Padoan. Formazione e consapevolezza per una Costituente del cambiamento

04 Settembre 2023

Daniela Padoan Presidente Libertà e Giustizia, Scrittrice

Questo contenuto fa parte di uno speciale Riforme

Foto di Beatriz Travieso Pérez, ecoinformazioni

L’1 e 2 settembre, mentre a Cernobbio si celebrava il 49imo incontro del mondo della finanza, dell’economia e della politica, a Como si svolgeva L’Altra Cernobbio promossa anche quest’anno da Sbilanciamoci, una rete composta da 51 organizzazioni. Il titolo della due giorni, La Via Maestra, è anche quello della manifestazione di Roma del 7 ottobre lanciata dalla Cgil e da un centinaio di associazioni, tra cui Libertà e Giustizia. Sabato 2 settembre, Daniela Padoan, presidente di Libertà e Giustizia, ha preso parte al dibattito “La Costituente del cambiamento”: il suo intervento si può ascoltare a questo link (punto 2:39:10). Di seguito il testo della sua riflessione.

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Al Forum Ambrosetti è andato in scena il nascondimento, l’eclissi della realtà. Persino noi abbiamo dovuto essere in un altro posto. Non i bei volti dei cinque operai travolti sui binari, non le loro storie; non le tante persone ridotte a fantasmi: i poveri resi invisibili dalle statistiche, i malati, gli anziani, i giovani sempre più abbandonati a se stessi.

È andato in scena un racconto falso, una riscrittura. La stessa che il governo sembra voler fare della nostra storia repubblicana e della carta costituzionale che sta a fondamento della nostra democrazia: una “polemica”, la chiamò Piero Calamandrei, in ogni suo articolo, contro il fascismo.

La Via Maestra – questo il titolo della manifestazione di questa edizione 2023 de L’Altra Cernobbio e anche della manifestazione del 7 ottobre indetta da Cgil e società civile – è un nome in cui risuona la memoria del percorso cui diedero vita, nel 2013, per Libertà e Giustizia, Gustavo Zagrebelsky e Lorenza Carlassare. “La difesa della Costituzione – diceva il manifesto – è innanzitutto la promozione  di un’idea di società divergente da quella di coloro che hanno operato finora tacitamente per svuotarla e, ora, operano per manometterla formalmente. Non è la difesa di un passato che non può ritornare, ma un programma per il futuro da costruire, in Italia e in Europa”.

Sono trascorsi dieci anni. Ci troviamo, oggi, in un tempo molto più pericoloso, dove non è in questione solo la necessità di difendere e applicare la Costituzione: difenderla dal progetto di presidenzialismo o premierato, di autonomia differenziata, di svuotamento di quell’art. 3 che la senatrice Liliana Segre ha chiamato la stella polare, sulla solidarietà e il dovere di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. È in questione, oggi, la tenuta stessa del tessuto sociale, umano e politico che ci costituisce come Paese, che ha smesso di sentire la Carta come un patto che crea comunità, i diritti come un riferimento elementare di giustizia, la costruzione europea come un orizzonte sicuro di libertà e di pace.

Gustavo Zagrebelsky ha recentemente usato una sorta di parabola – quella dei tarli e dei castori – per parlare di chi corrode dall’interno la democrazia e di chi pazientemente continua a cercare di costruire degli argini a sua difesa. In una nota canzone del 1963, i meno giovani forse la ricorderanno, Fausto Amodei parlava di “un tarlo di discendenza nobile che cominciò a mangiare un vecchio mobile. (…) Lavorare a perdifiato, accorciare ancora i tempi, perché aumenti il fatturato e i dividendi”. Era anche quella una parabola: del capitalismo, del neoliberismo – quello che celebra la sua continuità oggi a Cernobbio – che divora esseri umani e natura. Ma oggi i tarli sono sempre di più, e non sono più solo le multinazionali; siamo noi stessi, consumatori sempre più ciechi e disperati, consapevoli di erodere la nostra stessa possibilità di sopravvivenza ma incapaci di trovare un modo per opporci, e, prima ancora, di parlarci, capirci, unirci e agire per una resistenza che sia politica, culturale, umana.

Credo che la Via Maestra, oggi, debba essere questo: ricostruire il tessuto di consapevolezza attorno al patto costituzionale, ritornare alla pedagogia degli oppressi di Paulo Freire, ripensare al luminoso istituto sindacale delle 150 ore, creare scuole popolari, connessioni tra scuole e territori, lavorare insieme per dare elementi di decostruzione e comprensione della realtà e della complessità in una situazione in cui il 20% dei giovani tra i 15 e 29 anni non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione (in Europa siamo secondi solo alla Romania).

Una situazione in cui il 76,5% degli italiani, secondo l’ultimo rapporto Censis, non è in grado di riconoscere le fake news, e dove la politica, la sfera pubblica, la stessa democrazia, non possono che apparire mondi lontani, scollegati dalle esistenze, come dimostra il progressivo abbandono del diritto al voto.  Luoghi di relazione in cui porre argine al processo di revisionismo storico e negazionismo in atto, che ha sempre gli stessi dispositivi: il rovesciamento della realtà, la colpevolizzazione delle vittime, la diffusione di teorie del complotto, l’irrisione della tradizione, del discorso scientifico e storiografico, della memoria. Lo vediamo all’opera sul fascismo, sulle trame nere degli anni Settanta, sulle regole condivise della democrazia, sulla costruzione europea, sulla migrazione;sulla crisi climatica e ambientale, sulla crisi pandemica, sul ritorno del nucleare. E non è un caso che il triste catalogo  del generale Vannacci dedichi tanto veleno, oltre che a femministe e omosessuali (la “lobby gay”), a ecologisti e animalisti, in una concezione darwinista della natura che fa da pseudo-giustificazione del patriarcato.

La “costituente del cambiamento” deve implicare, fuori dagli slogan, la costruzione di giustizia ambientale e giustizia sociale, di cultura dei diritti, antifascismo, pace, in un mondo che vuole rendere obsoleti questi concetti.

Scrittrice, saggista, si occupa da anni di razzismo e dei totalitarismi del Novecento, con particolare attenzione alla testimonianza delle dittature e alle pratiche di resistenza femminile ai regimi.

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