Pd, se a volerlo sono i cittadini

13 Settembre 2006

In questi mesi d’estate abbiamo potuto leggere di tutto sul partito democratico. E dobbiamo constatare che sui giornali, tra i commentatori orgogliosamente senza tessera, prevalevano gli scettici e i detrattori. Chi diceva: si fa, ma tra qualche anno. Qualcun altro assicurava: non si può fare, perchè i contraenti sono agli antipodi su “certi valori”. E ancora: si potrebbe fare, ma ci sono quelli della sinistra interna ai Ds che si oppongono. Eppoi , difficile convincere i “popolari” della Margherita che vogliono morire, se non proprio democristiani, almeno in un modo che gli assomigli. Bricolage. La verità è che il partito democratico si farà. E questo, non tanto perchè è scritto da qualche parte in qualche preziosa relazione ( che stando alla realtà, non potrebbe essere nè sociologica, nè politologica) circolata segretamente tra i leader delle forze politiche interessate, con la sua conclusione “scientifica”. Il partito democratico si farà perchè lo hanno deciso i cittadini italiani. Quei cittadini, naturalmente, che si riconoscono nei princìpi di libertà , ma anche di eguaglianza, di solidarietà, ma anche di sviluppo e di allargamento delle opportunità, di rispetto della vita, ma anche di tutela civile e morale delle persone. Tra quei cittadini ci sono sicuramente tanti elettori dei partiti maggiori dell’attuale governo, Ds e Margherita. Ma ve ne sono tanti altri, che fino ad oggi hanno votato Sdi, Italia dei valori, Verdi, Comunisti italiani, e perchè nò?, anche Udc, che non avrebbero problemi di identità di fronte a una nuova e grande forza politica che si presenti con gli stessi princìpi che rappresentano dal 1948 la forma e la sostanza della Repubblica italiana.

Se socialisti orgogliosi di esserlo come Giuliano Amato sono pronti a confondersi con coloro che non considerano concorrenti tra loro i principi di libertà e eguaglianza, come non credere che questo possa essere lo stesso pensiero di tanti cattolici, di tanti liberali, di tanti elettori di sinistra del nostro paese, magari pronti da tanto tempo a riconoscersi in una causa comune che valga la pena di essere sostenuta? Possiamo crederlo. Touraine, per esempio, osserva molto concretamente che l’opinione pubblica italiana (un soggetto di cui tener sempre più conto) è in sintonia con il governo di centrosinistra proprio per il suo progetto di limitazione degli aspetti deteriori del “sistema neoliberista”,e per la sua volontà programmatica di difendere meglio e di più “la popolazione non privilegiata”. Ma non basta. Ci sono aspetti che dal socialismo riformista (lo ricorda Giddens) discendono in linea diretta al centrosinistra di oggi proprio “in termini di valori, più che politici”, rivendicando “un nuovo ecumenismo di sinistra in cui fondere idee e identità diverse”. Ma non basta. Ci sono altre linee dirette che hanno lasciato tracce indelebili nella storia del paese. Le conosciamo. Le abbiamo accompagnate nel trasformarsi o dissolversi delle loro forme politiche (la DC, il PCI) salvandone la qualità dell’ispirazione sociale e della responsabilità istituzionale.E’ in questo groviglio di idee e di linee che risiede la forza (la meraviglia, direbbe Prodi) del progetto unitario, la cui realizzazione lega insieme valori condivisi, programmi politici innovativi, aspirazioni di modernità e di progresso, dinamiche europeistiche.

E’ chiaro che l’esperimento “italiano” del partito democratico, oggi inconfutabilmente patrocinato da Rutelli e Fassino ( e questo non è un sintomo da poco) richiede un punto di riferimento soprattutto in Europa. Non è il solo Lloyd che prefigura un PSE che si apra e si trasformi da forza fieramente socialista a forza democratica che si muove “nella prospettiva della solidarietà popolare e dell’internazionalizzazione della libertà”. Un’opportunità su cui riflettere, dice Fassino.E dunque, intelligentemente, si rifletta.

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