La crisi/ Tra metafore e sottintesi, quel che serve è una direzione

09 Nov 2011

“L’Italia verso l’abisso”, tuonano i commentatori sulla situazione politico-economica del paese. Dare una direzione è la prima cosa da fare per rissanare la crisi più profonda, quella identitaria

Il Tricolore italiano

“L’Italia verso l’abisso”, espressione che mai come in questo periodo echeggia nei discorsi, nelle sale stampa e sui giornali; è nell’aria questo terrore tanto da farsi respirare.

Un abisso che nessuno è in grado di descrivere – comprensibilmente! – perché è proprio di ciascun abisso l’essere profondo ed impenetrabile alla luce.

Noi purtroppo senza luce non possiamo vedere e del buio abbiamo un atavico timore.

Questa locuzione formidabile “l’Italia verso l’abisso”, tuttavia, così come tutte quelle sue declinazioni che risultano da una competizione estetica che vede come concorrenti la gran parte dei commentatori della penisola, è priva di senso.

Un insieme di lettere insignificanti.

Senza significato alcuno, perché l’Italia non esiste se non come espressione geografica, come penisola. Dell’abisso poi, come detto, sappiamo solo che è buio e le cose, una volta inghiottite dal nero, non si vedono più.

Che l’Italia non esista come soggetto deambulante credo che sia dominio della quotidiana esperienza non avendola nessuno, fino ad ora, incontrata per strada, figurarsi poi se una penisola ben ancorata alla crosta terrestre possa finire in un abisso!

Perché allora questo terrore nei confronti di una cosa impossibile?

Se non si vuole procedere a parlare del nulla – occupazione che, talvolta, tanto appaga – , se non si vuole continuare con la risibile immagine di un pezzo di continente ipostatizzato in una figura antropomorfa che procedere verso l’abisso, credo che sia necessario interpretare l’intera espressione come una metafora, così, superato l’iniziale stupore di fronte ad una frase senza senso, incominciare a pensare.

L’Italia come una metafora da disvelare e non come un grosso animale che esiste per leggi di natura, da subire ed accompagnare inerti all’ultimo passo prima del baratro.

Come ogni metafora è fatta per andare oltre. Ed è qui che sta l’origine della crisi, del buio che ci si para di fronte. Non si è andati oltre, per populismo, per conservatorismo, per pigrizia di pensiero o per semplice sterilità umana. Alla parola, alla sintesi metaforica “Italia” non si è voluto dare un contenuto, un senso un valore. Ci siamo persi i principi e i valori. Quella parola che un tempo poteva essere la metafora di una grande promessa di giustizia e libertà si è ridotta ad essere una parola muta e sorda. Un nulla. L’Italia come metafora di una identità etica, di una comunanza spirituale si è dissolta e non esiste più. Una metafora che non sappia portare oltre è soltanto un modo per disorientare chi si ha di fronte.

Prima che finanziaria e di fiducia la grande crisi è identitaria. L’Italia non esiste più, neppure come metafora di qualcosa ed è chiaro che se una cosa non esiste non può avere la fiducia di nessuno, figurarsi di un fondo di investimento. Ma perchè allarmarsi tanto per la scomparsa di una metafora? E’ solamente una parola. Una parola, tuttavia, che sintetizza una direzione, la direzione comune di milioni di uomini i quali senza di essa non sono altro che persone in mezzo ad altre. Un agglomerato di uomini e donne senza fiducia costrette a condursi smarriti tra gli altri e a tremare ad ogni fremito di foglia.

Non sono stati i mercati e la loro insolente rapidità a fiutare la paura e l’incertezza a scavare il precipizio, semplicemente non riescono a fidarsi di un agglomerato di uomini che ha perso il senso del suo camminare unito.

Un gruppo di persone che ha svuotato di senso una metafora, riducendola ad una semplice parola.

Chiunque sarà a dover assumere il compito estremo di condurre questo agglomerato smarrito di uomini dovrà saper dare un senso, una direzione. Non sarà la gazzetta ufficiale ad impedire la nemesi, ma la capacità di inventare metafore e teogonie.

Ogni mattina dava vita ad una nobile occasione

E ogni occasione faceva sorgere un nobile cavaliere”1

1A. Tennyson : Morte d’ Arthur Citato da W. Churchill nel discorso “Combatteremo sulle spiagge” del 4 giugno 1940

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.