Quando il non voto era sanzionato

In queste ultime ore prima dell’apertura dei seggi stiamo davvero precipitando nel paradosso: ormai sembra quasi che sia un dovere “non” andare a votare. O almeno, coloro che hanno deciso di astenersi domenica e lunedì, rivendicano con orgoglio il diritto a non presentarsi al seggio. D’accordo, è una scelta possibile ed è legittimo farla. Così sostengono anche molti esponenti della maggioranza, a cominciare dal presidente Berlusconi. Ma non è bello, né edificante, che l’invito a disertare le urne venga da alti rappresentanti istituzionali. E la volontà del popolo contenuta nella scheda (faro perenne del populista Cavaliere) non conta più? E la mitica “gabina” elettorale, esaltata da Bossi in altri momenti, dov’è finita? Stavolta conoscere la volontà del popolo nei referendum è “inutile” (ipse dixit).

Tutto ciò premesso, ci corre l’obbligo di ricordare alcuni dati e concetti di base costituzionali. Anzitutto ha proprio ragione il Capo dello Stato Napolitano, il quale non parla per caso, neppure quando si esprime al di fuori dei comunicati ufficiali. Lunedì scorso il presidente ha detto: “Io sono un elettore che fa sempre il suo dovere”, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se intendeva recarsi alle urne per i referendum.
Napolitano si mostra così assolutamente rispettoso dell’articolo 48 della Costituzione (che anche LeG richiama nella home page in questi giorni): “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è un dovere civico”. E non è neppure la prima volta che Napolitano si esprime così. Esattamente l’8 giugno 2005, a pochi giorni dal referendum sulle norme per la procreazione assistita, Napolitano (non ancora eletto al Quirinale) dichiarò che certamente sarebbe andato a votare, in una intervista a radio Radicale (autore Alessio Falconio).

La pensa così anche il presidente della Camera, Fini: ” Vado a votare, perché il referendum è una forma di partecipazione del cittadino. Può stare a casa, è un suo diritto, ma in questo modo si incentiva l’assenza di partecipazione. Puntare sul fallimento del quorum sarà anche legittimo, ma è politicamente sbagliato”.
Naturalmente, il premier Berlusconi non può che pensarla in modo opposto a Napolitano (e a Fini). Infatti ha detto: ” Non mi recherò a votare. E’ un diritto dei cittadini decidere se votare o meno per il referendum”. E il ministro del Lavoro, Sacconi: “Non votare è un diritto costituzionale”. Addirittura.

Non è proprio così. Astenersi è certo una facoltà. Ma si può anche deporre nell’urna scheda bianca (se non ci si vuole esprimere nel merito), adempiendo così al dovere di votare. Inoltre, l’articolo 48 sta nella prima parte della Costituzione (Titolo IV, rapporti politici), cioè ha un valore generale, per i voti dati dagli elettori in qualsivoglia consultazione. Non è legato solo alla parte seconda (il Parlamento, elezione della Camera, articolo 56). E l’articolo 75 afferma che “hanno diritto” a partecipare ai referendum i cittadini chiamati ad eleggere la Camera; si prevede il quorum della maggioranza, ma non si dice affatto che non votare è riconosciuto come un diritto costituzionale, pur essendo una scelta legittima. Quindi votare è “un dovere civico”. Vorrei aggiungere che durante il dibattito alla Costituente (erano altri tempi, luglio 1946, con altri statisti!), non passò – perché non si volle essere troppo esigenti e vincolanti – una versione del secondo comma dell’art. 48 che così diceva: il voto è “un dovere civico e morale”. Si pensò che, dato che si intendeva sanzionare nella legge elettorale gli elettori non votanti, non era opportuno censurare un atto che investiva una qualità morale del cittadino. Scrupoli costituzionali che oggi sarebbero davvero impensabili!
In ogni caso, poiché il sottoscritto è davvero un ‘parruccone’, ricorda bene una vecchia sentenza della Corte costituzionale presieduta da Aldo Sandulli (n.96, 2 luglio 1968): nelle considerazioni in diritto, al punto 3, si legge che “in materia di elettorato attivo, l’articolo 48, secondo comma, della Costituzione ha, poi, carattere universale ed i princìpi, con esso enunciati, vanno osservati in ogni caso in cui il relativo diritto debba essere esercitato”. Sembra abbastanza chiaro, anche per il nostro premier.

