Quale miracolo! E quale scandalo. Lunedì 4 ottobre – 153mo giorno dell’interim di Silvio Berlusconi – la Camera, a partire dalle ore 16, discute le mozioni (Idv, Pd, Udc) con cui si impegna il presidente del Consiglio a procedere immediatamente alla nomina del nuovo ministro per lo Sviluppo economico, sede vacante da cinque mesi dopo le dimissioni di Claudio Scajola colto con il sorcio in bocca nella storia dell’acquisto della casa con vista sul Colosseo. Ma mentre è in corso la prima fase del dibattito di quelle che sono, nei fatti, delle mozioni di sfiducia al Cavaliere uno e bino, Berlusconi sale al Quirinale per chiedere al presidente della Repubblica la firma del decreto di nomina a ministro per lo Sviluppo di Paolo Romani, l’uomo più fidato del presidente del Consiglio in materia di televisioni! Risultato: il dibattito s’interrompe, Berlusconi non è messo (come sarebbe stato probabile) in minoranza, insomma la paura l’ha vinta sulla protervia della gestione autocratica anche di un ministero-chiave. E, in fondo, l’hanno vinta anche le opposizioni: senza le loro mozioni quanti giorni o mesi il Cavaliere (che aveva sistematicamente, arrogantemente, ignorato le sollecitazioni del Quirinale) si sarebbe tenuto stretto anche il ministero?
Sono le 19 quando il segretario generale del Quirinale, Donato Marra annuncia la nomina del nuovo ministro.
Miracolo s’è detto, ma anche e soprattutto scandalo. Chi è infatti Romani? Vediamo le sue credenziali. Si è sempre occupato, in prima persona, del settore tv. Ha fondato prima Tv1, poi Milano Tv (diventata più tardi ReteA) di cui è stato direttore generale sino al 1985. Poi è diventato amministratore delegato di Telelombardia ed editore di Lombardia 7, che ha formalmente ceduto nel 1995, dopo l’elezione a deputato di Forza Italia. Per giunta Romani aveva già – prima da sottosegretario, poi da viceministro allo Sviluppo economico – la delega proprio alle Comunicazioni, cioè al settore-chiave della gestione e dell’assegnazione delle frequenze, del controllo della Rai, della verifica dei contratti scomodi, ecc. Ora avrà tutti i poteri, senza rispondere a nessun altro che al tycoon televisivo-padrone del Pdl-presidente del Consiglio. Come dire, un conflitto d’interessi grande come una casa. Grande come quello del suo capo.
Insomma, tanto valeva nominar ministro direttamente Fedele Confalonieri.
Ignoravo che questa democrazia, quarantottina, scegliesse come ministri professori addottorati alla Sorbona o a Oxford. E’ vero che nel 1975, per essere convalidati consiglieri comunali, era necessario sottoporsi all’esame di alfabetizzazione che il segretario comunale teneva con grande severità. Ma non sapevo che anche i ministri debbono esibire titoli accademici di rilevante valore per poter assurgere ai fasti ministeriali. E’ in corso una riforma della democrazia che impone lauree e diplomi per essere nominati rappresentanti del popolo sovrano? Non mi risulta.
Sarà una riforma di fatto che prevarica quella scritta, ma democraticamnete riferendoci alla Carta, non è così. Paolo Romani, eventuale ministro per lo Sviluppo economico, non ha un curricilum accademico degno di un ministro e Berlusconi approfitta della sua leadership ministeriale per imporci un ignorante allo Sviluppo economico.
Scajola fu sorpreso col sorcio in bocca (povero sorcio), quello di Montecarlo c’ha una pantegana fra i denti e nessuno se ne accorge.
