Partito Democratico: una grande idea, una straordinaria occasione di rinnovamento della politica. Libertà e Giustizia da anni, da quando è stata fondata, ha sempre lavorato per questo fine. I soci e i circoli in tutta Italia discutono e organizzano. Con questa mission nel mese di maggio sono stati rieletti gli organismi dirigenti. Su questo tema il 14 giugno scorso, in piena campagna referendaria, abbiamo svolto un primo dibattito pubblico a Roma.
Ma la discussione che si sta sviluppando attorno ad esso in questi giorni, e non soltanto a causa di evidenti difficoltà interne dei Democratici di Sinistra, ci sembra fonte di forte preoccupazione. SI TRATTA DI UN PROGETTO TROPPO IMPORTANTE, ESSENZIALE ALLA CRESCITA DELLA DEMOCRAZIA ITALIANA COSI’ PROFONDAMENTE FERITA DA UNA CRISI CHE DURA DA PIU’ DI VENTI ANNI, CULMINATA NEL ROVINOSO GOVERNO DI BERLUSCONI, perché possiamo consentirci il lusso di metterlo a rischio. Per questo motivo LeG lancia un appello a tutti i protagonisti del dibattito in corso a dosare bene le parole e le dichiarazioni, a riflettere sulla gravità delle conseguenze di certe prese di posizione e sulle difficoltà del tragitto da intraprendere.
Temiamo infatti fortemente che andando avanti di questo passo vi sia il rischio di sfasciare non soltanto l’unico grande progetto politico di centro sinistra ma anche la tenuta del governo Prodi, con un Berlusconi che, nonostante la evidente crisi della Casa della Libertà, è proprio dietro l’angolo, in attesa di dimostrare che Prodi non ce la fa.
Il nocciolo della questione, a nostro avviso, è quello della necessità di FAR COINCIDERE IL COINVOLGIMENTO DEI CITTADINI CON IL CONVINCIMENTO DEI PARTITI.
Non c’è possibilità di nascita del Partito Democratico al di fuori di questo incontro.
Solo una fusione fra gli ideali e i tempi della politica e della società può dar vita a quel nuovo soggetto politico che rappresenti una grande prospettiva di valori e di sviluppo del nostro Paese. E di questa necessità si sono resi perfettamente conto quei sindaci di città grandi e piccole, quei presidenti di regioni che stanno interpretando il loro fare politica come un lavoro a contatto continuo con la gente e raccolgono consensi ben oltre le appartenenze di partito.
Fuori da questo incontro di ideali e di tempi ci sono:
1) la nascita di un soggetto con il metodo della “fusione fredda”, cioè il secco sommarsi di Margherita e Ds (solo in parte), più qualche sparuto e interessato compagno di strada.
2) La nascita di un nuovo partito che solo frettolosamente potrebbe chiamarsi “il partito di Prodi” che Prodi molto probabilmente sarebbe il primo a disconoscere, che lo indebolirebbe esponendolo come soggetto attivo nelle lotte fra i partiti, e con lui il governo, ma soprattutto ridimensionerebbe il grande disegno di unificazione democratica.
Queste prospettive vanno evitate. I due grandi partiti dell’alleanza hanno finora compiuto l’errore di non spiegare alla base il loro disegno, né di dire chiaramente i motivi dei continui stop and go cui lo hanno sottoposto. Esso è temuto da molti come il tentativo di appropriarsi di ogni spazio di potere interno. Ad esso soprattutto a sinistra ci si oppone minacciando una scissione che certo non sarebbe un buon segnale per nessuno.
C’è inoltre da risolvere il problema concreto della presenza in Europa: i Ds non vogliono o non possono abbandonare il marchio socialista e la Margherita prende tempo.
Accanto a queste difficoltà, la società civile, diffidente, morde il freno: come dare torto a chi da anni aspetta e spera e generosamente si mobilita ogni volta che sente la chiamata?
Vorremmo ricordare a tutti gli oltre 15 milioni di italiani che hanno votato “no” il 25 e il 26 giugno. Un grande obiettivo, una straordinaria volontà di percorrere insieme (partiti, società, sindacati) il cammino fino al referendum.
Comprendere i reciproci problemi è possibile, quando non ci sia doppiezza e dunque se ne avverta l’autenticità. E’ possibile procedere democraticamente verso il grande Partito democratico.E’ possibile non tagliare le ali a un grandioso progetto.
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