Infine ricordo che in altri tempi i cittadini non votanti per le elezioni delle Camere, venivano sanzionati (dpr n.361 del 30 marzo 1957). Le consultazioni referendarie erano ancora lontane. Articolo 4: ” L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese”. Ma c’era ben di più all’articolo 115: “L’elettore che non abbia esercitato il
diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco (….) L’elenco di coloro che si astengono dal voto (…)senza giustificato motivo è esposto per la durata di un mese nell’albo comunale (…) Per il periodo di cinque anni la menzione ‘non ha votato’ è iscritta nei certificati di buona condotta (…)”. Naturalmente sappiamo tutti benissimo che la sanzione per coloro che non vanno a votare non è più in vigore. La norma è stata abrogata nel 1993. Non esiste più la sanzione, tuttavia il “dovere civico” previsto dall’articolo 48 rimane (proprio nei termini chiariti dalla Consulta e dalle parole inequivocabili di Napolitano). Quindi, buon voto a tutti.

10 commenti

  • sembra di essere tornati alle elezioni degli anni 20/30 quando mussolini organizzava squadre di punizione per coloro che votavano contro il fascismo…..

    LA STORIA INSEGNA MA SI FANNO SEMPRE GLI STESSI ERRORI!

  • Signora Francesca non ho ben capito…siamo tornati al 20/30 c0n il fascismo ?
    Lei mi scusi vive in Italia , legge i giornali , scrive e parla liberamente, vota pure e qualche volta vince altre no : non le basta come dimostrazione di democrazia ?
    In 17 anni di dittatura abbiamo avuto 7 anni governati dal centro sinistra e se hanno fatto poco o nulla di chi è la colpa ? di B e dei suoi servi ?
    Suvvia un po’ di buon senso e soprattutto un rispetto per l’elettore – cittadino che può anche votare come a noi personalmente non piace : è possibile ? Democraticamente dico di Si e quindi cerchiamo che i ” nostri ” vincano con proposte serie e concrete non con slogan e invettive inutili. Grazie LC

  • Il problema caro Palladino sono le scollature,l’assenza di chiarezza di idee ed i comportamenti defilati nelle materie dei referendum,ma non soltanto in queste,manifestati da non pochi uomini e donne del PD,come di qualche probabile suo alleato futuro,investiti di cariche o responsabilità rappresentantive di partito a livello locale e nazionale.

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    FINI: “PUO’ STARE A CASA, É UN SUO DIRITTO”. PALLADINO: “ASTENERSI É CERTO UNA FACOLTÀ”.
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    Signor Palladino,

    a me sembra che Lei abbia mancato il punto focale della questione in discussione: la relazione tra “diritto” e “dovere”. Purtroppo ai nostri tempi – nel contesto della Civiltà Occidentale di cui noi Italiani siamo espressione aberrante – il concetto di “diritto” é cosi’ chirurgicamente rimosso da quello del “dovere” che tutti – io e Lei inesorabilmente compresi – ci ritroviamo a vivere in un mondo cosi’ disconnesso dalla realtà da essere pericolosamente sulla soglia del delirio.

    Diritto e dovere costituiscono una unità inscindibile, in cui il “dovere” ha la funzione di garante del “diritto”. Ovverosia – detto in termini più rasoterra – il “dovere” é il PREZZO che il Cittadino PAGA per l’ottenimento del “diritto”. A porci fuori dalla dinamica di questa relazione – come purtroppo avviene oggigiorno in Italia e nel Mondo – equivale a porci fuori dalla REALTÀ.

    Quando la nostra Costituzione recita che “l’esercizio del voto é dovere civico”, afferma, di fatto, l’obbligatorietà del pagamento del prezzo che “l’esercizio di voto” comporta. E attenzione…..questo pagamento lo richiede specificamente in anticipo: bisogna, infatti, che il Cittadino si rechi personalmente alle urne, ottenga la scheda elettorale e su di essa – con un ultimo atto di fisicità – eserciti il suo diritto di voto marcando con la matita un determinato simbolo.

    Il “restarsene a casa” NON é affatto “un diritto del Cittadino” – come erroneamente affermato dall’Onorevole Fini – né l’ “astenersi é una facoltà” del Cittadino – come, ancora erroneamente, affermato da Lei – ma sono entrambi inequivocabili “mancati pagamenti”. E, come in ogni caso di mancato pagamento, dovrebbe seguire – a rigore di Legge – il legittimo recupero di quanto non pagato, nella fattispecie, il ritiro del “diritto di voto”.

    E c’é ancora un aspetto estremamente inquietante da Lei mancato: nel contesto specifico del referendum, il Cittadino che se ne sta a casa – non solo si rende colpevole di mancato pagamento – ma, di fatto, si rende ANCHE colpevole di “sabotare” il referendum garantito dalla Costituzione. Questo del sabotaggio é un gravissimo atto criminale che – a prescindere da ogni sua possibile implicazionne penale – trova la sua naturale sede di giudizio nello stesso articolo 48 della Carta ove recita che ” il diritto di voto non puo’ essere limitato “SE NON” per : – 1. Incapacità civile; – 2. Effetto di sentenza penale irrevocabile; – 3. Nei casi di indegnità morale indicati dalla Legge”.

