Il premier punta sul piano Fmi che prevede la condizione della “ristrutturazione”

06 Lug 2015

Il vero nodo è la ristrutturazione del debito. Se Tsipras otterrà su questo fronte anche un minimo scalpo, dovrebbe riuscire facilmente a far passare in Parlamento il compromesso. Difficile che la sinistra radicale di Syriza si metta di traverso. E in ogni caso buona parte dell’opposizione sarebbe pronta a votarlo. Il problema, in quel caso, sarebbe di Merkel.

Tsipras ATENE. Scacco al re. Anzi, trattandosi di Angela Merkel, scacco alla Regina. Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis vincono per ko la prima (difficilissima) partita – quella in casa- per il salvataggio della Grecia. E ora, forti del “Grande No” che avevano chiesto al paese, si preparano a giocare il ritorno. In trasferta, a Bruxelles, dove dovranno strappare in tempi strettissimi – «lo faremo in 48 ore» hanno promesso – il compromesso necessario per sbloccare i finanziamenti dell’ex Troika e dribblare il default. «Oggi abbiamo dimostrato che la democrazia non può essere ricattata – ha detto il premier in un discorso tv in tarda serata – . Il no non è un no all’Europa, ma un mandato più forte per chiudere i negoziati. E siamo pronti a trattare da domani».
Il primo obiettivo del Governo, ha aggiunto, «è riaprire le banche». Varoufakis e il capo- negoziatore Euclid Tsakalotos hanno iniziato a fare pressing diplomatico sulla Bce per alzare i prestiti d’emergenza. «Draghi è conscio dell’emergenza umanitaria», ha detto il premier. La speranza è riaprirle martedì (difficile).La necessità reale è ottenere la liquidità per rifornire i bancomat che da questa sera – quando gli istituti ellenici finiranno le loro scorte di banconote – rischiano di rimanere a secco accelerando la corsa della Grecia verso il caos. «Ci hanno obbligato a chiudere le banche per umiliarci – ha detto un rilassato Varoufakis in maglietta grigia – . Ma abbiamo rispedito al mittente i loro ultimatum».
La road-map dei prossimi giorni ha una sola certezza: la data del punto di non ritorno. «Dobbiamo fare un accordo entro il 20 luglio», ha spiegato Nikos Pappas, braccio destro del presidente del Consiglio, quando Atene è chiamata a rimborsare 3,5 miliardi alla Bce, pena il default. Come e se si arriverà al compromesso è allo stato un libro bianco ancora tutto da scrivere. «Una cosa è certa, non è ammissibile che si riprenda il minuetto con l’ennesima raffica di inutili Eurogruppo – confida uno degli uomini più vicini al premier – .

l tempo non ce lo consente. Dobbiamo discutere subito e ai massimi livelli politici». Tsipras sa che al tavolo dei negoziati non troverà un’accoglienza rose e fiori. Difficile che Christine Lagarde – che lui ha definito “criminale -Mario Draghi – un “terrorista” per Varoufakis – e Wolfgang Schaeuble – ritratto sui manifesti ad Atene come un Dracula succhiasangue – arrivino armati di buone intenzioni. «Noi però abbiamo in mano due nuovi assi – dicono a Syriza – : il plebiscito referendario, difficile da ignorare a livello politico e l’assist dell’Fmi sul debito».   «Questo tema dovrà essere sul tavolo », ha ribadito anche Tsipras. Washington ha detto chiaro e tondo che senza un piano per ri-strutturarlo, la Grecia non uscirà mai dalla crisi e il Fondo si sfilerà dalla Troika. «E visto che per Merkel senza l’Fmi non si va da nessuna parte, è evidente che porteremo a casa un taglio al debito, come chiediamo dal 25 gennaio», è il tam tam euforico degli uomini di Varoufakis.
I sillogismi sono legge nella patria di Aristotele. La realtà però è un’altra cosa e tutti a Megaro Maximou sanno che non sarà una passeggiata. «Il nostro primo obiettivo è tenere il paese unito e calmo in questo passaggio difficilissimo», dice una fonte al ministero degli Interni. La vittoria secca al referendum aiuta a lenire le divisioni degli ultimi giorni. Oggi Tsipras incontrerà i leader dell’opposizione. L’amatissimo sindaco di Salonicco Yannis Boutaris – ex-Pasok e per molti il potenziale leader di un fronte pro-eu- ro di unità nazionale – si è schierato senza se e senza con il premier: «Tutti dobbiamo sostenerlo ora», ha detto. Il leader di Syriza dovrà giocare con grande attenzione le sue carte. Se non ci saranno nuovi corti circuiti negoziali (non si può escludere, visti i caratteri fumantini dei protagonisti da una parte e dall’altra) e se i falchi del nord non decideranno di staccare la spina ad Atene, i margini di un’intesa – pur sottili – ci sono.

L’accordo sulle riforme, in fondo, è stato quasi raggiunto. Balla qualche centinaio di milioni di euro e c’è da limare qualche divergenza sulle pensioni. Ma non sono ostacoli insormontabili, specie alla luce dei rischi potenziali di una Grexit per il resto dell’eurozona. Il vero nodo è la ristrutturazione del debito. Se Tsipras otterrà su questo fronte anche un minimo scalpo, dovrebbe riuscire facilmente a far passare in Parlamento il compromesso. Difficile che la sinistra radicale di Syriza si metta di traverso. E in ogni caso buona parte dell’opposizione sarebbe pronta a votarlo.
Il problema, in quel caso, sarebbe di Merkel. Chiamata ad affrontare le Termopili di un’aula tedesca dove i mal di pancia anti greci – come era evidente dalle prime dichiarazioni di ieri – sono forti anche nel suo partito. E dove lo schiaffo del referendum ha fatto male.
Nessuno ad Atene prende nemmeno in considerazione l’ipotesi di un ritorno alla dracma. «Il no era un no all’austerity, non all’euro e il 70% dei greci vuol rimanere nella moneta unica» ripetono in coro. Lo spera tutta l’Europa. «Da domani tenderemo la mano a Ue, Bce e Fmi» ha detto conciliante Varoufakis.

la Repubblica,   06 Luglio 2015

 

Si vedrà se quei criminali terroristi della Troika vorranno stringerla ancora. Il rischio è passare dal grande Oxi al grande Nein.

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