Un conflitto gigantesco impossibile a verificarsi in un paese a regime normale di democrazia sostanziale,la cui primaria responsabilità ricade sui becchini del socialismo italiano in auge negli anni ottanta e novanta quello dei nani e delle ballerine che leccavano il divo Craxi,riassumibile,con alquanta fatica,nel possesso in parte abusivo,di tre canali televisivi a diffusione nazionale, con l’aggiunta A) del potere politico di controllo della radiotelevisione pubblica; della proprietà della maggiore casa editrice italiana,acquisita con sistemi truffaldini B) perciò,con opportuni camuffamenti familiari,di svariate riviste illustrate, affiancate C) da alcuni organi di stampa diretti da portaordini pagati profumatamente,sostenuti a loro volta da altra stampa quotidiana e settimanale,nazionale e locale di proprietà altrui,ma assoggettata; B) al possesso del medesimo della più grande impresa pubblicitaria operante in Italia:Pubblitalia.
Mi chiedo: di quali armi dispongono gli avversari politici per lottare politicamente alla pari e quali e quanti spazi,nella radio,nella televisione e nella stampa vengono loro concessi per agire alla pari nel dovere dell’informazione e della formazione dell’opinione pubblica in Italia ?.
Nè possono essere presi a modelli di smentita le poche occasioni di superamento dell’esame delle urne della coalizione che tali mezzi non possedeva (nè possiede),vista la costante,diuturna campagna elettorale e di compravendita di “rappresentanti” del popolo da parte del facoltoso “padrone” della parte avversa,che ha corrotto e reso difficile la politica del governo in carica.
Riflettono su questa realtà quanti,opinionisti,intellettuali,critici,politici,discutono su e di Berlusconi,direttamente o indirettamente,nei salotti e sui palcoscenici della politica di casa nostra ?.
C’è confusione,dice l’internista Maroni,dopo la denuncia del suo capo di quella “banda di criminali” che amministrano la giustizia in Italia. Sicchè non sa a questo punto dove deve andare a scovare ladri e furfanti,mafiosi e camorristi.
Forse nessuno ancora gli ha detto la confusione,l”ammuina” dicono al rione Sanità di Napoli,mentre ferve il gioco delle tre carte,è lo strumento utile a chi vuol fare soldi e carriera vivendo nell’illegalità,intesa in senso lato,perciò anche politica e istituzionale.
Domanda falice facile: chi nicchi nacchi il furto di denaro pubblico (perciò anche mio) con il furto di denaro tra privati con i quali non ho,come contribuente,rapporto alcuno ?.
leggo sul sito del governo italiano che romani è stato corrispondente di guerra durante la rivoluzione romena che ha deposto ceausescu, nel conflitto iran/iraq e nella guerra dell’ex Jugoslavia. Ma ce lo vedete voi romani in giberna ed elmetto che, tra un’imprecazione verso santoro e la dandini, comunica agli italiani sintonizzati con lui la varie fasi dei conflitti bellici.
Posso immaginarmi romani che all’ora dell’aperitivo, tra un olivetta e l’altra, ci fa sapere che il conflitto iraniani/iracheno è in parità, in perfetto equilibrio, e che se non fosse per quel salatino che non vuole andare giù, ci avrebbe dato anche un pronostico su chi avrebbe prevalso.
Ma come se ne poteva stare tranquillo nel salotto di vespa a sbraitare contro tutti i comunisti presenti in televisione, che impediscono a B. di governare ed invece che ti fa Romani, va a rischiare la vita per diffondere notizie sulla sorte della moglie di ceausescu o sulle chiavi del paradiso concesse ai soldati iraniani che combattono contro gli odiati (agli iraniani) iracheni.
Del gigantesco conflitto di interessi oggi esistente in italia parlano i cinque mesi che ci son voluti per nominare ministro dello sviluppo economico un corrispondente di guerra.
Napolitano ha resistito fino ad oggi, opponendo più di qualche riserva nei confronti del fido uomo televisivo berlusconiano, ma anche per lui cinque mesi sono sembrati troppi e quindi ha avallato la nomina anche di un romani qualsiasi.
Credo comunque che romani non durerà più di quanto sia durato brancher, forse farà in tempo ad incassare lo stipendio di novembre, forse no, a meno che la lega non stacchi prima la spina.
