Ecco perché 12 inceneritori sono costosi e inutili

14 Ago 2015

L’Ue in realtà, ci sanziona non perché mancano inceneritori, ma per il mancato rispetto dell’obbligo di pretrattamento del rifiuto che va in discarica. Un esperto smentisce la tesi del ministro Galletti (“senza nuovi impianti non restano che le discariche”): ideologica e fuori dal dibattito scientifico

A ben vedere, sembra proprio che gli inceneritori previsti da un dlgs dello Sblocca Italia, non siano poi tanto necessari.

Nonostante ieri, sul Fatto Quotidiano, il ministro dell ’Ambiente Gian Luca Galletti abbia citato la necessità di evitare procedure di infrazione Ue e di offrire un’alternativa alle discariche, si può fare a meno di bruciare i rifiuti. Per tanti motivi.

Bruciare non è necessario – Non per evitare le sanzioni. L’Ue in realtà, ci sanziona non perché mancano inceneritori, ma per il mancato rispetto dell’obbligo di pretrattamento del rifiuto che va in discarica. “Il Decreto proposto – spiega Enzo Favoino, ricercatore della Scuola agraria del Parco di Monza ed esperto che lavora con le istituzioni europee e diversi governi nazionali nella definizione delle strategie di settore – considera invece l’incenerimento come necessario”. Ma è solo uno dei pretrattamenti possibili, quello con i tempi più lunghi di realizzazione e il più esigente in termini di risorse finanziarie, quattro volte superiori rispetto agli impianti di trattamento a freddo. Costa tanto e richiede garanzie per il ritorno degli investimenti. “Se vengono meno, c’è un rischio finanziario per i costruttori privati. Così, per sfamare gli inceneritori, le amministrazioni pubbliche devono rallentare i programmi di espansione della raccolta differenziata oppure incorrere in penali nei casi di contratti ‘vuoto per pieno’, spesso adottati a garanzia, che costringono a conferire all’incenerimento tonnellaggi prefissati per garantire il ritorno dell’investimento iniziale”.

I termovalorizzatori non sono l’unica alternativa Ci sono gli impianti di trattamento a freddo, con recupero di materia dal rifiuto. Si combinano sistemi di selezione e stabilizzazione biologica: “Questo consente in seguito di convertire i rifiuti: trattare l’organico pulito per farne compost e i materiali provenienti dalla raccolta differenziata per valorizzarli sul mercato delle materie di recupero. E consente, poi, quella flessibilità che permette la crescita progressiva della differenziata”, dice Favoino. Ma la precondizione è una buona raccolta dell’organico, in grado di rendere il rifiuto residuo meno ‘sporco’ e più lavorabile: “In Italia questa condizione c’è e va diffusa dovunque. I modelli di raccolta dell’organico italiani sono i più efficienti, tanto da essere stati esportati in vari altri Paesi”.

Non è vero che bruciare alla fine riduce le discariche La critica mossa ai sistemi di smaltimento alternativo è di non riuscire ad evitare la discarica, ma anche l’incenerimento ha bisogno di discariche. Spiega Favoino: “Anzi, due tipologie di discarica: per le ceneri volanti e per le scorie. Ci sono invece distretti in cui il rifiuto che arriva in discarica è minimo grazie al lavoro a monte”. Come si fa? “Con l’ottimizzazione continua della raccolta differenziata, i programmi di riduzione di produzione dei rifiuti, l’introduzione dei sistemi di tariffazione puntuale”. Ma questo richiede appunto quella flessibilità che viene messa a rischio dalla presenza di inceneritori sul territorio.

La Ue non finanzierà più discariche e incenerimento “È facile prevedere una forte stretta nella concessione di finanziamenti a inceneritori e discariche, a cui finora è andata gran parte dei fondi strutturali. Un’opzione già valutata da Europarlamento e Commissione”, commenta Favoino. L’idea è che tali finanziamenti comportino un sovvertimento delle priorità nella gestione dei rifiuti. Non solo: “C’è anche il parallelo restringimento dei sussidi alla produzione energetica da incenerimento. La conseguenza è un aumento delle tariffe per i conferimenti dei rifiuti agli inceneritori”.

In alcune parti d’Europa si brucia più che in Italia “È vero, ma ora c’è una ampia riflessione: ad esempio la Danimarca, che può essere considerata un modello per le politiche di sostenibilità nei trasporti e nella produzione energetica, non lo è nella gestione dei rifiuti visto il ricorso all’incenerimento. Questo le ha creato difficoltà a rispettare gli attuali obiettivi Ue di raccolta differenziata, a maggior ragione quelli (più elevati) in corso di definizione”. Anche per questo, il governo danese ha adottato una strategia nazionale chiamata “incenerire di meno, riciclare di più”, per riallineare il Paese alle indicazioni provenienti dal dibattito in Ue e dal quadro geopolitico: “Ecco – conclude Favoino – è paradossale che mentre altrove si programma una progressiva exit strategy per riallinearsi al tema della ‘Economia Circolare’, in Italia si pensi a realizzare altri inceneritori anziché esportare modelli virtuosi di raccolta differenziata già ampiamente diffusi sul territorio, che in tanti distretti “Rifiuti Zero” hanno portato ai record mondiali di minimizzazione del ricorso alla discarica, senza incenerimento.

Il Fatto Quotidiano, 14 Agosto 2015

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