La linea della fermezza

SILVIO BERLUSCONIChi ai tempi del sequestro Moro era a favore della linea della fermezza dovrebbe riflettere. Allora, almeno stando alle verità ufficiali, si scelse la tutela delle istituzioni respingendo il ricatto delle BR. Anche se in gioco c’era la vita di Aldo Moro.
Oggi la minaccia è solo politica e non proviene da poteri criminali paragonabili alla Brigate Rosse. E il sacrificio, rifiutando il ricatto, riguarderebbe la vita del governo e possibili ripercussioni sull’economia. Cose importanti ma certo non paragonabili alla vita di un uomo.
E, al punto in cui siamo arrivati, oggi quel che rimane della dignità delle istituzioni va difeso con la stessa fermezza di allora. Cedere, sotto qualsiasi forma e con qualsiasi espediente, al ricatto berlusconiano significherebbe la fine dello stato di diritto e sarebbe un segnale distruttivo all’intera comunità nazionale, ai giovani in particolare, e si dovrebbe dar ragione ai tanti che, nonostante tutto, continuano a considerare Berlusconi un degno leader di questo stato.
Ma il Presidente della Repubblica sembra avere cura soprattutto la sua creatura, le larghe intese, come dimostra anche la nomina di Amato alla Corte Costituzionale.

1 commento

  • Diciamola tutta: la fine del governo delle larghe intese, se non si vuole dare retta alle “sceneggiate emergenziali” ormai diventate la moda del momento anche sui media, sarebbe una benedizione, uno splendido effetto collaterale della decadenza di Berlusconi. Un altro, ancora più meraviglioso, sarebbe la fine di comitati, commissioni, saggi, stolti, nominati e varia umanità volenterosamente impegnata per mandare al macello la nostra Costituzione. All’economia non succederebbe nulla. Cosa sta facendo questo governo per lavoratori, disoccupati, per la gente che la crisi la soffre davvero? La risposta, appunto, è nulla. Auguriamoci quindi con tutta la nostra volontà la decadenza di Berlusconi, la caduta del governo, la fine delle “riforme”. Nel calcio si chiamerebbe “Triplete”.

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