Corte dei Conti: “La corruzione è una tassa occulta da 60 miliardi”

25 Giugno 2009

La Corte dei Conti lancia l’allarme: “La corruzione è una tassa immorale che pesa 6o miliardi all’anno e che frena lo sviluppo del Paese”. Lo rileva il Procuratore generale presso la Corte dei Conti, Furio Pasqualucci, nella sua requisitoria sul Rendiconto generale dello Stato. La fotografia della salute economica del paese è in bianco e nero e somiglia più ad una radiografia. “Gli indici relativi all’esercizio 2008 hanno purtroppo disatteso” l’auspicio della “prosecuzione di un percorso virtuoso a riduzione del debito e deluso l’aspettativa di un miglioramento dei conti pubblici”. A pesare, la rapidità con cui la crisi finanziaria si è trasferita sull’economia reale.
L’allarme più alto resta quello per la corruzione nelle pubbliche amministrazioni. Un fenomeno “talmente rilevante da far più che ragionevolmente temere che il suo impatto sociale possa incidere sullo sviluppo economico del Paese per 50/60 miliardi di euro all’anno”. Una “tassa immorale e occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini”. Secondo la Corte, “altre e maggiori conseguenze vengono prodotte dalla corruzione serpeggiante nella P.a. sul piano della sua immagine, della moralità e della fiducia che costituiscono un ulteriore costo non monetizzabile per la collettività, che rischia di ostacolare (soprattutto in Italia meridionale) gli investimenti esteri , di distruggere la fiducia nelle istituzioni e di togliere la speranza nel futuro alle generazioni di giovani, di cittadini e di imprese”.

Ma la repressione, da sola, non basta. Bisogna intervenire sul piano organizzativo “agendo sui comportamenti, sulle procedure, sulla trasparenza dell’attività amministrativa al fine di prevenire e/o limitare la probabilità che si realizzino gli eventi corruttivi descritti”. Quanto al debito, il giudice contabile segnala che “il Pil ha registrato una flessione dell’1%; l’indebitamento netto è salito a 42,9 miliardi pari al 2,7% del Pil, l’avanzo primario è sceso al 2,4% e il debito pubblico ha raggiunto la cifra di 1663,65 miliardi, pari al 105,8% del Pil”. Pasqualucci ricorda come “la crisi economica, e la conseguente flessione del reddito, oltre ad alcuni sgravi fiscali hanno rallentato la crescita delle entrate fiscali (+1% è la variazione rispetto al totale delle entrate 2007), la pressione fiscale è calata al 42,8%, in diminuzione di tre decimi di punto” rispetto al 2007. Si tratta di dati che, avverte Pasqualucci, “vanno inquadrati in uno scenario mondiale che è stato attraversato da una grave crisi finanziaria i cui effetti si sono rapidamente trasmessi all’economia reale”.

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