Condividiamo l’articolo di Nadia Urbinati, membro del Consiglio di Presidenza di Libertà e Giustizia, pubblicato sul Domani del 12 settembre 2023.
✑✑✑
Strano tempo questo nel quale un partito è “massimalista” perché prende sul serio le promesse della Costituzione.
Il governo a traino Fratelli d’Italia piccona quotidianamente lo spirito e, potendo, la lettera della Costituzione, eppure per descriverlo mai lo si definisce “massimalista”. L’opinione accreditata rivela, direbbe J.S. Mill, una concezione dogmatica: sa sempre dove la verità si trovi senza mai ricercarla. Indossa un paio d’occhiali con una lente sola: un occhio vede bene dove vuol vedere; l’altro vede male comunque. L’esito è una sguardo strabico verso chi governa, facendo della “governabilità” un dogma: chi governa ha comunque ragione (o perché ci si crede o perché ci si genuflette alla forza), e chi sta all’opposizione tende ad avere comunque torto, anche perché per reazione si fa massimalista. Si mostra qui una concezione maggioritarista della democrazia (l’aggettivo è “brutto” ma chiaro). Come si sa, la democrazia è sia una forma di governo sia un modo d’essere della società e dell’agire pubblico dei cittadini. La nostra Costituzione tiene insieme entrambe le prospettive. Per questo, si concentra non solo su istituzioni e procedure ma anche sulle condizioni sociali e civili della cittadinanza e sugli strumenti attraverso i quali si esprime la cittadinanza. Ed è così tanto attenta al buon funzionamento delle regole del gioco ha chiedere alla Repubblica di impegnarsi a promuovere l’eguaglianza di condizione e il rispetto delle persone, affinché quelle regole siano di tutti. Chi l’ha scritta sapeva delle conseguenze nefaste che discendono da un società che calpesta libertà e dignità, che risponde all’indigenza e all’ingiustizia sociale con manette e reclusione.
Lo spirito della Costituzione non piace a tanti, a coloro che pensano che quelle promesse siano troppo radicali, anzi massimaliste; per questo vogliono cambiare l’ordine istituzionale. Molto bene Elly Schlein ha detto nel comizio alla Festa dell’Unità che chiamarsi democratici è impegnativo come la Costituzione. Del resto, chi tra i democratici ha tenuto un profilo basso su queste promesse ha perso, con esiti pessimi per il partito e il paese.
A chi critica di massimalismo l’opposizione viene da chiedere se non critichi in effetti il programma contenuto nella Costituzione. La storia delle democrazie è segnata da una tensione permanente tra ordine istituzionale e condizione della società, senza che il gioco politico si fermi mai in un qualche punto o momento, anche perché le buone decisioni di oggi possono risultare inefficaci domani. Non è quindi il potere della maggioranza che qualifica la democrazia ma la regola della maggioranza (che prevede ovviamente un’opposizione). Questa regola è dura da digerire per chi pensa che chi vince ha ragione e chi perde deve evitare di stare distante dall’orbita di chi vince per non essere massimalista. La Costituzione non disegna una democrazia consensuale ma neppure tratta la democrazia come un meccanismo che regola il traffico tra la maggioranza di oggi e quella di domani, come se solo chi ha la maggioranza sia protagonista.
Ogni governo deve sentire, mentre governa, che il suo potere è limitato e sempre a rischio. Chi vuole la democrazia “decidente” (plebiscitaria) pensa che il governo non debba sentire il fiato sul collo dell’opposizione, che debba poter fare liberamente quel che vuole fare per sottomettersi al loro giudizio alla fine del mandato. Tra un’elezione e l’altra c’è solo la maggioranza. Questa è una visione massimalista.