Ancora con l’orecchio incerottato per l’attentato subito, l’allora candidato Donald Trump disse che i suoi primi due provvedimenti da Presidente sarebbero stati “trivellare e chiudere i confini”. (Sì, lo so, con lo slang americano suona meglio: drill, baby drill). Il 20 gennaio prossimo rispetterà questi impegni?
La storia, come sempre, è un po’ più complessa. I presidenti che hanno permesso agli Stati Uniti di essere autosufficienti dal punto di vista energetico sono stati in realtà i due democratici Obama e Biden: il primo ha sostanzialmente liberalizzato la tecnica per estrarre greggio con il fracking – tecnica devastante per l’ambiente – il secondo ha voluto l’Inflation Reduction Act che ha messo in gioco 1 trilione (1000 miliardi) di dollari per la transizione energetica. E Trump? Trump ci ha messo del suo annichilendo le agenzie statali che si occupavano della salvaguardia dell’ambiente.
In altre parole: forse il nuovo Presidente potrebbe lasciare le cose come stanno. Il rapporto Trump/ambiente quindi è più complesso del semplice drill, baby drill. Durante il suo primo mandato ha fatto uscire gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi – quello che chiedeva alle nazioni di limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2° – proponendosi come leader dei negazionisti di tutto il mondo. E questo ruolo gli piace proprio. Da una posizione di forza come l’attuale – l’autosufficienza energetica – è anche più facile fare il gradasso.
Sono altri due i punti su cui occorre concentrare l’attenzione. Il primo è il legame sempre più stretto con i miliardari della tecnologia (vedi Elon Musk e Jeff Bezos). Il loro è stato un investimento strategico, non solo tattico. Perché i loro guadagni dipendono dal laissez faire della politica. Un esempio su tutti: le Big Tech che stanno investendo sull’Intelligenza Artificiale hanno talmente bisogno di energia per far lavorare i loro server che stanno pensando di costruirsi la propria centrale nucleare. I casi più clamorosi sono quelli di Microsoft che attraverso la Constellation Energy vuole far riaccendere la centrale nucleare di Three Mile Island – quella di “Sindrome cinese”, il peggior incidente nucleare della storia americana – e Google che vuole acquistare l’energia prodotta da piccoli reattori nucleari. Nessuno si stupirebbe se i soldi spesi dalle Big Tech per finanziare Trump servissero ad accendere il semaforo verde per queste centrali nucleari à la carte. (E magari vendere i loro prodotti di sorveglianza…)
Ma come fare se c’è qualche funzionario ligio alle leggi che mette i bastoni tra le ruote ai piani nucleari delle grandi imprese che hanno finanziato Trump? Il deep state, insomma. Il neo presidente ha sempre negato che Project 2025 fosse il suo programma elettorale. Ma non ha mai potuto negare che quella specie di Piano di Rinascita Nazionale (sì, quello della P2) sia stato scritto dai suoi ex strateghi. E in Project 2025 c’è scritto nero su bianco che i funzionari statali devono essere cambiati per essere omogenei alla presidenza, che bisogna cancellare le fondazioni che promuovono “il fanatismo climatico”, che occorre deregolamentare le imprese che agiscono nel mercato energetico e, tanto per cambiare, che occorre aumentare le trivellazioni nell’Artico.
In conclusione. Senza azzardare paragoni impropri occorre constatare che le destre al potere non hanno un programma politico ma una vera e propria occupazione dei gangli del potere. L’ambiente non è che una tappa della loro furia.