Premierato. Gallo: una legge truffa che costituzionalizza il porcellum

04 Nov 2023

Domenico Gallo Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Questo contenuto fa parte di uno speciale Riforme

Domenico Gallo

di Domenico Gallo, già magistrato e Presidente di sezione emerito della Corte di Cassazione, membro del Consiglio di Presidenza di Libertà e Giustizia.

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Il disegno di riforma costituzionale presentato dal Governo Meloni (Introduzione dell’elezione popolare diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri e razionalizzazione del rapporto di fiducia), a differenza delle riforme costituzionali Berlusconi e Renzi, bocciate dai referendum dei 25/26 giugno 2006 e del 4 dicembre 2016, con soli cinque articoli apparentemente realizza un intervento di portata limitata, ma in realtà devasta i principi della democrazia costituzionale sui quali si basa l’ordinamento della Repubblica italiana. L’elezione diretta del Presidente del Consiglio non attribuisce maggiori poteri ai cittadini italiani, mortifica ancora di più la rappresentanza parlamentare, neutralizza i poteri di garanzia del Presidente della Repubblica e non assicura maggiore stabilità al sistema politico.

L’elezione diretta di un organo posto al vertice del sistema di Governo è fonte di conflitto potenziale con gli organi della rappresentanza politica, qualora non ci sia piena assonanza fra la maggioranza parlamentare uscita dalle urne ed il Capo del Governo scelto dagli elettori. Per risolvere questa contraddizione, che mina alla base la governabilità, la riforma resuscita il “porcellum” irrigidendolo con il crisma della costituzionalità.

La riforma, infatti, prevede che l’elezione del Presidente del Consiglio e delle Camere avvengano “tramite un’unica scheda elettorale”, quindi prefigura un sistema elettorale con un premio di maggioranza che garantisca “ai candidati ed alle liste collegati al Presidente del Consiglio dei Ministri il 55% dei seggi nelle Camere”.

A ben vedere il sistema elettorale richiesto da questa riforma costituzionale altro non è che la riedizione del “porcellum”. Infatti si prevede un sistema a turno unico in cui più liste, con un programma comune, sono collegate ad un soggetto indicato come Presidente del Consiglio. Nella competizione elettorale il premio di maggioranza viene attribuito alla lista o alla coalizione che ottiene un voto in più, a prescindere da ogni soglia minima. Il porcellum non consentiva di ottenere direttamente la nomina del soggetto designato come “capo della forza politica” alla funzione di Presidente del Consiglio dei Ministri, perché la Costituzione riservava questo potere al Presidente della Repubblica. Con  la riforma Meloni, questo passaggio viene eliminato e la nomina del Presidente del Consiglio esce fuori direttamente dal cilindro di una competizione elettorale strutturata sul modello del “porcellum”.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 1 del 29014, aveva dichiarato l’incostituzionalità del porcellum nella parte relativa al premio di maggioranza osservando che questo meccanismo, combinato con l’assenza di una soglia minima è “tale da determinare un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto” e aveva bocciato il sistema delle liste bloccate perché coartava la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento. 

Adesso con la riforma Meloni il “porcellum” viene costituzionalizzato e non sarà più censurabile dalla Corte costituzionale. Agli elettori non viene concesso il potere di scegliere liberamente il Presidente del Consiglio perché l’elezione avviene in un’unica scheda con i partiti collegati e non sarà nemmeno la maggioranza degli elettori a decidere chi deve essere eletto. Nelle ultime elezioni svolte con il porcellum, nel 2013, il premio di maggioranza scattò a favore di una coalizione che aveva ottenuto meno del 30% di voti popolari. Con la riforma si potrà eleggere un Presidente del Consiglio anche con il 20/30% di voti popolari.

L’ulteriore conseguenza di questa procedura è che il principio della investitura del Governo da parte del Parlamento attraverso l’istituto della fiducia, viene svuotato di significato. Il Parlamento deve dare la fiducia al Governo altrimenti viene sciolto. In questo modo vengono sottratti al Presidente della Repubblica la nomina del presidente del Consiglio e lo scioglimento anticipato delle Camere. Sono poteri che attengono ad una importante funzione di mediazione fra le forze politiche, che fanno assumere al Presidente un ruolo di arbitro, indispensabile per moderare i conflitti politici ed evitare che possano degenerare. 

In questo modo viene contraddetto il principio democratico che pone un Parlamento liberamente eletto al centro del sistema di democrazia prefigurato dalla Costituzione in quanto espressione della sovranità popolare. In definitiva la riforma realizza una truffa a danno dei cittadini italiani ai quali viene data l’illusione di poter contare di più proprio nel momento in cui si restaurano vecchi meccanismi che soffocano la volontà popolare e sfigurano le istituzioni democratiche.

Magistrato, giudice della Corte di Cassazione. Eletto senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell’arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare del conflitto nella ex Jugoslavia.

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