La Dynasty di Cosenza

04 Mar 2014

Dietro quei modi spicci e quelle conversazioni da padre-padrone, infatti, rischia di emergere ora il “cancro” della Sanità cosentina fatta di spartizioni tra amici, controlli pressoché inesistenti e perfino di rassicuranti relazioni di commissari prefettizi. Un sistema che sembrava intoccabile. Leggi anche “Il governo La Qualunque” di Marco Travaglio.

gentileAVEVANO un bel dire, al bar “Due Palme”, sulla centralissima via degli Alimeni, i fedelissimi del sistema Gentile. «Tonino, il sottosegretario? Non si dimetterà».
ASSICURAVANO alcuni lavoratori dell’Azienda sanitaria finita sotto i riflettori della Procura di Cosenza. E poi: «Che scandalo è una telefonata fatta per trattenere quella pagina?».
Poche ore dopo, la Cosenza che non è abituata alle sconfitte dei fratelli e dei rampolli Gentile è costretta a ricredersi. C’è un’inchiesta bis alla Procura di Cosenza, legata all’affaire Gentile. E c’è, per ora, un indagato eccellente. È Umberto De Rose, il potente imprenditore, già presidente di Confindustria Calabria e a capo anche di Fincalabra, l’uomo per il quale il diritto di cronaca era solo «‘nu pruritu ‘e culo». È lui l’autore della clamorosa telefonata che, nella notte tra il 18 e il 19 febbraio scorso, prova in tutti i modi a imporre il bavaglio a L’Ora della Calabria, attraverso pressioni sull’editore Alfredo Citrigno e sul direttore del giornale Luciano Regolo, per cancellare quel servizio sul coinvolgimento di Andrea Gentile — figlio del ras del Ncd in
Calabria Antonio, ormai sottosegretario per tre giorni — nell’indagine su truffe milionarie, prestazioni inesistenti e incarichi a sei zeri nell’Asp, l’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza. De Rose è stato iscritto da poche ore nel nuovo fascicolo, all’attenzione anche del procuratore capo Dario Granieri, con l’ipotesi di violenza privata, un atto scontato e anche a sua tutela. Il giornale, com’è noto, non uscì quel giorno. E De Rose giustificò la clamorosa coincidenza con un guasto improvviso alle rotative. Ma su quella telefonata dai toni minatori — «Attento che si forma ‘u guverno e si dice che (Tonino Gentile, ndr) diventa sottosegretario » — dovrà rispondere ai magistrati. Era solo l’ultimo diaframma quella conversazione? Era un tentativo di difendere la nomina imminente di Gentile e anche una modalità diffusa di gestione?
Dietro quei modi spicci e quelle conversazioni da padre-padrone, infatti, rischia di emergere ora il “cancro” della Sanità cosentina fatta di spartizioni tra amici, controlli pressoché inesistenti e perfino di rassicuranti relazioni di commissari prefettizi. Un sistema che sembrava intoccabile.
Quaranta milioni drenati dalle casse della Sanità pubblica, solo negli ultimi due anni, per arbitrati,
transazioni e centinaia di consulenze sospette. Una partita di giro in cui non si escludono tangenti “mascherate” per politici e imprenditori. L’ombra di un comitato d’affari, tra politici, funzionari pubblici e professionisti, radicato come sanguisuga nel cuore dell’Azienda sanitaria provinciale, s’affaccia dagli atti dell’inchiesta che travolge — politicamente — la dinasty dei Gentile, e costringe alle dimissioni il più sotterraneo ed abile dei fratelli, Antonio detto Tonino, sottosegretario per soli tre giorni, coordinatore del Ncd e capo di una macchina da guerra elettorale guidata (pur con qualche contrasto familiare) insieme al fratello Pino, potente assessore regionale del cerchio magico del governatore Beppe Scopelliti. È l’istruttoria che macchia la carriera di suo figlio, Andrea, il penalista, rampollo finora in ombra, ma precipitato nell’elenco degli inquisiti del pm Domenico Assumma: con le ipotesi di associazione per delinquere, truffa, abuso e falso ideologico. In particolare Andrea è accusato di avere incassato e aver emesso fatture per 50mila euro, da parte dello studio del super avvocato amico dell’Asp, Nicola Gaetano.
Ma, stando a quanto scrivono gli specialisti della Guardia di Finanza nella loro informativa di 12 mesi fa, il Gentile jr incassa quei soldi senza quasi averne titolo: a fronte di prestazioni che vengono definite dagli inquirenti «generiche, incoerenti, non motivate». Sette incarichi in tutto. Ma c’è molto di più, a scavare nella palude che stanno attraversando gli investigatori, e che ha già prodotto la sospensione del vertice dell’Asp, Gianfranco Scarpelli. All’avvocato delle consulenze sanitarie d’oro, infatti, risulta che solo in due anni sono stati consegnati qualcosa come un milione di euro per vari incarichi.
Denaro pubblico che non è mai ovviamente passato per gare, ma solo attraverso affidamenti diretti. E l’altra sorpresa è che, stando ai primi riscontri della Finanza, quel denaro non sembra più nella disponibilità diretta del superprofessionista. Dove sono finiti, dunque, quei soldi? E perché una parte finora minima di quel tesoretto è andato a Gentile jr? L’avvocato Gaetano, anch’egli coinvolto nell’associazione per delinquere ipotizzata dal pm, ovviamente respinge ogni accusa. Ma restano molte ombre. E soprattutto restano anomalie inquietanti di gestione, specie nel settore delle Asl o delle Asp, nelle aree del sud. Una storia, quella cosentina, che sempre di più somiglia a quella Sanitopoli beneventana che colpì al cuore, solo due mesi fa, un altro esponente del Ncd, l’ex ministro Nunzia De Girolamo. Stessa ipotesi di associazione per delinquere, stesso mercato delle prestazioni. Aperto solo agli amici.

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