Benissimo,ma se non si dice chi era il proprietario di Tv1,Milano Tv,ReteA,Telelombardia,Lombardia 7,etc. e non si chiarisce anche il contributo da lui offerto alla stesura della famigerata legge Gasparri,oltre alla ricordata assegnazione delle frequenze,difficilmente l’elettore di memoria debole o di giovane età capirà la gravità della nomina imposta dal Berlusconi nella sua qualità di capo di governo e il perchè della feroce ironia di Casini: tanto valeva nominare Confalonieri (l’Ad di Mediaset,cioè delle TV di Berlusconi).
Ne vedremo delle belle in questa Repubblica delle Banane,o delle barzellette del sor paron !.
Uh! ancora a stupirsi?!?!
Evidentemente agli italiani questa cosa sta benissimo, l’hanno scelta votandola.
Come hanno votato B. “che regala le televisioni”, così accettano gioiosamente il dirigente televisivo Mediaset al ministero per lo sviluppo economico.
Vi aspettavate forse una scelta fatta con criteri diversi? l’epoca è autoreferenziale, non sa osservarsi dall’esterno, ma solo riprodursi su se stessa.
Saluti.
Silvana
Rimango sempre sorpreso che qualcuno ancora si scandalizzi per le mosse del caimano, come se ci si dovesse aspettare altro, dopo sedici anni e più di colpevole immobilismo, rectius, di enemy intelligence.
Oggigiorno, dopo sedici anni, gli uomini del PD talvolta parlano di conflitto d’interessi, l’argomento non è centrale.
Nel frattempo, nel corso dei sedici e passa anni pasati, gli uomini del PD non solo hanno legittimato il portatore del più grande dei conflitti stessi, in barba alla legge del 1957 che vieta (tuttora) l’elezione dei concessionari dello Stato (nel 1994 un solo ds, Luigi Saraceni, votò contro l’elezione del piduista in Giunta per le elezioni, tutti gli altri votarono a favore – 20 luglio 1994, pag. 3 del verbale – e nel 1996 nella stessa giunta non ci fu neppure un voto contrario, 17 ottobre 1996, pagg.10-12 del verbale), ma successivamente, dal patto della crostata in poi (svendita della regolamentazione delle frequenze tv, il cuore, la fabbrica del consenso elettorale del caimano), hanno nei fatti “normato” accordi di ogni tipo con lo stesso, senza mandato elettorale e, ovviamente, non hanno mai cancellato una sola delle innumerevoli leggi vergogna. Per contro, quella sul conflitto d’interessi, inserita in più vaniloqui programmatici, è rimasta nella penna di Violante, in panne d’inchiostro, appunto.
Per dirla con Jung, hanno mostrato una irrefrenabile enantiodromìa, cioè una vera e propria corsa, un rovesciamento nell’opposto, nel (finto) avversario, con persistente ed irreversibile continuità.
Col tempo hanno creato e tentato di insegnare a credere al dogma dell’intoccabilità del conflitto d’interessi, nel senso che se qualcuno di loro dice a mezza bocca che il fatto è discretamente inaccettabile (exempli gratia, “grande come una casa” – ma se parliamo per metafora, esistono le montagne, i continenti, il globo terraqueo, il sistema solare…!), nella comune vulgata, provare a gettare a mare il caimano colpendolo nei suoi interessi economico-politici (Al Capone dice niente?) – che in soldoni equivale a ripristinare la legalità – vuol dire solo fare il suo gioco. Come dire, il conflitto d’interessi rimane comunque un evento ineluttabile, cui gli umani non possono opporre resistenza alcuna e col quale si deve per necessità convivere. Hai presente il Krakatoa?
Ora che il piduista è in oggettiva difficoltà nonostante il PD, ora che l’unica via d’uscita sembrerebbe essere – deo et rege adiuvantibus – la formazione di un governo di Salute Pubblica a tempo (tre mesi per fare una legge elettorale e una legge di tipo europeo sul conflitto d’interessi, poi liberi-tutti e a nuove elezioni) temo che gli interessi costituiti e l’aritmetica delle conte dei ragionieri lo impediranno. Il Paese può attendere.
E così probabilmente ci troveremo il caimano-piduista al Colle, quello di Einaudi e di Pertini, e la sua progenie a Palazzo Chigi. Pardon, Palazzo Grazioli.