Questo articolo di Rossella Guadagnini è stato pubblicato su Micromega.
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“Dopo le manganellate di questi giorni hanno provato a farci credere che i violenti eravamo noi”. Così i ragazzi e le ragazze alla manifestazione indetta nel pomeriggio di domenica 25 febbraio in piazza Beniamino Gigli a Roma, davanti al Teatro dell’Opera. Dopo le cariche della polizia a Pisa, Firenze e Catania avvenute nei giorni scorsi, in cui i cortesi pacifisti pro-Palestina e per il ‘cessate il fuoco’ sono stati assaliti dalle forze dell’ordine in tutte e tre le città, la sensazione di vivere in un mondo sottosopra è fortissima.
A Pisa la risposta è stata subito di condanna, la stessa sera di venerdì, grazie a una grande manifestazione che ha visto coinvolta tutta la città. Michele Conti, sindaco al secondo mandato, guida di una giunta di centrodestra, con Fratelli d’Italia primo partito e la Lega terzo, ha attaccato il metodo adottato: “Sono amareggiato come sindaco e come genitore. Non si può usare violenza per reprimere una manifestazione di ragazzi e ragazze delle superiori. Chiunque deve essere libero di manifestare il proprio pensiero”. E ha poi aggiunto che “il presidente Mattarella ha perfettamente ragione e lo ringrazio per la sua sensibilità e autorevolezza. Questi ragazzi hanno appena trascorso gli anni terribili del Covid, sono stati costretti a stare in casa, a non frequentare la scuola, a dimenticare gli amici. E bisogna dare il buon esempio. Che non sono le manganellate. Non mi sembra ci fossero gravi problemi di ordine pubblico, si doveva agire diversamente”.
Assai diversa la reazione da Fratelli d’Italia, che scrive: “La sinistra che spalleggia i violenti è la causa dei disordini ai quali abbiamo assistito”. Violenti, quali? ci si chiede, mentre Salvini urla: “Giù le mani dalle forze dell’Ordine”. Ma cosa ha detto il Capo dello Stato, Sergio Mattarella? ”L’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli, ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”. Lapidario, mentre le destre fanno quadrato intorno a Piantedosi.
Così nella capitale, gli studenti hanno lanciato l’appello alla mobilitazione: “Contro le vostre manganellate e la gestione Piantedosi, scendiamo in piazza!”, il grido della Rete degli Studenti Medi del Lazio e l’Unione degli Universitari di Roma. “Per uno Stato democratico che rispetti il diritto alla manifestazione”. E la risposta c’è stata: in duemila erano in piazza del teatro dell’Opera a Roma con bandiere italiane, per la pace, alcune rosse e altre palestinesi; atmosfera serena, volti distesi. Qualche momento di tensione si è verificato quando un gruppo si è staccato dirigendosi davanti al Viminale per chiedere a Piantedosi di dimettersi. Hanno aderito alla manifestazione l’Unione degli universitari, la Rete degli studenti medi del Lazio, l’Università La Sapienza, il Pd, esponenti di Avs e M5s, l’Anpi Roma, Arci Roma, Cgil Roma e Lazio, nonché i collettivi di singole scuole. Presenti anche Conte e Zingaretti.
“Da troppo tempo siamo costretti a condannare le cariche della polizia durante manifestazioni pacifiche di studenti e studentesse. Senza alcuna presa di responsabilità da parte del Ministro dell’Interno”, affermano dalla Rete e dall’Udu, “non possiamo permetterci uno Stato che risponda a messaggi di pace con la violenza, che manganella ragazzi e ragazze, compresi tante e tanti minorenni”.
“È la nostra Costituzione che garantisce il diritto a manifestare il proprio pensiero liberamente, di farlo nelle piazze, di farlo senza avere paura di essere repressi con la violenza”, ricordano i giovani manifestanti. “Non possiamo permetterci uno Stato che ci censura, che ci impedisce di manifestare il nostro dissenso”, sostiene Tullia Nargiso, coordinatrice della Rete degli Studenti Medi del Lazio. “Siamo estremamente soddisfatti nel vedere una risposta così imponente alla nostra chiamata alla mobilitazione: questa piazza dice chiaramente che la gente si è stancata della gestione Piantedosi del dissenso e della gestione Meloni del Paese”.
Le Forze dell’ordine rappresentano lo Stato, dicono dalla destra, in particolare Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: ma quale Stato, uno stato di polizia? Ossia proprio lo Stato che non vogliamo? Quello dove i poliziotti in divisa da combattimento bastonano ragazzini 15enni e poco più, che sfilano senza alcuna arma in un corteo per il ‘cessate il fuoco’ in Palestina? Sono questi gli agitatori, sono questi gli elementi devianti? E ammettetelo una buona volta: abbiamo sbagliato. Lo ammetta il questore di Pisa, il Ministro Piantedosi, le forze dell’ordine, che in tutt’altre faccende andrebbero impiegate e dispiegate con tanto di uomini e mezzi. Quando c’è un pericolo reale, ad esempio, non gruppi di ragazzini, che un cordone di sicurezza basterebbe a tenere sotto controllo.
Lo Stato di diritto, è bene ricordarlo ancora una volta, è quella forma di Stato che assicura la salvaguardia e il rispetto dei diritti e delle libertà dell’essere umano. Un concetto che presuppone che l’agire dello Stato sia sempre vincolato e conforme alle leggi vigenti. Dunque lo Stato sottopone sé stesso al rispetto delle norme di diritto e questo avviene tramite una Costituzione scritta. E qui casca l’asino. Dal momento che, a quanto pare, la nostra Costituzione – secondo le destre – è vecchia e addirittura decrepita, va riscritta: col premierato e l’autonomia differenziata tanto, per cominciare, e poi con chissà quali altre novità all’orizzonte.