    Ad avere quella COSCIENZA CIVICA che noi Italiani non abbiamo mai avuto, ci sarebbe davvero l’imbarazzo della scelta su quale padella friggere l’atto criminale del sabotaggio. Ma siamo, ahnoi!, un Popolo allegro nella nostra INCOSCIENZA infantile. Un Popolo incosciente della sua incoscienza. Un Popolo disperatamente bisognoso di soccorso COSCIENTE.

    Molto cordialmente,

    jb Mirabile-caruso.

  • non mi sta simpatico Fini, ma condivido.
    Io penso che il voto è un diritto-dovere quando le elezioni sono indette per eleggere le varie rappresentanze, ma nel caso dei referendum è un diritto che si è conquistato, un diritto alla democrazia diretta, acquisito con la raccolta delle firme (500.000 mi sembrano pochine, da paese con bassissimi tassi di scolarità e informazione).
    Un diritto a dissentire rispetto a questioni che devono essere cruciali (quindi da usare con parsimonia a tutela dell’istituto stesso).
    Purtroppo oggi il referendum pare essere l’unica forma di manifestazione rispetto a un clima politico asfittico, e molto monopolizzato.
    E’ vero che non siamo in un regime totalitario, ma siamo in un regime di imbabolamento da repubblica delle banane. Ma pare che di banane ormai si sia fatta indigestione e che non piacciano più. A me hanno sempre stomacato.
    Saluti.
    silvana

  • Ad integrazione del mio precedente post.
    In estrema sintesi il problema è l’ammucchiata !. Un fenomeno della moderna gestione rappresentativa della polis,utile alla sopravvivenza partitocratica residuale,conseguente alla mala digestione dell’abbuffata ideologica che governò,o tentò di governare,in Europa soprattutto, il mercato per tutto il XX secolo,sottovalutando l’enorme potere del capitalismo individualistico e del liberismo lasciato a covare sotto le ceneri del liberalesimo ottocentesco. Mandando infine in frantumi il sogno socialista.
    l’AMMUCCHIATA,dicevo,cioè il tentativo di rappresentare e governare settori della società aventi comuni interessi. Cosa non facile se la risposta delle urne è carente e confusa perchè ideologicamente carente e confusa è l’offerta politica.

  • il voto è libero quindi per logica anche il non voto è libero; per dovere civico si intende che il buon cittadino va a votare ma ciò non deve implicare l’obbligatorietà nè sanzioni di sorta che sarebbero illegittimi perchè importerebbero una coartazione della volontà dell’individuo.

    Molto brutta l’idea prospettata da jb mirabile caruso di limitare o sospendere il diritto di voto perchè non la si esercita col pretesto che il dovere è un pagamento del diritto; un diritto come il voto non deve essere alienato anche se non si esercita mai o magari una sola volta nella vita.
    Anche i limiti costituzionali sull’argomento a dire il vero (a parte l’incapacità) mettono un pò i brividi…

  • A me all’esame di Diritto Pubblico avevano insegnato che il quorum esiste proprio per verificare che la consultazione richiesta da UNA PARTE, non dallo Stato, risulti di interesse dei cittadini. Per cui con buona pace di chi fa i propri giochi politici questo tipo di voto NON è dovere civico e la astensione perfettamente legittima. Tanto è vero che il referendum costituzionale invece non ha quorum proprio perchè il tema è per forza di interesse generale. Ma si vede che anche il Diritto Pubblico è cambiato, si adegua ai tempi

  • Si sente dire spesso che il non-voto astenuto o non valido non condiziona le elezioni .Ma siccome il numero dei seggi è fisso , le percentuali ottenute dai voti validi(ad esempio : Partito A:42,8%; Partito B: 28,5%; Partito C:14,2%; ).non determinano il n° dei seggi in base ai votanti , ma si applicano come se avessero votato tutti gli aventi diritto al voto e quindi , se le percentuali rimangono le stesse, il numero dei seggi, in valore assoluto aumenta rispetto a quei soli seggi che sarebbero stati determinati dai voti validi (Le differenze di seggi tra i partiti aumentano : il numero legale e le maggioranze in parlamento si basano sul numero di seggi, non in percentuali). Quindi in un certo senso gli astenuti o le schede non valide contribuirebbero al risultato politico trasformandosi in seggi E’ COSI’ ? G R A Z I E DELLA RISPOSTA

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