di Paolo Solimeno, un’analisi per Libertà e Giustizia pubblicata anche sul blog paolosolimeno.blogspot.com
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Il nucleo della modifica sono i nuovi articoli 92 e 94 modificati radicalmente dagli articoli 3 e 4 della riforma. Vediamo.
Art. 1: abroga l’art. 59 cost. che dava al PdR il potere di nomina dei senatori a vita
Art. 2: modifica l’art. 88 abrogando il potere del Pdr i sciogliere anche una sola camera.
Art. 3: introduce l’elezione diretta del presidente del consiglio dei ministri da parte degli elettori prevedendo in costituzione dei caratteri stringenti del meccanismo elettorale che non potranno essere modificati con legge ordinaria.
Si prevederebbe nel nuovo art. 92:
- il voto per parlamentari e presidente del consiglio va espresso in una sola scheda
- la legge elettorale deve rispettare i principi di “rappresentatività e governabilità”: mentre la rappresentatività è un principio costituzionale, la “governabilità” non era in costituzione ed è stato anzi espressamente escluso dalla giurisprudenza della corte costituzionale che, specie nella sentenza n. 1/2014 che dichiarò incostituzionale il “Porcellum”, l’ha considerato obiettivo legittimo, ma subordinato alla rappresentatività
- il premio di maggioranza che la legge elettorale deve prevedere assegna il 55 % dei seggi in ciascuna camera alle liste collegate al Presidente del consiglio eletto: quindi il voto unico determina sicuramente una elezione del governo e una maggioranza parlamentare, qualunque sia il risultato. Questa distorsione della volontà espressa dagli elettori è già stata ritenuta contraria alla costituzione, in particolare al principio di uguaglianza del voto, alla rappresentatività dell’istituzione parlamentare e al pluralismo
- il potere del Presidente della repubblica di nominare il PdC è ridotto a pura formalità perché è indicato che l’incarico va necessariamente al PdC “eletto”
Art. 4: il nuovo art. 94 prevederebbe che il PdR sciolga le camere se il PdC non ottiene la fiducia per la seconda volta. Inoltre in caso di cessazione dalla carica del PdC il PdR può dare l’incarico ad un parlamentare a lui collegato.
La mancanza di altre modifiche alla Costituzione non deve tranquillizzare in quanto lo stravolgimento dell’assetto istituzionale è più grave proprio perché non si vogliono introdurre correttivi, contropoteri conseguenti al radicale rafforzamento del Presidente del Consiglio. Questo diventa l’unico potere effettivo dello stato dotato di legittimazione popolare in quanto:
- egli può determinare lo scioglimento delle camere attraverso le sue dimissioni
- l’elezione di un nuovo presidente del consiglio può essere solo di lista a lui collegata alle elezioni e per attuare il suo programma
- ogni disegno di legge governativo ha la garanzia di una maggioranza ampia e docile in entrambe le camere
- la maggioranza governativa ha a disposizione anche la maggioranza per eleggere il PdR, a partire dalla terza votazione (art. 83, invariato)
- analogo effetto si potrà avere anche sull’elezione di un terzo dei membri della corte costituzionale
L’effetto innovativo più rilevante della modifica proposta è pertanto sul ruolo del parlamento che diventa semplice luogo di esecuzione dell’indirizzo governativo visto che una maggioranza certa discende non tanto da un voto proporzionale, anche se di maggioranza relativa, ma dalla stessa scelta effettuata sulla stessa scheda per la votazione del PdC. Si produce una forte personalizzazione delle votazioni. La formazione delle liste collegate al PdC dipenderanno dalle scelte di questi e dei capi delle liste che lo appoggiano.
La distorsione del voto ad opera del premio può essere minima, o estrema, in mancanza di soglia: non menzionarla in costituzione può dare l’effetto di rendere conforme a costituzione una legge elettorale che non la preveda. Con una pluralità di candidati il meccanismo potrà dare il 55% dei parlamentari e la guida del governo a liste che rappresentano una minoranza anche esigua di elettori. L’effetto non è solo premiale: l’aumento di parlamentari al primo arrivato li toglie ai perdenti. Questo effetto si aggiunge alla soglia naturale dovuta alla recente riduzione del numero dei parlamentari. Un effetto non trascurabile sarà sulla figura del PdC che potrà essere il capo di una forza politica ampiamente minoritaria.
La legge elettorale dovrà garantire rappresentatività e governabilità: l’equilibrio fra i due principi contrapposti non è deciso da questo nuovo articolo 92, ma l’indicazione a favore della “governabilità” è chiara in quanto è indicato il risultato premiale e non è indicata la soglia di accesso sotto la quale il premio non scatta; anzi di più: siccome l’effetto è necessariamente quello di produrre una maggioranza in parlamento a sostegno del governo, l’introduzione di una soglia è implicitamente esclusa dalla nuova costituzione perché il suo mancato raggiungimento impedirebbe la formazione certa di una maggioranza governativa e imporrebbe lo scioglimento delle camere dopo due soli voti negativi della fiducia.
La separazione dei poteri legislativo ed esecutivo è sostanzialmente annullata con il potere di determinazione dovuto al sicuro sostegno alle iniziative governative da parte di una maggioranza parlamentare solida e con il potere di ricatto dato al presidente del consiglio che dimettendosi può determinare un quasi certo scioglimento delle camere. Questo meccanismo del “simul stabunt simul cadent” è già noto alle regioni, dominate da sistemi presidenziali in cui i consigli regionali sono privi di poteri effettivi ed approvano senza alcun potere interdittivo o contrattuale ogni proposta delle giunte guidate da presidenti eletti direttamente. Il potere delle minoranze parlamentari sarà davvero irrisorio: già ridotte dal taglio dei parlamentari, saranno ancor più ridotte per il travaso di seggi in favore delle liste collegate col presidente del consiglio; inoltre la maggioranza governativa sarà compatta e rispettosa del governo. L’approvazione dei ddl governativi e la conversione dei decreti legge sarà ancor più rapida e sicura di adesso.
A proposito di separazione dei poteri non dimentichiamo come ha reagito il governo dinanzi alla diffusa disapplicazione di un decreto ministeriale da parte di diversi giudici di varie sedi (Catania, Milano, Firenze, ecc.) per ritenuto contrasto con norme costituzionali e internazionali: si profila una riduzione dell’autonomia e indipendenza anche del potere giudiziario, specie del suo ruolo di interprete della legge nel rispetto della gerarchia delle fonti.
Insomma, con la modifica, sostanzialmente, di soli due articoli della costitituzione, il 92 e il 94, avremo un sistema oligarchico e personalizzato tutto incentrato sul “capo” del governo, con una drastica riduzione sia del ruolo di mediazione, persuasione e garanzia costituzionale del presidente della repubblica, sia del ruolo di rappresentanza, discussione trasparente e mediazione del conflitto culturale e sociale del parlamento.
L’utilità di questo disegno si spiega facilmente con gli elementi critici esposti: l’estrema destra al governo (come già Renzi e Berlusconi, certo) vuole molto potere senza dover avere il consenso. E vuole potere di una (probabile) minoranza contro la maggioranza (altrimenti chiederebbe una soglia del 50% per accedere al premio). E lo vuole anche contro la propria stessa maggioranza parlamentare, altrimenti darebbe libertà al parlamento rispetto al governo. Per questo il professor Marini gli ha disegnato un sistema che garantisce loro di governare contro l’interesse del popolo. La “governabilità” che si vuol introdurre in costituzione è infatti un attributo del governato, non del governante.