Nella ricorrenza del bicentenario di Dickens, il ministro della Cultura del governo britannico ha regalato a tutti i suoi colleghi, a cominciare dal premier, un’opera dell’immortale creatore di Pickwick; ognuna, nelle sue intenzioni, con qualche riferimento al rispettivo ministero. A Cameron ha donato, con ovvia allusione al momento drammatico e contraddittorio che stanno attraversando il suo Paese e l’Europa, due romanzi, Tempi difficili e Grandi speranze, che peraltro andrebbero bene per tutti i presidenti degli Stati europei. Quale opera di Dickens potremmo regalare al nostro presidente del Consiglio, pur sapendo che certamente ce l’ha nella sua biblioteca? Nonostante la mia passione assoluta per Il circolo Pickwick, non avrei esitazioni, anche e soprattutto pensando al gioco simbolico iniziato dal ministro inglese Jeremy Hunt: David Copperfield. Pure questo capolavoro narra una vita immersa in tempi e condizioni difficili e animata da grandi speranze, termini che fanno più immediatamente pensare ad una situazione politica. Ma l’autentica politica, nel senso più alto, trascende se stessa e la propria specificità professionale; si occupa e preoccupa della Polis, della Città, ossia della vita degli individui, in cui i problemi politici generali — la libertà, l’economia, la sicurezza, la pace, la giustizia — si intrecciano alle vicende personali, alla felicità o infelicità quotidiana, alla possibilità o difficoltà di coltivare interessi e appagare sentimenti e desideri, di formarsi una famiglia, di vivere con più o meno gioia, di leggere, divertirsi, passare serate di festa bevendo qualche buon bicchiere, guardare il mare.
David Copperfield non è un romanzo politico; racconta la storia di un ragazzo, delle sue aspirazioni e delle sue umiliazioni, dei suoi affetti, della sua ingenuità, della sua esigenza di felicità, dei suoi studi e delle sue innocenti e necessarie scappatelle, del suo passaggio — ammirato, stupito, incantato, ora doloroso ora giocoso ma sempre appassionato — quale comparsa pur irripetibile e insostituibile nel «grande spettacolo del mondo», come diceva Epitteto ringraziando Dio per avergli dato il modo di assistervi e parteciparvi.
Una autentica, vera politica si occupa di organizzare una società in cui ragazzi come David Copperfield possano crescere in modo dignitoso e auspicabilmente anche ilare e piacevole. Mi sembra che ad un governo come quello oggi guidato da Mario Monti, nato per cercar di ridare decenza e quel tanto o poco possibile di sicurezza a un Paese che stava perdendo la bussola, possa adattarsi un libro come David Copperfield. Si discute, anche bizantineggiando inutilmente, se questo governo sia politico o no; lo è — non potrebbe non esserlo e sarebbe una catastrofe se non lo fosse — ma lo è in modo diverso dalla tradizionale politica di professione. Perciò gli si addice David Copperfield, romanzo assolutamente non politico né ideologico, ma la cui inesauribile poesia è pervasa dal senso che la vita (l’amore, l’amicizia, l’allegria) è essenzialmente il rapporto con gli altri, il modo in cui si vive con gli altri, in quella concreta esistenza quotidiana, in quella comunanza di destino, in quella Polis di cui la politica è — e dovrebbe essere e sembra si possa ora sperare stia tornando a essere — la scienza e la garanzia.
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