempi, anche la destra democristiana avrebbe potuto sottoscrivere. E dunque perché danno scandalo? Perché in questi anni Berlusconi ha coscientemente costruito un’opinione pubblica (se così si può chiamare) abituata ad applaudire gli slogan senza prendersi il disturbo di ragionarci sopra. Abituata ad applaudirli oppure a fischiarli. Già, perché che altro è la tentazione di cooptare Fini nello schieramento antiberlusconiano se non un modo di sfuggire alle questioni da lui poste per rifugiarsi nel comodo schema “il nemico del mio nemico è mio amico”?
Ma è una tentazione da respingere, perché il presidente della Camera non corrisponde a questo identikit. Fini vorrebbe, e il condizionale è d’obbligo visto il cannoneggiamento a cui è sottoposto, costruire una destra moderna ed europea. Una destra civile e civica. Una destra che condivida con le altre forze politiche lo stesso alfabeto democratico e così renda possibile il confronto sulle riforme e sul futuro del paese.
Una destra così fa impazzire Berlusconi, perché sarebbe fatta di teste e non di masse adoranti, perché lo costringerebbe a fare i conti con la legalità costituzionale, perché gli impedirebbe di nascondersi dietro gli slogan.
C’è da augurarsi che non faccia impazzire anche il popolo di centro sinistra, oggi tentato di innamorarsi del presidente della Camera senza pensare al rischio di uscirne col cuore a pezzi. Già, perché con la pressione a cui è sottoposta nessuno può prevedere che fine farà la minoranza finiana: c’è anche la possibilità che, messa alle strette, si accontenti di un buffetto del Cavaliere per rientrare nei ranghi.
Eppure Fini va sostenuto, e il modo migliore per farlo è proprio quello di riconoscere il suo tentativo per quello che è: uno sforzo di normalità, il sogno di ridare a tutte le opinioni politiche e civili uguale diritto di cittadinanza. Opinioni diverse, che potranno confrontarsi, e dividersi senza tragedie, solo se tutti parleranno la stessa lingua. Obiettivo banale? Se si guarda a come è ridotta la politica italiana, e sulla sua scia l’intero paese, si capisce che è dimostrato l’assunto iniziale: ormai la normalità è rivoluzionaria.
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