Vandalismo istituzionale

10 Giu 2010

Che il presidente del Consiglio abbia un’insofferenza insopprimibile per tutto quanto rappresenti regole, diritti, doveri, è risaputo. Ma con l’ultimo attacco alla Costituzione, il Cavaliere ha passato il segno

E adesso cosa ci toccherà ancora vedere? Che Berlusconi abbia un’insofferenza insopprimibile per tutto quanto rappresenti regole, diritti, doveri, volendo essere lui il cardine di tutto, è risaputo. Ma con l’ultimo attacco alla Costituzione, il Cavaliere ha passato il segno, sconfinando nel vandalismo istituzionale. Tutto ciò nel giorno in cui “blinda” al Senato la legge anti-intercettazioni e impone il voto di fiducia su un provvedimento in buona parte incostituzionale, che lede insieme il diritto di indagare, di informare e di sapere. Tante ne abbiamo viste in quasi un ventennio di anomalia berlusconiana. Ma questo è un inedito nella nostra storia repubblicana.

Governare con le regole della nostra Costituzione è un inferno”, ha affermato il Cavaliere parlando all’assemblea annuale degli artigiani. Il giorno prima si era così sfogato: “Per fare una legge debbo passare sotto le forche caudine”. Siamo alle solite. All’insofferenza per i principi della democrazia liberale, per le regole che pongono limiti al potere per evitarne l’esercizio arbitrario. All’attacco di quanti hanno il compito di farle rispettare, si tratti della Corte costituzionale o del Quirinale. Ma questa volta le parole hanno maggiore violenza. Il sorriso fisso del buon venditore, col quale il Cavaliere ha sempre presentato la sua “storia”, si scopone. Appare la faccia digrignante di chi vorrebbe essere, al tempo stesso, governante, legislatore e giudice. Un giocatore che si fa lui la partita, senza arbitro.

Dice, il premier, che non ha potere per i lacci e lacciuoli imposti da una Costituzione di “matrice cattocomunista”. Ma il potere ce l’ha, eccome. Purtroppo lo sa usare soltanto per gli interessi personali, mai per quelli del Paese. Come testimonia la legge-bavaglio che ha imposto con il voto di fiducia al Senato e intende imporre con lo stesso procedimento alla Camera. Una legge portata avanti in un clima di scontro continuo. Ma che risponde allo scopo che ha sempre perseguito: mettere se stesso, e la classe dirigente, al riparo da ogni forma di controllo. Di conseguenza, col pretesto di tutelare la privacy, i magistrati avranno sempre maggiore difficoltà a indagare sul connubio tra politica e affari, e sarà distolta l’attenzione dell’informazione da ogni vicenda che inquieta i potenti. In sostanza: magistrati limitati, giornali dimezzati, cittadini disinformati.

C’è da chiedersi: se è vero che con questa legge ha raggiunto il suo scopo, perché un attacco tanto insistito e plateale? In effetti, insulti e minacce fanno parte del suo repertorio quando vuole tornare al centro dell’attenzione, accorgendosi che la scena è stata occupata da altri. C’è, in Berlusconi, una frustrazione sincera quando vede la sua sacralità toccata, la sua persona messa in discussione. Il che è accaduto, prima, con la ribellione di Fini, poi, con la decisione del ministro Tremonti di prendere in mano il timone della crisi economica. Il premier non contempla la possibilità di critiche, di dissensi fondati su diverse opinioni. Con le sue sortite, ha messo alle corde Fini, obbligandolo a rispettare la disciplina di partito e a perdere, quindi, una fetta di quel credito che si era conquistato nell’opinione pubblica. Nello stesso tempo, ha cercato di spostare i riflettori dal ministero dell’Economia a Palazzo Chigi, sulla sua persona. Ma questo è anche il segno della sua debolezza, della tensione che regna nella maggioranza, di contrasti irrisolti che potrebbero sciogliersi ai suoi danni, come testimonierebbero le indiscrezioni sugli “incontri riservati” fra Tremonti e Fini.

Insomma, Berlusconi vincerà questo round, facendo approvare al Senato la legge-bavaglio con un’opposizione in rivolta. Ma dovrà aspettare la fine di luglio per avere il “sì” definitivo della Camera. Qualcosa può ancora accadere, fino a quando la legge sarà valutata, in tutti i suoi aspetti, da un capo dello Stato quanto meno dubbioso. Ed è necessario che l’opposizione di centrosinistra sia, fino all’ultimo, non rassegnata, mai cauta e di maniera. Sapendo che in questa battaglia si difende la sostanza della nostra democrazia.

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