L’abuso di potere /11

09 Nov 2010

Che cosa accade in Afghanistan ai nostri soldati? In quali operazioni sono impegnati? Qual è il grado di minaccia terroristica che incombe sull´Italia? Perché il presidente del consiglio ha ritenuto di tutelare con il segreto di Stato i rapporti tra il Sismi e la Telecom di Marco Tronchetti Provera, a proposito dei dossier raccolti abusivamente dalla società telefonica? Qual è l´interesse nazionale che ha convinto Berlusconi ad apporre il segreto di Stato all´archivio illegale messo insieme da Pio Pompa, braccio destro del direttore del Sismi Nicolò Pollari? E ancora: qual è il grado di accessibilità alle residenze del presidente del Consiglio?
Sono queste, più o meno, le domande che il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (ha funzioni di controllo sul lavoro dei servizi segreti) ha in animo di rivolgere al capo del governo. Come si vede, sono questioni connesse alla sicurezza nazionale; al destino e alle strategie delle nostre truppe in guerra. Sono problemi rilevanti come l´inviolabilità della privacy aggredita in modo illegale da una piattaforma pubblico/privata di spionaggio abusivo organizzata da un servizio segreto in collaborazione con una società telefonica. Sono argomenti che meriterebbero una parola chiara del presidente del Consiglio i cui poteri sono stati rafforzati dalla legge del 2007 a svantaggio dei ministri della Difesa e dell´Interno. Ma Berlusconi fa orecchie da mercante. Finge di non sentire e, se sente, non se ne cura. Liquida come inutile o provocatorio quell´incontro. Teme che gli si chieda conto di quanto protette o violabili siano le sue abitazioni, troppo e mal frequentate. Ne nasce un muro contro muro. Berlusconi non ha alcuna intenzione di rispondere. Il Copasir non ha alcuna voglia di rinunciare al suo diritto-dovere di ascoltare il presidente del Consiglio che ha “l´alta direzione e la responsabilità generale” dell´intelligence e decide dell´”apposizione, la tutela e la conferma dell´opposizione del segreto di Stato”. Mercoledì il comitato, presieduto da Massimo D´Alema, rinnoverà la richiesta di audizione del presidente del Consiglio “cui la legge n.124 del 2007 attribuisce in via esclusiva e non delegabile alcune competenze, sul cui esercizio il comitato ha il dovere di acquisire informazioni ed elementi di valutazione”.
Ne può venir fuori un conflitto politico e istituzionale. Come può reagire il Copasir all´indifferenza del capo del governo? Deve accettare quel rifiuto e quel silenzio – dunque, quell´abuso di potere – o ci sono delle strade per costringere il premier a offrire informazioni e chiarimenti che egli solo può dare perché egli solo ha il controllo diretto delle politiche e dell´operatività delle strutture di intelligence? Escluso il conflitto istituzionale formalizzato dinanzi alla Corte costituzionale, si fa strada in queste ore un´altra procedura. In caso di nuovo rifiuto o di una nuova mancata risposta, il Copasir potrebbe approvare a maggioranza la richiesta di una mozione di censura che i presidenti di Camera e Senato potrebbero inserire nell´ordine del giorno dei lavori d´aula. Un´altra grana per Berlusconi. Un´altra possibile occasione per contarsi in una stagione in cui i numeri sono troppo ballerini per affrontare con serenità il voto delle assemblee.
Berlusconi vive come un incubo qualsiasi confronto che non si esaurisca nell´abituale, enfatico monologo autocelebrativo. Non gli importa dar conto dello stato del conflitto in Afghanistan o delle misteriose ragioni che gli hanno consigliato di coprire con un silenzio complice la più massiccia operazione di dossieraggio illegale dai tempi del Sifar. Quel che egli teme è altro e, come sempre, lo riguarda personalmente e molto da vicino. Il Cavaliere vede come un´occasione pericolosa dover rispondere anche all´elementare interrogativo sulle condizioni, regole e prassi di accessibilità alle sue residenze. Si è cacciato, come sempre, nei guai da solo. È stato lui stesso a ipotizzare che le giovani e giovanissime testimoni della sua vita disordinata siano in realtà strumenti di ritorsione di una mafia punita severamente dalla determinazione delle politiche del governo. Naturale che ci si interroghi sulla vulnerabilità di quelle case, delle sue ville e palazzi. I luoghi abitati dal presidente del Consiglio custodiscono gli affari di Stato; meritano l´attenzione che si riserva ai luoghi di interesse pubblico. Già nel dicembre dello scorso anno l´autorità delegata ai servizi segreti (Gianni Letta) e i capi delle strutture furono chiamati a spiegare come proteggevano le residenze del premier travolte da fotoreporter (Antonello Zappadu) e ospiti armate di registratore e fotocamere (Patrizia D´Addario). Ora tutte le criticità già evidenti nel 2009 si sono riproposte. Se possibile, con quadri ancora più pericolosi, se si pensa ai racconti di Ruby e Nadia. Minorenni nelle ville del Cavaliere assistono a cerimonie erotiche. Prostitute vanno e vengono in quelle stanze, non controllate da nessuno. Alcune di loro sono in possesso del numero personale del capo del governo e non esitano a invocarne l´intervento quando si trovano nei guai. C´è poi il problema delle scorte del presidente. Quali sono gli incarichi che il capo del governo ha voluto affidare ai cinquanta uomini che, molti di provenienza Fininvest e in assoluta autonomia dalle gerarchie, lo tutelano? Chiarimenti che – si deve ripetere – sono necessari soprattutto se si ricorda che ad alcuni di quegli uomini dello Stato è stato assegnato – a quanto pare – il compito non istituzionale, improprio, illegittimo, umiliante di coordinare gli accessi delle ragazze in villa; di controllarne i comportamenti e le relazioni; di levarle dai guai quando vi si cacciano; di espellerle dalla vita del Cavaliere quando mostrano una pericolosa aggressività.
Per evitare domande a cui non può rispondere senza danneggiare se stesso (l´accessibilità delle sue ville), Berlusconi fugge anche dinanzi agli interrogativi cui deve e saprebbe rispondere (Afghanistan, minaccia del terrorismo, dossieraggi). A dimostrazione che sempre, abusando del suo potere, il capo del governo trasforma la sua convenienza privata in decisione pubblica.

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