Passano le elezioni, ma l’illiberalità e le sopraffazioni rimangono. In campagna elettorale, Berlusconi ha occupato per intero la piazza mediatica. Chiuse le urne, si poteva sperare in un graduale ritorno a una relativa normalità? Assolutamente no. La voglia autoritaria è la regola, non l’eccezione. E, allora, ecco la “destituzione” di tre conduttori al Tg1, progressivamente trasformato in megafono politico del presidente del Consiglio. La spiegazione ufficiale è bella e pronta: il cambio della guardia è dettato dalla necessità di portare sul video “volti nuovi”, di dare “un segnale di cambiamento”. Una favoletta buona per i creduloni, visto che i tre giornalisti “oscurati” appartengono al gruppo di redattori che si rifiutò di firmare un documento di solidarietà al direttore, quando fu investito dalle polemiche per il modo in cui trattò il caso Mills, l’avvocato inglese coimputato di corruzione assieme a Berlusconi. Guarda il caso, i tre che si preparano a prendere il loro posto hanno tutti scrupolosamente firmato la lettera a favore di Minzolini.
Siamo al tocco finale di una vicenda vergognosa. A questo punto, vogliamo essere sinceri, ed evitare le ipocrisie. In linea generale, non si può negare la natura genericamente filogovernativa della nostra televisione, quale che sia la maggioranza, di centrodestra o di centrosinistra. Ma col ritorno di Berlusconi a Palazzo Chigi ogni limite è stato superato, ogni regola è stata stravolta. Oggi assistiamo a una mutazione genetica del principale telegiornale pubblico.
Il processo si è fatto irreversibile perché non esistono più le notizie, ma solo quella versione delle notizie che corrisponde meglio agli interessi del premier. Non ci si preoccupa nemmeno di salvare le forme, che nell’informazione sono, talvolta, anche sostanza. Si va avanti a testa bassa, raccontando una realtà grottesca e improbabile, che vede lui, il Cavaliere, sempre forte e operoso, in un paese in cui i magistrati e i comunisti complottano contro il governo. Nasce quasi un sentimento di nostalgia al ricordo del morbido cinismo della Dc Dorotea. I cortigiani di Berlusconi si compiacciono oggi della loro forza. E poco conta che gli ascolti precipitino. L’intelligenza critica e il dissenso non hanno più spazio, il giornalismo, nel servizio pubblico, rischia di essere completamente smidollato. Vale la parola del Capo, e i soldati eseguono. In redazioni sempre più trasformate in caserme.
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