Clima di intimidazione, linguaggio d’aggressione, il governo che attacca la magistratura in quanto potere indipendente dalla maggioranza eletta: tutto si tiene. Prima arrivano le bastonate nelle piazze, poi i militanti neri viaggiano da città a città per portare il verbo della violenza, mentre un ministro insegna come apostrofare gli avversari politici, “zecche rosse”. La Storia ci insegna che l’equiparazione a insetti spesso contiene la possibilità di calpestare ed eliminare. La lista di avversari si fa sempre più lunga: dai migranti ai condannati con regolare processo; dai ragazzi dei party rave ai giovanissimi che marinano la scuola; dagli studenti che manifestano alle donne che considerano il patriarcato un’ideologia che ispira i loro fidanzati e mariti a sopprimerle. Il governo e l’opinione aggressiva, livorosa e urlante che lo circonda diventano un modus operandi che finisce per far credere che la libertà conquistata dai partigiani nella lotta antifascista sia oggi un privilegio di chi ha potere, rovesciando il significato stesso della libertà. E così ci troviamo, un giorno di novembre del 2024, a dover scrivere un comunicato di denuncia dell’attacco subito da Tomaso Montanari, Rettore dell’Università per Stranieri di Siena, già Presidente di Libertà e Giustizia, associazione in questi giorni insignita dell’Ambrogino d’Oro, la benemerenza con la quale il Comune di Milano l’ha premiata per essere stata “presenza e pungolo nella vita politica e cultuale milanese e nel paese”. Essere pungolo, usare la cultura per mostrare, spiegare, far capire e non per umiliare e distanziare: questa è l’etica della democrazia che ministri e militanti di destra sembrano non conoscere e praticare; la cui pratica ha invece portato a Montanari una gogna oltraggiosa. Questi episodi sono segnali preoccupanti di un clima incivile e non democratico.
Nel governo ideale della destra, dove tutti i poteri dipendono da una maggioranza eletta, dove la magistratura è un organo assoggettato al potere esecutivo, immaginiamo che Tomaso Montanari sarebbe licenziato in tronco, come si augurano già ora tanti commentatori del post, poi rimosso, di un sottosegretario alla giustizia. Non si può continuare a far finta che non ci sia nulla di grave in questo clima di aggressione verbale e umiliazione pubblica che colpisce i cittadini che pensano diversamente da chi governa, non si può subire in silenzio questa pratica sistematica di intolleranza che avvelena la vita civile. Si tratta di attacchi diretti alla nostra Costituzione, che è stata scritta proprio per impedire che la politica tracimasse in violenza e la maggioranza si facesse tirannica. La “colpa” di Montanari è stata di aver spiegato in un commento sul “Fatto Quotidiano” quanto possiamo apprendere andando a teatro o leggendo i testi che hanno preparato il nazionalsocialismo nella Germania indebolita dalla guerra, e come sia rischioso tradurre la sacrosanta contestazione delle ingiustizie sociali in una ricerca di capri espiatori facili da bersagliare e totalmente irrilevanti ai fini della risoluzione di quelle ingiustizie, come per esempio gli immigrati e gli “altri” di tutti i tipi. Oltre a non risolvere l’impoverimento e l’ingiustizia sociale, con questa propaganda di risentimento si possono aprire le porte a governi che edificano la propria fortuna sulla rabbia telecomandata, che hanno tutto l’interesse ad alimentarla dunque, con l’effetto di rendere il popolo non meno povero ma solo più arrabbiato.
Denunciare l’assalto verbale subito da Tomaso Montanari è un dovere civile democratico sotto tanti aspetti: per proteggere l’autonomia universitaria quale cardine della democrazia costituzionale e perché sia di monito a tutti e tutte il ricordo di come le nostre libertà e la dignità provengano da una storia di avversari politici reclusi o morti ammazzati, una storia che ha represso e tolto dignità senza dare benessere: la destra ha portato miseria e guerra. L’emancipazione dalla sua egemonia è costata sacrifici e sangue. Non è necessario che la storia si ripeta. Non deve ripetersi.