I valori non negoziabili: il vero nodo del dialogo

19 Ott 2011

C’era grande attesa per il Forum delle associazioni cattoliche che si è tenuto a Todi. Fino a qualche tempo fa, in effetti, un incontro come quello che si è svolto tra le mura medioevali di un convento della cittadina umbra sarebbe stato impensabile

C’era grande attesa per il Forum delle associazioni cattoliche che si è tenuto a Todi. Fino a qualche tempo fa, in effetti, un incontro come quello che si è svolto tra le mura medioevali di un convento della cittadina umbra sarebbe stato impensabile. Invece, con la benedizione dei piani alti della Chiesa, portata dal cardinale Bagnasco, si è tessuta una rete di presenze senza precedenti, che comprende movimenti con storie diverse e rapporti in passato non privi di tensioni e conflitti: l’Azione cattolica e la Compagnia delle opere, Santo Egidio e la Coldiretti, il Movimento cristiani lavoratori e le Acli, la Cisl e i Focolarini e così seguitando. Tutti insieme hanno avanzato una richiesta, per far fronte a una crisi economica e politica drammatica: la nascita di un nuovo governo, “più forte di quello attuale”, con le forze più rappresentative del Paese. Per la fine dell’anno, la mobilitazione dell’associazionismo cattolico dovrebbe sfociare in una grande manifestazione nazionale.

Certo, il cardinale Bagnasco è rimasto un passo indietro, preoccupandosi di non apparire come il picconatore degli equilibri governativi. E ha esortato i credenti ad essere attivi in ambito “prepolitico”, dizione che francamente rimane alquanto ambigua. Ma è fuori discussione che da Todi è venuta un’intimazione di sfratto al governo, come ha mostra di capire lo stesso Bossi. Dal che si deve dedurre che la fine del berlusconismo è ormai un dato acquisito. Eppure, le gerarchia aveva considerato sempre il centrodestra come l’approdo più coerente per gli elettori cattolici. Malgrado tutto, Berlusconi appariva l’interlocutore più affidabile rispetto a un centrosinistra portatore del “relativismo” e di una “cultura radicale”. E i vantaggi di questo compromesso non sono mancati: dalle concessioni in tema di finanziamenti alle scuole private e di esenzioni fiscali al vasto patrimonio immobiliare della Chiesa fino alla tutela dei cosiddetti “valori non negoziabili”, a cominciare dal biotestamento.

Oggi, lo stesso compromesso non è più proponibile. Ma che cosa può nascere, in termini politici, dal nuovo corso? Le critiche al berlusconismo uniscono. Però, il dibattito sui possibili sbocchi vede posizioni diverse. Agire soltanto sui problemi, costruire una lobby politico-culturale oppure pensare subito a un soggetto politico? La parte più consistente dell’associazionismo cattolico sembra orientata verso questa seconda strada. Per portare avanti questo progetto ha bisogno, però, di alcune condizioni. Anzitutto, che non si voti nel 2012 perché sarebbe troppo presto. Poi, che non si voti con l’attuale legge elettorale, e neppure con il Mattarellum, ma con un sistema che consenta di superare il bipolarismo, considerato, nella forma in cui si è configurato, una delle ragioni della diaspora cattolica. A questo punto, sorge l’ultima domanda, la più impegnativa, una volta che si sia rifiutata l’ipotesi di farsi arruolare da una centrodestra senza Berlusconi: è realistico lavorare alla nascita di una nuova “balena bianca”, sul modello, sia pure rivisitato, della vecchia Dc oppure il progetto di scompaginamento e successiva ricomposizione degli schieramenti può fiorire su un terreno che gia si conosce, come quello offerto dal Terzo polo di Casini?

Ormai, la Chiesa, sembra essersi lasciato alle spalle il “metodo Ruini”. Non vuole intervenire direttamente nell’agone politico. Spera che una nuova generazione di cattolici si affacci sulla vita pubblica, trovando la possibilità di incidere sulle varie scelte. Ma non è che, per questo, la sua presa si sia allentata. Le parole del Cardinale Bagnasco, a Todi, riaffermano comunque come punto di riferimento imprescindibile i “valori non negoziabili”, coincidenti con la tematica della “vita”, della “famiglia naturale” e dei problemi bioetici, quali sono intesi dalla cultura ufficiale della Chiesa. E’ qui che emerge il punto dolente per governo e partiti. Non meraviglia il cinismo con cui Berlusconi si è aggrappato a questi argomenti, cercando di presentarsi come il più cristiano dei leader politici. Si vorrebbe, piuttosto, il massimo di chiarezza nel dibattito che a sinistra, e soprattutto nel Pd, è destinato ad aprirsi.

Risiede qui il nodo centrale se si pensa di rianimare il dialogo tra cultura laica e cultura cattolica. Non si tratta di negare la rilevanza pubblica della religione. Ma nessuno può sfuggire ai principi di ogni democrazia liberale. Per cui, il discorso politico, soprattutto quando porta alla deliberazione legislativa, deve rimanere rigorosamente laico. In una parola, non può trasmettere valori religiosi. Su questo i cattolici dovrebbero riflettere, al di là degli scenari fin qui indicati, se vogliono riacquistare il ruolo che spetta loro come significativa forza culturale e sociale. Altrimenti, il proclamato pluralismo resterebbe un espediente. E mancherebbe la capacità di gestire una vera etica pubblica.

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