“Conosco le perplessità del professor Onida. Le condivido. Se l’iter dell’emendamento sui contributi pubblici alle fondazioni politico-culturali proseguirà, occorrerà apportare una serie di correzioni molto significative”. E’ più che un ripensamento quello di Marco Boato, relatore della norma che permette ai partiti di costituire fondazioni per “accogliere eredità e finanziamenti privati”, ma anche “attività patrimoniali” degli stessi partiti e soprattutto “contributi pubblici per il finanziamento di programmi culturali e di formazione”.“Ho chiesto al presidente della commissione Luciano Violante di prorogare i termini per la presentazione dei sub-emendamenti. L’emendamento quindi non è più all’ordine del giorno, per il momento”. Boato va oltre: “Mi riservo di verificare le condizioni politiche e giuridiche per approntare un testo adeguato. Le alternative non sono molte: o io ritiro il testo, o si passa a una nuova proposta di legge con tanto di iter parlamentare. O, caso estremo e polemico che non vorrei neppure prendere in considerazione, mi dimetto da relatore”.Una posizione scomoda quella del parlamentare dei Verdi. “Mi sono trovato ad essere relatore di quell’emendamento perché sono relatore della proposta di legge presentata a settembre, per risolvere un problema legato a due liste della Val d’Aosta.
Non hanno presentato nei termini di legge la domanda per ottenere i rimborsi elettorali. Ed ecco la proposta di legge per riaprire i termini. L’emendamento sulle fondazioni dovrebbe essere inserito in questo disegno di legge, dunque il presentatore non posso che essere io stesso o il governo”. Il 17 gennaio, giorno in cui se ne discute in Commissione affari costituzionali, il testo pare condiviso da tutte le forze politiche. “Ho chiesto comunque che vi fosse il tempo necessario per gli emendamenti, richiesta che il presidente della commissione, Violante, ha accordato”. Non un gioco a nascondino o a rimpiattino, come hanno detto in molti, “una discussione aperta, alla luce del sole”, assicura l’ex leader di Lotta continua che respinge le accuse di “sotterfugi e colpi di mano”. “Questa materia – spiega – si può affrontare solo se c’è una grande convergenza ma occorrono poi trasparenza politica e correttezza tecnico-giuridica”. E’ per questo, insiste, che ha affidato al servizio studi della Camera una relazione poi consegnata ai tesorieri di partito. L’argomento fondazioni è stato al centro della cena di compleanno di Ugo Sposetti, il tesoriere Ds autore del testo dell’emendamento insieme all’ex ministro Giulio Tremonti. “Ero stato invitato a quella serata, ma ho declinato – spiega Boato – A Sposetti ho mandato gli auguri e un piccolo regalo; non potevo partecipare, non mi pareva il caso”.L’emendamento prevede anche che le fondazioni possano utilizzare personale in aspettativa da aziende private e dipendenti, sempre in aspettativa, “di ruolo e non di ruolo dell’amministrazione statale, di enti pubblici e società con capitale interamente o parzialmente pubblico”.
Statali, dunque, ma anche dipendenti delle Poste, per esempio o dell’Enel. E il tempo passato alle fondazioni potrà servire “ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e assistenza”. I tecnici di Montecitorio hanno fatto presente, tra l’altro, che le norme in vigore per i dipendenti pubblici prevedono un’aspettativa non più lunga di cinque anni e non computabile a carico dello Stato per la pensione.Resta poi da sciogliere il nodo del presidente della Camera. La terza carica dello Stato, secondo l’emendamento, dovrebbe essere il garante della trasparenza. “Una chiamata in causa diretta – spiega ancora Boato – per la quale occorre che ci sia la disponibilità. Per questo prima di ricominciare a discutere, dovremo anche sentire Fausto Bertinotti”.
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